Latte crudo, intolleranza al lattosio e un esperimento da pianificare

lactose intolerance

I fan del latte crudo che difendono il prodotto, affermano che il lattosio contenuto è tollerato anche da chi abitualmente non lo digerisce ed è costretto così ad escludere il latte bovino dalla propria alimentazione.

Mi chiedo: possibile che nessuno dei produttori o loro supporter abbia sentito l’esigenza di dare fondamenta scientifiche che potrebbero supportare le loro affermazioni? Possiamo fare delle ipotesi sui meccanismi molecolari? Insomma, mi sto appassionando all’argomento.

Proviamo a ragionarci sopra.

Il lattosio è uno zucchero, un disaccaride presente nel latte. Nell’intestino umano è presente la lattasi, un enzima che durante la digestione, è in grado di scindere il lattosio nei due monosaccaridi che lo costituiscono, il glucosio e il galattosio che sono assorbiti dall’intestino. Nei soggetti intolleranti al lattosio, l’enzima non viene sintetizzato come normalmente dovrebbe accadere.

Che destino ha il lattosio non digerito? è utilizzato da alcuni batteri e viene fermentato dalla flora batterica presente nel colon con produzione di gas e tra i sintomi più comuni di cui soffrono i soggetti intolleranti, vi sono dolori addominali e problemi intestinali.

intolleranza al lattosio

Gli enzimi del latte
Nel latte bovino ci sono decine di enzimi. Gli enzimi sono proteine. Quelli presenti nel latte possono essere di diverse fonti:

-possono appartenere al patrimonio delle molecole secrete dalle ghiandole mammarie,

-possono derivare da ceppi batterici che vengono a contatto con il latte,

-possono derivare da cellule somatiche presenti nel latte se gli animali sono malati o affetti da mastite.

-possono essere dovuti a contaminazioni anche di batteri patogeni nelle fasi successive alla mungitura, ma qui ci concentriamo su aspetti non sanitari.

Tra gli enzimi del latte, piu’ di 20 (vi sono lipasi, proteasi, perossidasi, xantina ossidasi lisozima,amilasi) è stata descritta proprio una lattasi (o betagalattosidasi). Alcuni studi hanno evidenziato che anche alcuni ceppi batterici (Streptococcus lactis, il Lactobacillus casei, iL.delbrueckii subsp. lactis (L. lactis ) presenti nel latte possiedono una lattasi. La cosa interessante è che ho letto che l’enzima microbico contenuto in alcuni ceppi di batteri lattici come lo Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus è in grado di resistere all’mbiente inospitale dello stomaco e all’attività della bile, quindi esplica la sua attività durante il transito intestinale.

Sulla base dei dati della letteratura, i ceppi batterici contenuti nel latte e la loro lattasi potrebbero contribuire a demolire il lattosio anche nei soggetti che hanno problemi a digerirlo? Sarebbe importante avere altre conferme, ma il dato è certamente interessante.

Cosa accade ai batterici lattici durante la pastorizzazione applicata al latte per scopi sanitari?
vengono inattivati in parte ma non ho trovato dati precisi in che percentuali. Sul sito della Food and Drug Administration (FDA) a proposito di proteine ed enzimi presenti nel latte, si riporta una affermazione di Barbara Ingham, Ph.D., dell’ Università Wisconsin-Madison: “la pastorizzazione distruggerà alcuni enzimi. Ma gli enzimi che sono presenti naturalmente nel latte sono enzimi bovini. Il nostro corpo non è in grado di utilizzare enzimi bovini per metabolizzare calcio e altri nutrienti. Gli enzimi negli alimenti che introduciamo sono demoliti nel tratto gastrointestinale”.

Queste righe sono state scritte nel 2004, forse sarebbe il caso di aggiornarle. Sulla base dei numerosi dati della letteratura, sappiamo che da alcune proteine del latte bovino si formano peptidi bioattivi che vengono liberati per azione di enzimi presenti nell’intestino (es. tripsina e pepsina). Questi peptidi possono esercitare ruoli fisiologici nell’intestino umano. Inoltre alcuni enzimi microbici come scritto sopra, sembrano sopravvivere durante la digestione nell’intestino umano. Credo che sia un argomento che meriterebbe di essere piu’ investigato.

Un esperimento da pianificare
Il latte crudo, con un maggior contenuto in batteri lattici, e ovviamente se sono assenti i patogeni, può essere veramente utile ai soggetti che sono intolleranti al lattosio?.

Mi è venuta una idea, visto che ci sono metodiche per studiare sia in vitro che in vivo, se il lattosio è tollerato da soggetti che hanno problemi di intolleranza perché non pianifichiamo uno studio? Una casistica divisa in piu’ gruppi per evidenziare se ci sono differenze significative dopo assunzione di alimenti fermentati e non, latte pastorizzato o crudo, che ne dite?

Penso per esempio al Breath test da applicare alla situazione. Quando esiste un deficit di lattasi,come già detto sopra, il lattosio arriva indigerito nel colon dove la flora batterica intestinale lo sottopone a reazioni di fermentazione con produzione significativa di idrogeno, metano ed anidride carbonica. Questi gas vengono espirati dai polmoni. Il Breath Test al Lattosio misura proprio la quantità di idrogeno che viene espirata prima e dopo la somministrazione di lattosio permettendo quindi di evidenziare la carenza di lattasi responsabile dell’intolleranza. Lo stesso test potrebbe –credo- essere usato per dimostrare se il lattosio assunto con latte ricco di batteri lattici viene tollerato meglio.

Se passa da queste parti qualche produttore disposto a collaborare, io mi offro come volontaria per coordinare la cosa.


49 commenti on “Latte crudo, intolleranza al lattosio e un esperimento da pianificare”

  1. alex ha detto:

    Da poco il governo italiano ha sollevato la questione del latte crudo, suggerendo la sua non-sicurezza. Non mi risulta tuttavia che nessuno finora si sia interessato a confrontare le qualità nutrizionali dei vari tipi di latte attualmente in commercio compreso il “fatidico” latte crudo, sicchè ai consumatori alla ricerca del prodotto migliore dal punto di vista nutrizionale restano dubbi perenni…

  2. Stefania ha detto:

    Alex – dovresti leggere il precedente post dove spiego proprio il perche’ di queste incertezze, e non solo da parte del governo italiano…

  3. Biola ha detto:

    Riporto un recentissimo messaggio pervenutomi sull’argomento :

    Gentile Dott. Brandizzi,
    Mi volevo associare agli innumerevoli giudizi positivi sulla qualità del latte crudo,
    rendendovi partecipi della gioia di mia figlia di 13 anni che da 1 mese
    ha iniziato a bere il latte crudo. Il latte confezionato le era stato tolto a causa di una intolleranza non meglio specificata
    che le provocava screpolamenti, pruriti e arrossamenti della pelle, inoltre aveva una produzione esagerata di muco.
    Tutto questo provocato da una intolleranza al cosidetto latte sicuro e pastorizzato ( ovviamente li abbiamo provati tutti :
    Alta digeribilità : Alta qualità: Scremato : Parzialmente scremato).
    Che dire in famiglia siamo rinati perchè il problema è stato risolto, grazie al vostro prodotto e mia figlia può
    consumare latte crudo, prodotto così importante nell’alimentazione di una ragazza. Ora in famiglia tutti consumiamo il vostro prodotto
    certi di bere un prodotto sano, genuino ed inoltre più economico.
    Cordiali Saluti e sentiti ringraziamenti Mario C.

    Difficilmente , in questo caso , si potra’ invocare l’ effetto placebo o autosuggestione , sta di fatto che questa come molte altre testimonianze rappresentano non una prova scientifica ma un punto di domanda ,perche’ ?
    Io non so dare risposte , posso solo dire che nessuno fino ad ora era interessato a ricerche scientifiche sull’ argomento , all’ industria non interessava davvero finanziare ricerca sul latte crudo , se non come alimento da pastorizzare da mettere in ‘sicurezza’ o da ‘bollire’ .
    Vista la disponibilita’ di Gianna Ferretti sull’ argomento , cerchero’ di promuovere una collaborazione in tal senso ….

  4. Emanuela Da Ros ha detto:

    Finalmente! Era da tanto tempo che cercavo un approccio scientifico agli aspetti nutrizionali del latte crudo!
    Secondo me, la grande industria non si è interessata all’argomento, perché non risulta una così grande fetta di mercato quella degli intolleranti, inoltre, per coloro che digeriscono “poco” il lattosio, sono usciti prodotti con minori concentrazioni di questo zucchero (latte naturalmente pastorizzato indirizzato ad una diversa linea di produzione).
    In rete quindi, chi sostiene con forza l’importanza del patrimonio enzimatico del latte crudo, fino ad oggi non è riuscito ad avere saldi punti d’appoggio. Ad esempio non sono riuscita a trovare nessun seguito “scientifico” alla teoria del Dr. Edward Howell, espressa in “Enzyme Nutrition” (che non riguarda solo il “latte” crudo)
    Anch’io mi impegno quindi a diffondere la notizia di questo possibile nuovo studio sul latte crudo!

  5. Stefania ha detto:

    bisognerebbe coinvolgere anche qualche gruppo di societa’ civile / associazione consumatori al progetto… sarebbe davvero interessante! qualche studio e’ gia’ stato fatto qui in UK – bisognerebbe risalire alla fonte – inserisco qui un’affermazione letta su un articolo

    scientists at the University of London gave children a couple of glasses of raw milk a week. They found that it seemed to cut their chances of developing hay fever by 10 per cent and eczema by 38 per cent. They also looked at blood samples from 4,700 primary-school children in Shropshire, and found that raw milk drinkers, most of whom lived on farms, had 60 per cent lower levels of immunoglobulin E – an antibody that the body’s immune system pumps out in huge quantities on exposure to an allergen. Levels of histamine, another chemical that is released by cells during an allergic reaction, were halved.

    These findings aren’t news to raw milk producers: their customers report real improvements to their children’s skin and respiratory health. “Our customers are convinced the milk is good for their health,” says Barron. “Many have reported improvements to allergy symptoms in themselves or their children while drinking unpasteurised milk. Others have found that bloating and other digestive difficulties have settled down.”

  6. lastrega ha detto:

    Gentile dottoressa
    leggo il suo blog, sempre aggiornato e molto curato. sull’articolo che ha postato riporto la mia testimonianza e casi a me vicini. Sono di Pesaro e ho iniziato a bere il latte dell’azienda ‘latte montefeltro’, uno dei maggiori produttori di latte per granarolo. Non bevevo più latte per problemi di gastrite, di famiglia, dato che mio padre ne soffre da sempre. Ho sempre pensato ed esami me lo avevano confermato che si trattava di una somatizzazione. ma tanto era che io il latte proprio non riuscivo a tollerarlo. la nausea si protraeva a lungo. sono passata al latte di capra e ho provato il latte ad alta digeribilità (tipo zymil) super-micro-filtrato. quello e l’acqua sono la stessa cosa. poi la novità del latte crudo.
    ho subito notato una cosa fondamentale: io non avevo mai bevuto latte crudo, latte intero sì. la differenza sta nel gusto. non so spiegarlo ma consistenza e gusto sono mooolto diversi. al di là della pastorizzazione, mia nonna che ha allevato mucche e lavorato formaggio burro e tanto altro, sostiene che prima che il latte arrivi alla grande distribuzione venga filtrato più di una volta per utilizzare le parti più grasse per altri prodotti: panna, burro ecc. non so quanto sia vero ma… oltre a sentire un gusto diverso io non ho più avuto problemi di nausea. tutti mi hanno sempre detto che il latte crudo è più difficile da digerire ma… bo! io ho scoperto l’esatto contrario. e mio padre con gastrite e ernia iatale è riuscito dopo anni e anni a prenderne piccole dosi. senza peraltro soffrire di nulla. ho pensato all’effetto psicologico. poi però parlavo con una mia amica che aspettava un bambino: dopo i problemi di nausea dovuti ai primi mesi di gravidanza si era accorta che l’unico latte a non darle acidità era il latte crudo.
    ora si parla delle tanto famose proprietà organolettiche del latte crudo, che si perdono con la pastorizzazione. dal mio punto non è solo la pastorizzazione è forse l’intero processo di filtrazione che si porta via una parte che viene lasciata per altri prodotti a togliere tanto altro al latte.
    dal momento della mungitura al momento della distribuzione ala spina, il latte subisce già una lieve ‘scrematura’ per far sì che la parte densa non intasi il rubinetto del distributore. ma nulla di più. la consistenza del latte da banco è veramente diversa dal latte alla spina. possiamo pensare che le proprietà organolettiche non si perdano solo con la pastorizzazione ma anche, e soprattutto, con la lavorazione?

  7. lastrega ha detto:

    aggiungo ancora una cosa:
    mia nonna consuma poco latte e ha l’abitudine di pastorizzarlo: lo mette dentro ad un barattolo e lo lascia bollire a bagno maria
    si mantiene di più
    chiaramente in alto si forma almeno un dito di latte denso: se uno volesse potrebbe utilizzarlo per fare del burro.
    lei semplicemente rimescola la parte densa con il resto, e il sapore resta inalterato. è forse questa parte che tutti ritengono la più grassa a far sì che il latte riesca ad essere più digeribile?

  8. Dario Bressanini ha detto:

    lastrega: se tua nonna lo fa bollire non lo sta pastorizzando ma lo sta trattando a temperature e tempi ben superiori alla normale pastorizzazione, per cui il prodotto finale ha ancora meno le presunte caratteristiche benefiche del latte crudo.

  9. Gianna Ferretti ha detto:

    @lastrega. Per il trattamento attuato da tua nonna, non riporti temperatura e durata.Possiamo chiamarla “pastorizzazione”? un processo che deve essere controllato attentamente.

  10. Stefania ha detto:

    @Gianna – anche io mi chiedevo lo stesso; non ho avuto tempo di approfondire, volevo cercare gli standards effettivamente seguiti dall’industria. Perche’ a me pare che la differenza fra latte e latte sia perfino visibile. Ad es. il pastorizzato intero e’ perfino piu’ ‘liquido’ rispetto al crudo intero… ad es. che standards vengono seguiti nell’imbottigliamento del pastorizzato ? non mi riferisco solo ed unicamente alle temperature e alla durata, ma a tutte le fasi come l’imbottigliamento; ad es. qui il latte viene poi imbottigliato sopratutto in bottiglie di plastica bianche semi-trasparenti …

  11. lastrega ha detto:

    infatti la ritengo una ‘pastorizzazione’ casereccia e lo fa solo perchè ha bisogno di mantenerlo qualche giorno di più
    mia madre però è andata a vedere il procedimento di lavorazione del latte alla granarolo con una gita scolstica(fa l’insegnante). il concetto non è tanto diverso, nel senso che la parte più densa viene raccolta e la parte liquida imbottigliata. e la parte densa viene fuori dalla pastorizzazione e
    la parte incriminata è lasciata fuori dal prodotto finale
    quello che mi preme sapere e che ho sottolineato nel post precedente è se, come poi si chiede stefania, la differenza netta tra pastorizzato intero e crudo sia in questa parte grassa che viene usata per altri prodotti, che forse rende il pastorizzato intero più liquido ,meno denso, di gusto diverso ecc ma diversamente digeribile.

  12. Stefania ha detto:

    @lastrega – non solo, nella fase di impacchettamento / imbottigliamento, che succede a questo pastorizzato ? e’ sottoposto ad altre differenze/sbalzi di temperatura, e che norme bisogna seguire per evitare contaminazioni in questa fase? Alla fine mi pare che se si vuole capire la differenza vera fra l’uno e l’altro, si debbano analizzare tutte le fasi della catena per capire che cosa arriva al consumatore. Volendo iniziare alla fonte, quanto tempo passa per arrivare al consumatore? Qui a Londra centro le aziende che vendono latte crudo lo vendono all’interno dei mercatini locali (solo produttori inglesi e solo quelli nel raggio di 30 miglia) – significa che il latte e’ munto al mattino e dalle 9 am in poi e’ disponibile per la vendita (imbottigliato). Come si confronta questa fase con quella del pastorizzato? perche’ qui, il pastorizzato arriva da aziende ben piu’ lontane, persino dal Galles etc.

  13. roberto rubino ha detto:

    l’argomento è molto interessante. Non a caso, con Slow Food stiamo organizzando un convegno che si dovrebbe tenere il 28 gennaio a Pollenzo. Concordo sul fatto che sarebbe ora che si incominciasse a studiare il latte crudo. Occorre però una visione nuova, nuovi indicatori e nuovi parametri di valutazione. A mio avviso la prima cosa importante da fare è smetterla di parlare di latte al singolare, come se il latte fosse tutto uguale. Invece c’è una grossa differenza fra i latti(è vero non si dovrebbe utilizzare il plurale proprio perchè finora non ve ne era motivo), oggi sappiamo che fra un latte di animali allevati alla stalla e alimentati con insilato di mais ed un latte di animali al pascolo c’è un abisso. Ci sarà anche nel lattosio e negli enzimi. Se non iniziamo dal latte, sarà difficile capirci qualcosa quand’anche avremmo capito come variano gli enzimi nel latte, perchè non sapremo mai quali le cause e come evitarle

  14. Dario Bressanini ha detto:

    Roberto: il latte crudo è stato sì studiato, o meglio, sono state studiate le differenze con il latte pastorizzato quando questo, attorno agli anni 30, è cominciato ad essere molto diffuso. Non c’è alcun dubbio che latti diversi abbiano un sapore diverso. La questione scientifica interessante è però capire se davvero hanno anche delle proprietà nutrizionali sostanzialmente diverse dal latte pastorizzato, cosa che, mi pare, nessuno abbia ancora dimostrato, oltre ad una anedottica. Siccome gli studi di cui parlavo sono molto vecchi sarebbe interessante se Gianna riuscisse davvero ad organizzare un esperimento controllato. Non credo però che sia facile fare una cosa del genere.

  15. roberto rubino ha detto:

    Cerco di spiegarmi meglio. Studiare le differenze fra la latte crudo e latte pastorizato significa che si da per assunto che il latte di partenza sia tutto uguale. Non nego che anche in questo caso il risultato sarebbe interessante, ma debole, monco, senza risvolti concreti. Faccio un esempio. Sappiamo che il contenuto di omega-3 nel latte di animali al pascolo è circa 5(CINQUE!)volte superiore a quello degli animali alla stalla. Quand’anche scoprissimo che la pastorizzazione deprime gli omega-3, non è la stessa cosa sapere se e come avviene nei due latti. Perchè, per assurdo, potrei preferire un latte pastorizzato ma di animali al pascolo, che sarebbe sempre superiore, e di molto, ad un latte crudo ma di animali alla stalla. Insomma l’approccio deve essere, come si dice spesso e inutilmente, olistico, deve riguardare tutto il sistema e non solo l’orticello sotto casa

  16. Gianna Ferretti ha detto:

    @Roberto, che l’alimentazione sia importante e si rifletta sulla composizione in nutrienti della carne o del latte(acidi grassi saturi, insaturi, cis, trans, Cla ecc,..) lo sappiamo, ci sono centinaia di articoli su questo. Ed è una relazione che troviamo in altri settori della zootecnia. Per esempio, è proprio modulando la composizione dei mangimi che in alcune aziende si è ottenuta la carne dei suini con un livello inferiore in grassi e in colesterolo.

    Meno investigato è l’effetto sulle proteine, sugli enzimi, è di questo che stiamo parlando, perchè sono queste molecole a essere potenzialmente coinvolte nelle intolleranze.

    Perchè non è stato studiato? anche questo è un tema da affrontare. Io ho delle idee in proposito 😀

  17. Dario Bressanini ha detto:

    Roberto: il punto e’ che il latte crudo viene pubblicizzato come “superiore” perche’ E’ CRUDO, non perche’ le vacche hanno avuto una certa alimentazione. Concordo perfettamente sul fatto che un latte pastorizzato possa essere meglio, organoletticamente, di un latte crudo se l’alimentazione e’ differente.
    Il punto scientifico interessante pero’ (e il termine “olistico” lasciamo perdere 🙂 ) e’ capire se davvero la pastorizzazione, a parita’ di latte di partenza, ha un effetto sensibile e sistematico sulla digeribilita’, sull’allergenicita’, sull’assorbimento del calcio e cosi’ via.

  18. Gianna Ferretti ha detto:

    @Dario. Roberto sostiene aspetti legati ai nutrienti, nel caso specifico agli acidi grassi omega3, infatti dice “per assurdo, potrei preferire un latte pastorizzato ma di animali al pascolo, che sarebbe sempre superiore, e di molto, ad un latte crudo ma di animali alla stalla.”

    bene,allora il problema si sposta anche all’alimentazione delle bovine da cui si ricava il latte (crudo o pastorizzato).

  19. Dario Bressanini ha detto:

    @gianna: ho capito l’attenzione all’alimentazione. Pero’ quando vado al chiosco del latte crudo non ho garanzie su come sono state alimentate le vacche e infatti il latte non viene pubblicizzato come “da vacche meglio alimentate” 🙂 ma semplicemente come latte crudo. Quello che voglio dire e’ che, a mio parere, uno studio come quello che vorresti fare tu ha senso solo se confronti gli effetti della pastorizzazione, a parita’ di latte, e non confrontando latti diversi.
    Anche perche’ una risposta allergica e’ sicuramente piu’ facile da evidenziare rispetto, invece, all’influenza degli omega3 sulla salute

  20. Biola ha detto:

    Se posso esprimere il mio parere empirico e primitivo , escluderei la differenziazione tra tipologie di alimentazione degli allevamenti per non incorrere in troppe variabili , mi limiterei al raffronto tra il crudo e il latte industriale , che non e’ solo pastorizzato , ma anche omogeinizzato e titolato per centrifugazione .

    Vedrei in un secondo tempo una comparazione tra latte da Agricoltura Convenzionale , Biologica con o senza pascolo.

    @Dario
    Tanto per rimanere sull ‘ empirico e sul primitivo , tu che ti diletti spesso in esperimenti , hai avuto modo di fare la prova :

    Prendi un litro di pastorizzato ed un litro di crudo , li lasci a temperatura ambiente per 36 ore , risultato :

    il pastorizzato e’ imputridito
    il crudo e’ cagliato spontaneamente

  21. gianna ha detto:

    So preparando un piano e sto valutando i vari indici da determinare. Ringrazio i produttori che mi hanno già contattato. A presto notizie piu’ precise.

  22. Dario Bressanini ha detto:

    Biola: ma quello non dimostra nulla di quello che si vorrebbe cercare, te l’ho gia’ detto anche sul mio Blog 😉 . Dimostra solo, ma questo si sapeva, che il latte crudo contiene molti piu’ batteri del latte pastorizzato ;-). Grazie tante, la pastorizzazione serve appunto a quello 😉

    e, mi ripeto, in questo contesto NON HA SENSO controllare il latte industriale con quello dal chioschetto. Non e’ cosi’ che si fanno gli studi scientifici. Gianna qui sopra parlava di intolleranze, di enzimi e cosi’ via, quindi perche’ abbia un senso di dovrebbe prendere il latte, dividerlo in due lotti, uno lo si pastorizza/omogeneizza/quello che vuoi, e l’altro no. Ma *deve* essere lo stesso latte di partenza

  23. Biola ha detto:

    @Dario
    Ai fini dell’ipotesi di studio no , e’ una prova della profonda differenza tra il crudo e l’ industriale , cmq la prova non l’ hai fatta , confessa ! 🙂

    >perche’ abbia un senso di dovrebbe prendere il latte, dividerlo >in due lotti, uno lo si pastorizza/omogeneizza/quello che vuoi, e >l’altro no. Ma *deve* essere lo stesso latte di partenza

    Giusto , ma come fare ? con piccoli quantitativi e’ un problema , se 1 o 10 qli di latte entrano in un impianto di trattamento si mischiano con enne altri latti e la tracciabilita’ va a farsi benedire , ci vorrebbe un minicaseificio , di solito hanno pastorizzatori , ma non omogeneizzatori o centrifughe …..

    Altra profonda differenza , la tracciabilita’ .

  24. Dario Bressanini ha detto:

    @Biola: non sono più andato a prendere latte crudo da allora, ma prima o poi ci provo, comunque dimostra solo quanto prolifici sono i batteri 😀

    I piccoli quantitativi per il test non sono un problema: anche se prendi 10 litri alla volta dal chiosco puoi sempre fare dei test, l’importante è che lo dividi in due (serve ovviamente un pastorizzatore casalingo) e dai (rigorosamente alla cieca) le due metà a consumatori diversi. Poi la statistica dirà se ci sono differenze significative

  25. Biola ha detto:

    @Dario
    >dimostra solo quanto prolifici sono i batteri
    dimostra che i batteri lattici nel crudo ci sono, nell’industriale no.

    Il raffronto corretto e’ tra crudo ed industriale , tra non lavorato e trattato ( past. omog. centrif ) ,
    se no che prova e’ ?
    latte crudo e latte pastorizzato in casa ?

    le intolleranze o piu’ generalmente disturbi digestivi riportati , come sopra da me postato e da altri riportati , si riferiscono alla assunzione di latte industriale in commercio , cioe’ di latte past. omog. centrif, quindi mi sembra + giusto raffrontare questi 2 latti .

    In teoria, da un produttore di latte crudo bisogna prelevare un quantitativo , parte lasciarlo crudo , parte avviarlo ai processi industriali , e non e’ neanche questo un raffronto equo … perche’ il consumatore che mi ha inviato la mail di cui sopra , ha acquistato latte industriale lavorato di raccolta , cioe’ proveniente da numerosi allevamenti , con condizioni eterogenee sia di allevamento sia igienico sanitarie .

    O no ? 😉

  26. Dario Bressanini ha detto:

    No Biola, quello è un raffronto che puè interessare magari chi vuole vendere un prodotto, ma non chi vuole fare uno studio scientifico. Prima di programmare uno studio ci si deve chiedere a quale domanda si vuole trovare risposta, e la domanda deve essere la più specifica possibile, in modo da poter avere una risposta chiara e univoca.

    In questo caso, a mio parere, la domanda dovrebbe essere “la pastorizzazione/omogeneizzazione altera l’allergenicità e la digeribilità del latte?”
    E se non usi lo stesso latte lo studio non ha molto senso.
    Con lo stesso latte potresti scoprire, ad esempio, che la pastorizzazione diminuisce la digeribilità, oppure che diminuisce l’allergenicità, oppure ancora che non c’è nessuna differenza statisticamente significativa.

    Se invece mi usi latti diversi ogni conclusione perde di significato perchè non puoi più distinguere l’effetto del trattamento dall’effetto dovuto alla variabilità del latte.

  27. Stefania ha detto:

    La differenza fra crudo e pastorizzato ha sopratutto a che fare con la tracciabilita’, a cui si riferiva un intervento sopra. Ovvero, i produttori del crudo NON sono generalmente gli stessi che pastorizzano il latte e viceversa. Anzi, giro la domanda al ns produttore (non conosco la situazione italiana) – magari ci puo’ chiarire questo fatto. In questo senso, la distinzione fatta sopra fra latte ‘industriale’ e crudo quindi per quanto mi riguarda e’ tutt’altro che banale. Potrebbe forse essere rilevante tenere in considerazione l’area degli allevamenti e/o la razza delle vacche nel test.

  28. Stefania ha detto:

    Aggiungo un’altra cosa – se non erro l’universita’ di Southampton questo tipo di ricerca l’ha fatta utilizzando latte crudo e latte pastorizzato sullo stesso gruppo di popolazione, e quindi analizzando gli effetti sulla popolazione, piuttosto che facendo la prova direttamente sul latte.

  29. Biola ha detto:

    1) Il latte avviato agli impianti di trattamento industriale e’ un latte di raccolta , cioe’ proveniente da molti allevamenti , NON sempre Italiani , con condizioni di allevamento ed igienico sanitarie estremamente eterogenee .
    Il latte e’ pastorizzato, omogenizzato e titolato

    La relazione e’ molti Produttori a molti Consumatori .

    2) Il latte crudo erogato dai distributori DEVE provenire da un solo allevamento , che abbia i requisiti igienico sanitari di legge , e viene erogato sotto la responsabilita’ del produttore .
    Il latte NON e’ processato.

    La relazione e’ un Produttore a molti Consumatori.

    Il Consumatore che ha disagi con l’industriale si rivolge al crudo e trova una digeribilita’ maggiore .

    Se si segue nello studio l’ ipotesi di Dario si paragonano due situazioni di latte che non troveremo mai nella realta’ ,
    a mio modo di vedere e’ piu’ reale ricreare la situazione del Consumatore che ha a disposizione il crudo e l’ industriale di raccolta piuttosto che il crudo e lo stesso crudo pastorizzato .

    Per l’ attendibilita’ scientifica della prova , non ho competenze per esprimermi al riguardo.

  30. gianna ha detto:

    Questa idea che ho lanciato richiede diverse fasi. Il progetto va portato avanti con calma valutando attentamente aspetti economici e logistici diversi e che affronteremo.

    -Ogni campione di latte crudo funge da controllo poichè verrà analizzato prima e dopo trattamento termico. Ho in mente dei marker qualitativi perchè sono questi aspetti che ci interessano. Occorrerà anche fare una analisi statistica dei dati. Questo richiede quindi un certo numero di campioni di latte crudo, valutati in doppio o in triplo.

    -Per il latte pastorizzato in vendita a cui accenna Biola, sarà obiettivo successivo verificare se certi marker che ci convincono, sono diversi dalla “media” osservata nei campioni di latte crudo.

    Magari mentre noi parliamo, qualcuno lo sta già facendo.

  31. gianna ferretti ha detto:

    Andrea Busetto mi ha inviato una tesi sul latte crudo e i livelli di antiossidanti, peccato che non sia stato studiato l’effetto del trattamento termico sui campioni di latte crudo analizzato.

    Grazie Andrea!

    Fai clic per accedere a Tesi_LS%20BiolCellMol_ToroMichela_Uniurb07.pdf

  32. Stefania ha detto:

    @Biola – questa e’ esattamente la conoscenza che ho io delle due filiere qui in UK – volevo una conferma per l’Italia non conoscendone il mercato. Sono fuori Londra sino al 26, ma quando torno posso cercare alcuni papers accademici che mi sono capitati fra le mani, che illustrano i trials fatti, tanto per capire come si sono mossi e vedere se si puo’ replicare l’esperienza in Italia…

    @Gianna – concordo, e’ una indagine mica semplice. Fra l’altro interessante anche inserire proprio il discorso nutritivo (delle vacche) a cui accennava Roberto sopra.

  33. meristemi ha detto:

    Sul discorso nutritivo e relative differenze (tanto per rimestare il latte 🙂 ) http://sciencemode.com/2009/01/14/biodiversity-passes-the-taste-test-and-is-healthier-too/

    Nonostante l’ultim’ora di cui sopra il sito del progetto non sembra aggiornato: http://sogaer.exeter.ac.uk/geography/Eating%20Biodiversity/Index.htm

  34. roberto rubino ha detto:

    a Dario e Gianna. Non c’è dubbio che in questo momento sia importante studiare l’effetto della pastorizzazione, così come non c’è dubbio che per realizzare questi studi occorra fare il confronto fra due trattamenti termici utilizzati sullo stesso latte. E fin qui nulla questio. Anzi potremmo dire: ma come, nessuno finora ci ha mai pensato? Se ci limitassimo però solo a questo tipo di esperimento i risultati sarebbero validi solo per quella tipologia di latte. Non solo. Ma in questo modo, cioè non inserendo nel modello la qualità del latte di partenza, noi limiteremo le soluzioni possibili per migliorare il prodotto finale solo al trattamento sì o no.Invece ritengo che bisogna partire dalla qualità del latte e dai fattori che la influenzano, per modificare questi. E poi, semmai, parlare di crudo o pastorizzato. Dario ho letto il tuo articolo sul latte crudo. Hai ragione quando parli di Grillo, Vandana ed altri, ma se noi limitiamo il nostro campo di indagine al solo trattamento termico corriamo il rischio di restare impigliati nella stessa rete:grillo sì, grillo no!Senza dimenticare che le molecole implicate sono tante e, quindi, le interazioni quasi infinite. A noi consumatori interessa che quelle molecole siano rappresentate al massimo nel latte. A prescindere dal trattamento termico

  35. Gianna Ferretti ha detto:

    @Roberto, Non è corretto affermare che nessuno ha valutato gli effetti del trattamento termico, i dati ci sono. Ma non sono statti valutati certi indici di qualità nutrizionale.

    Comunque chi ha detto che non si possano correlare i dati con la dieta delle bovine? quanti campioni di latte ci puoi procurare? 😀

    C’è già un programma scientifico dell’inizitiva che si svolgerà a Pollenzo?

  36. Dario Bressanini ha detto:

    Roberto: io non ho dubbi che quel latte possa essere qualitativamente migliore. Partivo però dal titolo di questo post, che parla di intolleranza. Questa è una cosa ben precisa, scientificamente interessante e misurabile. Circoscritta e falsificabile in linea di principio. Come accennava Gianna in un altro post (mi pare) l’opinione scientifica comune ora è che, per quel che riguarda intolleranze e allergenicità, non ci sia differenza tra latte crudo e pastorizzato. Quindi è da qui che, se si vuole fare uno studio, si deve partire, andando a verificare se questo è vero o meno. Poi, come dice Gianna, si possono cercare correlazioni con la dieta delle bovine 🙂

  37. meristemi ha detto:

    Sul discorso nutritivo e relative differenze (tanto per rimestare il latte anche se si parla di carne 🙂 ) sciencemode.com/2009/01/14/biodiversity-passes-the-taste-test-and-is-healthier-too/

    Nonostante l’ultim’ora di cui sopra il sito del progetto non sembra aggiornato: sogaer.exeter.ac.uk/geography/Eating%20Biodiversity/Index.htm

  38. gunnar ha detto:

    Il latte crudo con una maggiore carica di batteri lattici può certamente essere di aiuto agli intoleranti al lattosio. La condizione necessaria è che l’intolerante sia paziente e aspetti che il latte diventi yogurt.

  39. roberto rubino ha detto:

    Gianna Il Seminario è organizzato per il 28 gennaio e si terrà a Pollenzo. Ti manderò a parte il programma. Capisco, come dice Dario che la questione riguarda essenzialmente l’intollenza al lattosioe la relazione con il trattamento termico del latte, resto però dell’idea che è fondamentale conoscere la qualità del latte di partenza. Oggi noi riscontriamo che il principale difetto dei formaggi dipende dal fatto che il latte arriva con una debole carica batterica al caseificio(che i casari non sanno gestire). Sappiamo anche che la composizione di grassi è proteine varia di molto da un sistema di allevamento all’altro.Quindi l’intolleranza al lattosio potrebbe dipendere dal sistema di produzione e non dal trattamento termico. Comunque il tutto va studiato. Gianna, se vieni a Pollenzo possiamo metterci d’accordo sui campioni di latte

  40. Emanuela Da Ros ha detto:

    Roberto: mi risulta che la percentuale di lattosio sia abbastanza costante nel latte bovino, la carica batterica presente nel latte, invece, può dipendere molto dall’alimentazione dell’animale e da altri fattori ambientali. DSecondom me quindi, da una parte conoscere il sistema di produzione è importantissimo, dall’altra però il trattamento termico potrebbe essere davvero la discriminante nei confronti dell’attività enzimatica di origine batterica.

  41. roberto rubino ha detto:

    Emanuela sono convinto anch’io che il trattamento termico è importante ma se il latte è già morto in partenza a che serve trattarlo?

  42. Dario Bressanini ha detto:

    Roberto: ma non e’ “morto” per nulla dai 😉 , non usiamo questi termini forse evocativi ma privi di senso scientifico. Il latte, anche pastorizzato, contiene ancora molti microorganismi, mica e’ stato sterilizzato. E non vorrei riprendere il discorso sul latte crudo dall’inizio, ma il fatto che non sia “morto” in partenza lo dimostrano i casi che ogni tanto saltano fuori di intossicazione (e non concordo PER NULLA con le dichiarazioni di Petrini che sostiene che il latte crudo e i formaggi da latte crudo non hanno mai fatto male a nessuno)
    Ho ben presente i problemi di caseificazione del latte con cariche batteriche troppo basse, ma questa e’ un’altra faccenda.

    Ripeto, la questione e’: e’ vero (come qualcuno ipotizza) o e’ falso (come sinora creduto) che l’intolleranza al lattosio possa essere influenzata dalla presenza o meno di batteri ed enzimi?
    La cosa non e’ banale da dirimere perche’ non basta trovare un enzima nel latte crudo e non trovarlo nel latte pastorizzato: si deve anche dimostrare che questo enzima di origine bovina possa funzionare anche nel nostro corpo una volta ingerito e passato nello stomaco e intestino.

  43. gianna ha detto:

    Alla fine non sono riuscita a partire per partecipare al convegno.Spero che Roberto ci racconterà cosa è stato detto.

  44. […] tra il latte crudo e il latte trattato termicamente (pastorizzato o UHT). L’idea postata sul mio blog ha raccolto già delle adesioni. Andrea Busetto che gestisce la sua azienda e allevamento nel […]

  45. valentina ha detto:

    Vorrei riportare la mia personale esperienza: ….la mia famiglia ha un allevamento di vacche da latte. Per abitudine abbiamo sempre bollito il latte prima di berlo ed io sin da bambina ho sempre avuto qualche problema di digestione. Negli ultimi decenni la sanità el latte è notevolmente migliorata insieme ai controlli igienico sanitari che gli animali ed il latte subiscono. Da allora ho iniziato a consumare il latte crudo, seguendo le indicazioni che molti produttori miei colleghi che lo vendono crudo mi davano entusiasti. Non credo si tratti di effetto placebo, un po’ diffidente ho iniziato a consumare il latte crudo! e ho scoperto di digerirlo senza alcuna difficoltà! solo successivamente ho ricollegato che da bambina mia nonna mi faceva bere del latte crudo fresco appena munto ed era l’unico modo in cui riuscivo a consumarlo!?

    Non so quale sia la spiegazione scientifica più esatta ma vi posso
    assicurare che la cosa funziona!

    Valentina

  46. valentina ha detto:

    Dimenticavo!: do la mia personale disponibilità ad eventuali esperimenti…mettendo a disposizione anche la mia azienda.

    cordiali saluti!

    Valentina

  47. Olly ha detto:

    Interessantissimo questo post e i relativi commenti!
    Non produco latte e non sono scientificamente preparata, ma bevo latte crudo di frequente, quindi l’unico apporto che posso dare é di esperienza personale.
    Non so che percentuale di sicurezza abbia il latte crudo, confido nel fatto che i sistemi di produzione attuali siano migliori di quelli passati e di quelli utilizzati per la produzione del latte industriale (che tanto viene pastorizzato).
    Io e il mio compagno consumiano latte crudo alla spina per motivi economici, sociali, ambientali e perché é buonissimo!
    Il mio compagno ha sempre avuto qualche problema di digestione del latte, ma il latte crudo non gli da il minimo problema.
    Concludendo, spero anche io che vengano condotte serie indagini su questi possibili effetti benefici e che i dati relativi alla sicurezza del latte crudo, in particolare quelli diffusi sui canali tradizionali, siano più dimostrativi e meno allarmistici.
    La psiche è debole e facilmente suggestionabile, una conoscenza concreta e corretta é un diritto oltre che la migliore consigliera.

  48. […] convenzionale e biologico) vi parlerò presto (spero); intanto se fossi in voi mi andrei a leggere una pagina estremamente interessante sull’imperdibile blog di Gianna Ferretti (un must per chi si interessa alla qualità del […]

  49. purci ha detto:

    Gli adulto non dovrebbero bere latte, fa male!


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