I prodotti biologici e convenzionali, alimentazione, salute e la ricerca scientifica

Prima domanda: Quanti di coloro che ne hanno scritto sui quotidiani, hanno letto per intero i due report sui prodotti biologici pubblicati sul sito della Food Standard Agency? Il tema non mi è completamente nuovo, infatti alcuni mesi fa parte della letteratura esaminata dal team a cui l’FSA ha commissionato lo studio, mi era già passata tra le mani nella preparazione di materiale didattico per le mie lezioni.

Ebbene sì, mi sono letta in questo caldo pomeriggio, le prime 30 pagine del dossier sugli aspetti nutrizionali “Comparison of composition (nutrients and other substances) of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review of the available literature” e le 50 pagine del secondo report sugli effetti sulla salute: “Comparison of putative health effects of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review”

Un dato che mi ha colpito e una riflessione subito su un aspetto di cui nessuno nei quotidiani ha parlato, è la scarsa qualità delle ricerca scientifica su questo tema, almeno per quanto riguarda i parametri usati dal team coordinato da Alan Dangour della London School of Hygiene and Tropical Medicine (LSHTM).

-Perché dico questo? Nel primo dossier, quello sugli aspetti nutrizionali (137 su prodotti vegetali e 25 su prodotti da allevamenti animali); sono stati presi in considerazione solo 162 lavori su una mole dichiarata di piu’ di cinquantamila articoli. Dei 162 solo 55 –sono stati giudicati soddisfacenti per metodi, strumenti di analisi e altri criteri di validità.

-Per il secondo dossier riguardante gli effetti sulla salute ( studi condotti in vitro o in vivo su soggetti umani o su modelli animali), ne sono stati analizzati solo 11, e di questi solo 3 sono stati considerati soddisfacenti.

-Tornando ai dati dei due dossier. Come ammettono gli stessi ricercatori, non sono stati inclusi i lavori in cui si confrontavano dati sui livelli di contaminanti, pesticidi o fungicidi, o l’impatto sull’ambiente delle pratiche diverse di coltivazione organica o convenzionale. Esclusi anche i lavori in cui si parlava di salute occupazionale, come mai? Eppure sono tutti aspetti importanti, forse era il caso di partire proprio da questi, non siete d’accordo?

Nel frattempo è arrivato alla fase finale il concorso per un nuovo logo per i prodotti ottenuti da agricoltura biologica e di cui avevo scritto tempo fa, sono giunte alla commissione 3400 proposte, come racconta la commissaria europea Marianne Fischer Boel.

Da leggere:

Comparison of composition (nutrients and other substances) of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review of the available literature (pdf)

Comparison of putative health effects of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review (pdf)

Agricoltura biologica. Il sito UE

Altri blogs che ne hanno scritto:

Oca sapiens

A ruola libera

Luca de Biase


12 commenti on “I prodotti biologici e convenzionali, alimentazione, salute e la ricerca scientifica”

  1. Guglielmo ha detto:

    In Inghilterra nelle grandi città vanno di moda gli orti pensili: un altro effetto della crisi che si scontra con la preoccupazione della salubrità del cibo e che evidentemente necessita di rassicurazioni all’opinione pubblica.

  2. Giuseppe ha detto:

    Salute a tutti! Ho appena scoperto il vostro sito e lo trovo davvero interessante. Lo seguirò spesso e perciò lo inserisco subito tra i preferiti. Continuate così! A presto!!!

  3. Stefania ha detto:

    un breve commento all’intervento di Guglielmo – gli orti pensili e l’utilizzazione degli spazi urbani per la coltivazione di modesti orti ha molteplici obiettivi, il principale e’ quello di riconnettere la popolazione urbana, particolarmente i bambini, al mondo ‘rurale’. Perche’ dopo decenni di industrializzazione del comparto alimentare, ci si e’ resi conto del grandioso vuoto culturale creatosi. C’erano – in poche parole – bambini che non sapevano da dove venisse il latte, pensavano fosse prodotto chissa’ come. e si e’ anche capito che il coinvolgimento di alcuni gruppi come i bambini (attraverso le scuole) e gli obesi ha benefici nella correzione della loro dieta. La tradizione della coltivazione di modesti spazi urbani si rifa’ alla politica degli allotments diffusa in tempi di guerra. Lo stesso fenomeno sta succedendo in US – la si chiama anche urban agriculture. Diciamo che il focus e’ piu’ sul creare una cultura ‘rurale’ che altro.

  4. Stefania ha detto:

    sulla relazione: le conclusioni del lavoro rappresentano la posizione della FSA. In poche parole, dal punto di vista della FSA, le poche differenze riscontrate non hanno rilevanza dal punto di vista della salute pubblica. Quindi non giustificano l’introduzione di alcuna misura in materia di salute pubblica.

  5. Gianna Ferretti ha detto:

    @stefania, ma quanti di coloro che acquistano prodotti biologici lo fanno perchè lo considera piu’ nutriente? credo che le motivazioni siano altre.

    Comunque la bocciatura sui disegni sperimentali e sui lavori scientifici da parte del team, non fa altrettanto notizia sui quotidiani. Mi rileggerò qualche lavoro completo, appena avrò accesso alle pubblicazioni.

  6. Stefania ha detto:

    @Gianna – vero ma devi considerare che il biologico UK e US non e’ il biologico che si ha nel resto d’Europa. E’ un biologico abbastanza industrializzato. Nonostante l’obiettivo di imparzialita’ la FSA e’ profondamente legata all’industria. Ti riferisco il commento di una collega a proposito di questa relazione: riferendo il commento di un portavoce della Soil Association, diceva che nonostante tutto la stampa seria (Times, Guardian, Independent) ha avuto delle reazioni abbastanza equilibrate a riguardo e che a parte tutto, l’aspetto nutrizionale non e’ (almeno qui in UK) l’unica ragione per cui i consumatori sono disposti a pagare di piu’ per i prodotti biologici.

    Qui trovate la reazione della Soil Association
    http://www.soilassociation.org/Whyorganic/Health/tabid/59/Default.aspx

    e qui
    http://www.theecologist.org/blogs_and_comments/bloggers/the_editors_blog/294396/fsa_organics_study_read_it_closely.html

    c’e’ un interessante intervento che indica diversi punti che non sono stati menzionati da FSA.

    ECPA, la European Crop Pesticide Association dice :’Study proves no additional nutritional value contained in “organic” food’.
    Mentre invece i ricercatori hanno scritto:” The current analysis suggests that a small number of differences in nutrient content exist between organically and conventionally produced foodstuffs and that, whereas these differences in content are biologically plausible, they are unlikely to be of public health relevance. One broad conclusion to draw from this review is that there is no evidence to support the selection of organically produced foodstuffs over conventionally produced foodstuffs to increase the intake of specific nutrients or nutritionally relevant substances. It is also clear that research in this area would benefit considerably from greater scientific rigor and a better understanding of the various factors (apart from production regimen) that determine the nutrient content of foodstuffs.”

    non c’e’ dubbio – all’industria piace molto giocare con le parole…

  7. Gianna Ferretti ha detto:

    l’FSA dalla parte dell’industria?

    http://ecoalfabeta.blogosfere.it/

  8. Gianna Ferretti ha detto:

    nel secondo dossier (11 studi) si trova scritto: In conclusion because of the limted and highly variable data available, and concerns over the reliability of some reported findings,there is currently no evidence of health benefit from consuming organic compared to conventionally produced foodstuffs.It should be noted that this conclusion relates to the evidence base currently available on the nutrient content of foodstuffs,which contains limitations in the design and in the comparability of studies.

  9. bacillus ha detto:

    L’osservazione di Gianna per cui colpisce “la scarsa qualità delle ricerca scientifica su questo tema” è senz’altro quella che più mi trova d’accordo tra le reazioni che ho letto su questa notizia. Se non altro perché, secondo me, mette in evidenza ciò di cui da tempo si sente la mancanza. Ovvero di studi seri, trasparenti, ampiamente disponibili ed accessibili che confermino o meno la convinzione diffusa per cui il cibo biologico è “migliore” (qualunque cosa voglia dire questo termine).
    Io non pratico agricoltura biologica, la trovo un’idiozia. Pratico un’agricoltura orientata alla massima qualità possibile (nelle mie condizioni), cercando la mediazione più estrema tra esigenze produttive e tutela dell’ambiente. Ed ho motivo di ritenere interessanti i risultati.
    Per contro vicino a me ci sono due aziende che praticano il biologico. Posso seguire quindi l’andamento dei processi colturali e rilevare le problematiche riguardanti la qualità del prodotto. Ed ho trovato conferma in tutta una serie di dubbi che chi conosce la pratica agricola non può mancare di manifestare.
    Le conclusioni di quelle ricerche dunque non sono per me una sorpresa, ma rappresentano senza dubbio, al di là del loro rigore scientifico, un primo squarcio nel velo di disinformazione che è stata fatta sul biologico e sul biodinamico, soprattutto in contrapposizione all’agricoltura, diciamo così, tradizionale.
    C’è bisogno però di analisi e studi più approfonditi. E magari di un dibattito pubblico in cui sia possibile far venir fuori la realtà delle cose dal punto di vista salutistico, di sostenibilità ambientale ed economico.
    (se interessa posso fare degli esempi concreti su cui riflettere…)

  10. Diciamo che il dato conclusivo non ha nulla di nuovo (ne di rilevante) per chi lavora nel settore da anni. Certo magari può (potrebbe) stupire una casalinga che CREDE nel biologico come panacea. Figura non troppo mitologica dato il bombardamento massmediatico sul biologico come soluzione a tutti i mali del mondo.

    Ritengo però anch’io che ci siano alcuni dati interessanti dallo studio:

    1) l’assenza di una vera ricerca scientifica a riguardo. Io personalmente ritengo che sia dovuto al fatto che il biologico prima che essere un sistema di coltivazione è un’ideologia/filosofia di coltivazione. Da qui la gran mole di studi “selettivi” o biased trovati.

    2) hanno scelto di non considerare l’impatto ambientale e la salute degli operatori agricoli. Il loro compito infatti era di valutare la qualità nutrizionale di questi prodotti. Certo è che esiste tanta propaganda anche su questo tema che, ammettiamolo, non è affatto sostenibile su scala mondiale a meno di ridurre significativamente la popolazione mondiale e dimenticarsi di coltivare molte specie agrarie (e.g. il mais le cui superfici a biologico sono ridicole e non a caso).

    Concludo con una considerazone di colore sugli orti pensili. Sì concordo con Stefania, è vero, sono più una questione “culturale” che produttiva, anche perchè vorrei proprio fare loro un’analisi degli inquinanti per vedere cosa gli è rimasto di “biologico”.

    Ciao
    BBB!

  11. Stefania ha detto:

    non dimentichiamoci che il lavoro e’ una revisione della ricerca fatta sinora e che quindi non aggiunge niente di nuovo, se non la posizione della FSA.

    FSA dice anche

    The Agency supports consumer choice and is neither pro nor anti organic food. We recognise that there are many reasons why people choose to eat organic, such as animal welfare or environmental concerns. The Agency will continue to give consumers accurate information about their food based on the best available scientific evidence.’

    e che la consapevolezza del bisogno di ulteriore ricerca e’ espressa in un passo del press release.

    @Gianna – fantastico il disegno 😀

  12. bacillus ha detto:

    Quindi, Stefania, da che parte stiamo? Teniamo questo atteggiamento
    http://it.greenplanet.net/opinioni/editoriali/24876-da-londra-nulla-di-piu-di-un-gran-polverone.html
    oppure dobbiamo pensare ad un nuovo modello di valutazione? Oddio, nuovo… Basterebbe finalmente fare riferimento al metodo scientifico, no?


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