Che effetti hanno le carragenine (iota-carragenina, kappa-carragenina, e lambda-carragenina)?
Pubblicato: 2013/04/27 Archiviato in: Acquacoltura, Additivi, Filiere 7 commentiNuovo post dedicato alla famiglia degli addensanti. Nelle ultime settimane i lettori piu’ attenti alle news su temi di attualità nutrizionale e sugli additivi avranno di certo intercettato la notizia sulla carragenina e le nuove evidenze scientifiche che sollevano dubbi come additivo alimentare sicuro per il consumo umano. Sul sito Cornucopia.org aperta anche una petizione alla FDA per rimuovere la carragenina dai prodotti biologici. Che cosa ha di nuovo riaperto il dibattito sulla sua sicurezza come gelificante e addensante? Protagonista è ancora lei, la Dr. Joanne Tobacman, professore associato presso l’Università dell’Illinois a Chicago. La ricercatrice insieme ad un gruppo di biologi molecolari ha portato all’attenzione i risultati condotti in cellule intestinali in coltura dopo incubazione in presenza di carragenina. Il composto eserciterebbe un ruolo infiammatorio.
La risposta della Ingredients Solutions Inc. una delle aziende produttrici di carragenina non si è fatta attendere. Su Food Processing afferma: “Da piu’ di 70 anni la carragenina è utilizzata in alimenti trasformati, e non una sola richiesta documentata di una malattia acuta o cronica è stata riportata come derivanti dal consumo di carragenina”.
Sotto accusa dei frammenti a basso peso molecolare che potrebbero essere ottenuti dalla carragenina durante le filiere produttive, durante la digestione o in seguito al metabolismo della flora batterica. In passato è stato attribuito un effetto dannoso al poligeenan “un prodotto di degradazione della carragenina”. L’unica relazione tra carragenina e poligeenan è che la prima è il materiale di partenza per arrivare a quest’ultima. La Ingredients Solutions difende il proprio prodotto affermando che “Poligeenan non è un componente della carragenina e non può essere prodotta nel tratto digestivo se si assumono alimenti contenenti carragenina. Ci sono differenze rilevanti tra poligeenan e carragenina. Il processo di produzione per ottenere la poligeenan richiede il trattamento della carragenina con un acido forte e alta temperatura (circa quella dell’acqua bollente) per sei ore o più. Queste condizioni di lavorazione convertono le lunghe catene di carragenina in frammenti a basso peso molecolare. Per la precisione il peso molecolare del poligeenan è 10.000-20.000 dalton, mentre quello della carragenina va da 200.000 a 800.000 dalton. Le differenze di peso molecolare sono rilevanti e possono quindi spiegare i diversi effetti fisiologici. Le molecole di poligeenan a basso peso molecolare potrebbero penetrare attraverso la mucosa del tubo digerente e esercitare il loro ruolo infiammatorio. Il peso molecolare della carragenina è abbastanza alto al punto che che questo effetto è considerato improbabile.”
La Ingredients Solutions Inc oltre a sostenere la sicurezza della carragenina ha infine accusato la Tobacman sui suoi studi ritenuti non attendibili e fuorvianti.
E allora cosa ho fatto? Ho aggiornato le mie conoscenze sulla carragenina e mi sono cercata i lavori scientifici piu’ o meno recenti sulla molecola fino alle ricerche della Tobacman e di altri autori sull’archivio di Pubmed.
Che cosa è la carragenina? Breve ripasso. Avevo scritto un post nel lontano 2006. Si fa presto a dire carragenina. Infatti esistono diversi polisaccaridi che sno descritti con questo nome. Materiale di partenza alghe rosse.
La carragenina è stata a lungo utilizzata per migliorare la consistenza del cibo. Cominciò ad essere utilizzata commercialmente in Occidente a partire dal 1930. Sapevate che ci sono tre tipi principali di carragenina? sono denominate iota-carragenina, kappa-carragenina, e lambda-carragenina e presentano diverse proprietà gelificanti. La Kappa carragenina deriva dall’alga Kappaphycus Alvarezii, la carragenina iota deriva da Eucheuma denticulatum. La Lambda carragenina deriva prevalentemente dalle alghe Gigartina pistillata o Chrondrus Crispo. Un utile ripasso sugli aspetti molecolari lo trovate qui.
Le alghe sono coltivate in circa 35 paesi tropicali.
Ecco schematizzato il processo produttivo.
Nelle pubblicazioni scientifiche cosa troviamo sulla carragenina? La carragenina (a basso peso molecolare) da numerosi anni è impiegata per provocare una reazione infiammatoria riproducibile in modelli animali. Anche la letteratura piu’ recente include questi modelli che sono usati nello studio di farmaci anti-infiammatori e per indagare l’effetto anti-infiammatorio di estratti vegetali.
Ecco come si presenta il confronto tra un arto normale e un arto (a sinistra) in cui è stata inietattata la soluzione di carragenina.
Va precisato comunque che l’effetto infiammatorio e la formazione di edema si osservano in condizioni diverse dalla assunzione con il cibo, infatti per indurre edemi una soluzione di carragenina viene iniettata negli arti dei ratti. La carragenina è utilizzata anche in modelli di infiammazione intestinale dopo iniezione della soluzione tra lo spazio pleurico e il peritoneo. A tranquillizzarci inoltre il ricordare che in questi modelli animali sono usate quantità più elevate di carragenina rispetto ai livelli normalmente consumati nella dieta occidentale.
Tra le centinaia di lavori su questi modelli animali, appaiono pubblicazioni da cui si intravede un possibile ruolo delle carragenine nel campo delle biotecnologie. E veniamo alle pubblicazioni sugli effetti su cellule intestinali in coltura. Quali sono le evidenze scientifiche emerse negli studi di Joanne Tobacman? Gli studi recenti della Tobacman descrivono gli effetti della carragenina a livello intestinale in modelli animali e cellule in coltura. Tra gli effetti osservati alterazioni del ciclo cellulare e della vitalità di cellule intestinali in coltura. Si è ipotizzato che l’aumento della morte delle cellule in coltura e la riduzione nella proliferazione cellulare dopo esposizione alla carragenina possa contribuire alla formazione di ulcerazioni intestinali in vivo, come quelle che contraddistinguono le patologie infiammatorie intestinali.
Quali meccanismi molecolari potrebbero spiegare l’effetto infiammatorio? Gli effetti possono essere parzialmente attribuibili alla somiglianza tra la carragenina e i glicosaminoglicani, molecole che singolarmente o associate a proteine (proteoglicani) sono presenti in vari tessuti umani. Grazie alla presenza di galattosio- solfato, la carragenina somiglia in qualche modo al cheratan solfato, dermatan solfato e condroitina solfato, glicosaminogliani ampiamente presenti nella matrice extracellulare. I proteoglicani della superficie cellulare e della matrice sono coinvolti nella regolazione di diverse funzioni cellulari e nelle interazioni cellula-cellula. Si è ipotizzato quindi che alcuni degli effetti osservati su cellule in coltura potrebbero essere dovuti ad interazioni tra prodotti di degradazione della carragenina e membrane cellulari.
Cosa sappiamo dei consumi? La Tobacman nei suoi studi riporta che il consumo di carragenina negli Stati Uniti è aumentato negli ultimi decenni. Su base pro capite il livello è passato da ~ 24 mg/persona al giorno a ~ 82 mg/persona al giorno. Si è stimato che a livello del colon la concentrazione di carragenina sarebbe ~ 56 mg/L, superiore alla concentrazione utilizzata negli esperimenti presentati dalla Tobacman (1 mg/L). In vivo, fattori che potrebbero ridurre l’esposizione diretta del colon alla carragenina comprendono la motilità intestinale, e la co-presenza di altri alimenti non contenenti carragenina.
Cosa pensa l’Unione europea? La commissione europea nel 2003 ribadisce la sicurezza d’uso ma ha modificato le raccomandazioni per quanto riguarda la presenza della carragenina a basso peso molecolare in alimenti trasformati approvando un limite di non più del 5% di carragenina inferiore a 50 kDa nelle carragenine usate come additivi al fine di ridurre l’esposizione a carragenina degradata a molecole a basso peso molecolare.
In un prossimo post carrellata aggiornata di prodotti contenenti l’addensante e relazione struttura-funzioni delle carragenine. Perchè anche voi siete curiosi di sapere le differenze tra iota-carragenina, lambda- carragenina e kappa-carragenina vero? Tutte sono comprese nella sigla E 407.
Fonti:
-European Commission Scientific Committee on Food. Opinion of the Scientific Committee on food on carrageenan: report of the European Commission health and consumer protection directorate-general, March 5, 2003
–Refuting Myths About Carrageenan
–Cornucopia Dossier sulla carragenina
-Pubblicazioni scientifiche sulla carragenina e effetti sulla mucosa intestinale.
–PRODUCTION, PROPERTIES AND USES OF CARRAGEENAN
L’insostenibile leggerezza del prezzo. Il cibo a buon mercato
Pubblicato: 2013/04/01 Archiviato in: Acquacoltura, Filiere, Multimedia 8 commentiSe non avete mai visto le puntate precedenti de “L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL PREZZO” su Rai5, vi suggerisco di seguire la serie. Ecco i temi trattati su “IL CIBO A BUON MERCATO”.
Nelle città occidentali l’offerta di cibo a buon mercato è crescente e sempre disponibile: ma la possibilità di avere a disposizione quantità enormi di cibi pronti e da asporto, deve farci riflettere sulla loro provenienza e sulle modalità con cui viene prodotto. Sei ragazzi inglesi, amanti dei cibi pronti e da asporto, si sottopongono a un esperimento: vengono mandati a scoprire la verità sulla provenienza e sulle modalità di produzione dei cibi “take away” e sperimentano, sulla loro pelle, la fatica di chi, ogni giorno, preconfeziona i loro cibi preferiti. Nelle varie puntate i ragazzi lavoreranno e vivranno fianco a fianco con alcuni dei milioni di addetti alle produzioni alimentari del sud-est asiatico. Nelle diverse puntate dovranno catturare, o allevare, e preconfezionare i cibi che acquistiamo con facilità e leggerezza nei nostri supermercati. Nelle poche ore lasciate libere dal lavoro faranno l’esperienza di dormire, mangiare e vivere con i loro colleghi, nelle stesse condizioni dei lavoratori delle regioni più povere dell’Indonesia e della Thailandia. Potranno così testimoniare l’impatto di prodotti e produzioni sull’ambiente, sulla vita e sulla cultura locale. Ciascun episodio si concentrerà su un prodotto alimentare – tonno, gamberi, riso e pollo.
Tonno in scatola
Il gruppo di sei consumatori inglesi sono in Indonesia, patria dell’industria del tonno, che fornisce una buona parte delle scatolette di tonno alle catene di supermercati ed ai fast food. Vivranno negli spartani alloggi dei lavoratori del tonno, sopporteranno l’elevato calore all’interno delle industrie conserviere e vivranno una dura realtà sulle tradizionali barche da pesca del tonno nel Pacifico occidentale.
Gamberi precotti
A Kalimantan, in Indonesia, il gruppo di sei consumatori inglesi vive e lavora a fianco dei lavoratori dell’industria del gambero. La loro casa è una baracca nella giungla, senza letti, senza acqua corrente e la cena è ciò che riescono a catturare. Invece di pescare i gamberi in mare,i protagonisti sono sorpresi di ritrovarsi immersi nel fango, in un allevamento di gamberi.
Riso Thai
Il gruppo di sei consumatori inglesi si dirige verso una delle regioni più povere e remote della Thailandia per lavorare in una delle comunità che vive della raccolta del riso. Riusciranno a sopportare il lavoro stremante, i 40 gradi nei campi di riso, con solo una banana e una fetta di pane da mangiare?
Polli sezionati
Il gruppo di sei consumatori inglesi è in Thailandia, il più grande esportatore mondiale di carne di pollo. Il gruppo si unisce ai 4.000 lavoratori sul pavimento della sala di taglio, dove si lavorano 140.000 animali l’anno. Dovranno tenere il passo con la linea della fabbrica: ogni dipendente deve separare 12 pezzi di pollo al minuto, 5.000 pezzi al giorno per otto ore al giorno e sei giorni alla settimana.
Cocktail di gamberi
Pubblicato: 2008/12/08 Archiviato in: Acquacoltura, Filiere Lascia un commentoLa settimana appena passata la chiameremo la settimana del gambero. Grazie a Stefania che ha ricostruito nei suoi posts, con una mole non indifferente di dati e riferimenti bibliografici, la filiera del gambero ottenuto da acquacoltura, analizzando aspetti socio economici, politici e impatto sulla salute e sull’ambiente.
Intanto ieri a Mazara del vallo duecento chilogrammi di pesce, tra cui anche gamberi, sono stati sequestrati ad alcuni ambulanti che in più punti della città li vendevano abusivamente e li trasportavano su mezzi inidonei. Gamberi fuori legge anche a Cesenatico dove erano in vendita confezioni senza documentazione sanitaria.
Occhio alle etichette quindi anche dal pescivendolo!
Chiudo con un interrogativo, che fine fa l’esoscheletro del gambero? diventerà chitina e chitosano, magari ci scriverò prossimamente.
Tag: frodi alimentari gamberi acquacoltura food miles commodity Tailandia FAO
Acquacoltura: la filiera del gambero (4) – Conclusioni
Pubblicato: 2008/12/04 Archiviato in: Acquacoltura, Educazione alimentare, Educazione e informazione alimentare, Filiere, Senza categoria Lascia un commentoGli strumenti definiti dalla Doha Agenda del 2001 comprendono un migliore accesso al mercato ma anche accordi ambientali. Non e’ chiaro, comunque, come gli obiettivi del libero commercio definiti dal WTO possano conciliarsi con quelli dello sviluppo sostenibile. Nella sua relazione ‘Sustainable Shrimp Culture Development‘ la FAO riconosce come questo tipo di acquacoltura abbia messo in dubbio gli obiettivi di crescita sostenibile, per via del suo impatto all’ambiente e alle comunità locali che deve salvaguardare. Inoltre riconosce che alcune realtà e sistemi di acquacoltura nel mondo funzionano senza causare tali disagi e riconosce come sia necessario proprio identificare tali pratiche e promuoverle come possibile contributo allo sviluppo sostenibile delle aree costiere.
Stefania Puxeddu
Alcune iniziative locali riguardano l’introduzione di standard di certificazione biologica: EJF ci riferisce che una serie di prodotti derivati da minerali e piante medicinali sono stati prodotti da compagnie specializzate e che un numero di aziende con certificazione sono sorte già dal 1993 in diversi paesi latino-americani e in Asia (EJF: 2004). Altri tentativi sono stati fatti localmente per ridurre l’impatto dell’acquacoltura , con diversi risultati: ad es. in India, nonostante l’introduzione di una regolamentazione costiera nel 1996, il successivo Aquaculture Bill ha permesso alle aziende esistenti di continuare ad operare allo stesso modo ma all’interno di una licenza. In Venezuela, Margarita Island, la pesca locale sembra aver migliorato in seguito all’implementazione di una nuova legge che punisce la pesca a strascico illegale entro le 6 miglia nautiche dalla costa (EJF: 2003).
Quali le soluzioni? Certamente l’impatto di entrambe (pesca a strascico e acquacoltura) dovrebbe essere monitorato in modo tale che
– la produzione e il by catch vengano ridotti o mitigati
– una infrastruttura ambientale venga creata
– venga promossa la responsabilità delle ditte che operano lungo l’intera filiera (corporate responsibility)
– venga promossa la conoscenza di queste problematiche fra i consumatori – ad es. la differenza nel contenuto nutrizionale fra il prodotto di pesca e quello di allevamento
– la preferenza venga sempre data alle economie locali, promuovendo quindi un commercio sostenibile che tenga conto anche dei punti deboli delle comunita’ coinvolte
Concludo con un grafico che mostra l’andamento del commercio di questa specie sui mercati internazionali: si puo’ notare l’ultimo prezzo, 1764 Yen per 5X 108Kg per blocco. Questo rappresenta il prezzo di un mercato secondario di circa 200 Yen per Kg (ovvero, per fare un confronto con la sterlina, £1 per Kg – venduto poi a circa £20 nei supermercati). Due considerazioni: il mercato dei gamberi congelati mostra un un livello basso nel 2003 (le date sono piccole lungo la linea orizzontale), probabilmente questo riflette la disputa commerciale del 2003: in seguito ad una petizione dell’associazione produttori del Sud US contro la competizione ‘ingiusta’ dei gamberi asiatici (all’epoca si parlo’ di usare le regolamentazioni relative all’antidumping). In un contesto simile ma piu’ recente (2007), la WTO ha dato ragione alla causa dell’Ecuador contro gli US.
bloomberg.pdf
Acquacoltura: la filiera del gambero (3) – Impatto socio-economico e culturale; contesto politico
Pubblicato: 2008/12/04 Archiviato in: Acquacoltura, Educazione alimentare, Filiere Lascia un commentoImpatto socio-economico e culturale: la pesca a strascico ha contribuito positivamente allo sviluppo della tecnologia nel settore così come a creare investimenti di capitali stranieri nei paesi in via di sviluppo, ma allo stesso tempo ha contribuito al declino delle piccole realtà artigianali e ha messo in pericolo la sicurezza alimentare. L’acquacoltura ha reso la specie ittica del gambero più accessibile ai consumatori, ma allo stesso tempo la preferenza da parte del produttore di una specie rispetto alle altre (la specie Penaeus Monodon) ha paradossalmente limitato la loro scelta.
Secondo diversi gruppi di società civile e di volontari, la coltura del gambero ha particolarmente contribuito al declino delle comunità di pescatori in molte zone nel mondo e ha influenzato negativamente la sicurezza alimentare (l’Asia e il Pacifico rappresentano il 68% delle popolazioni dei paesi poveri a livello globale e il 64% di quelli che soffrono la fame (FAO:2006). Nella maggior parte dei casi, le aree usate per i vivai vengono occupate con la forza e illegalmente, diventando quindi spesso scena di conflitti sociali. Occasionalmente, le comunità di pescatori, incapaci di competere con le aziende di gamberi, utilizzano esplosivi per migliorare il volume della loro pesca (ad es. nelle Filippine). Le condizioni di lavoro nelle aziende sono dure: bambini e donne sono spesso sfruttati. Inoltre, i conflitti sociali hanno portato allo sgretolamento dei valori sociali e culturali tradizionali di queste popolazioni, e in molti casi questo fenomeno ha portato alla crescita dei tassi di criminalità e alla trasmissione di malattie sessuali.
Contesto politico – la cornice politica che tratta il settore ittico è presente a livello nazionale e globale:
a) In base alla convenzione delle Nazioni Unite sulle regolamentazioni Law of the Sea and Living Marine Resources – ratificata da 130 nazioni – gli stati hanno l’obbligo di proteggere e preservare l’ambiente marino e conservare e gestire le risorse viventi nella loro ‘Exclusive Economic Zone’. Invece, l’azione statale si è indebolita in seguito all’introduzione del libero commercio globale, perché ha creato una situazione in cui gli attori locali (ad es. i produttori di gamberi) devono interagire con attori internazionali (ad es. i distributori internazionali) e la loro interazione tipicamente riguarda standard di sicurezza alimentare o prezzi
b) Il codice di condotta FAO (Code of Conduct for Responsible Fisheries and International Plans of Action) è stato firmato da oltre 60 nazioni attive nella pesca e fornisce una base per la gestione sostenibile dei vivai di gamberi. Attualmente è un codice volontario
c) In Europa, la comunità ha stabilito delle quote (quantità di pesce) che ogni stato membro è tenuto a seguire. Questo sistema però non riesce a tenere il passo con la competizione del mercato globale
d) Durante il World Summit sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg del 2002, gli stati partecipanti hanno promesso di mantenere o ricostituire le ‘riserve’ marine entro il 2015.
Un’importante considerazione da fare riguarda il commercio, ovvero la forza trainante dell’industria del gambero negli ultimi decenni. Attualmente, nonostante i proclami di ‘libero commercio’, un numero di prodotti ittici a valore aggiunto viene protetto da alte tariffe; altri due tipi di barriere vengono applicate, quelle relative alla sicurezza alimentare (previste dagli accordi sulle misure sanitarie e fito-sanitarie) e quelle relative agli accordi sulle barriere tecniche al commercio (rispettivamente Agreement on Sanitary and Phyto-Sanitary Measures e Agreement on Technical Barriers to Trade). Le prime hanno un ruolo particolare in quanto sono a volte usate come strumento protezionistico. Un buon esempio è fornito dalla disputa del 2006-7 fra Cina e US: in quell’occasione, un carico di prodotti ittici d’allevamento provenienti dalla Cina e risultato positivo a diverse sostanze chimiche (il nitrofurano, il verde malachite, il violetto genziana e il fluoroquinolone – Gianna ci può spiegare meglio cosa sono), venne bloccato in quanto nessuna di queste sostanze viene utilizzata in US.
Inoltre, sebbene la maggior parte dei paesi in via di sviluppo non lavori i propri prodotti prima di esportarli, la differenza del costo della manodopera ha incoraggiato lo spostamento di questa fase altrove. Una ditta britannica ha deciso di tagliare posti di lavoro in Scozia e spedire i propri crostacei, pescati in acque scozzesi, in Tailandia per le operazioni di pulizia e impacchettamento, per poi rispedirli in UK per la vendita (The Scotsman: 2006; The Sunday Times: 2007).
Si pensa che questo tipo di outsourcing produca esternalità di 47.500 tonnellate di CO2 prodotte dai carburanti aerei che, secondo gli ambientalisti, producono un impatto all’ambiente quantificabile in circa £2-2.5 milioni all’anno. La stima delle miglia create dal commercio di generi alimentari rappresenta circa il 13% dell’impatto causato dal trasporto aereo , considerando che le esportazioni sono in crescita di circa il 10% (Garnett: 2003); il gambero, come commodity, copre circa 7300 ‘miglia’ aeree (verso l’UK) e produce 0.03 (Kg per pacco) emissioni CO2 via mare e 0.84 via aerea (Usborne, Outhwaite and Armstrong: 2007).
Tag: gamberi acquacoltura food miles commodity Tailandia FAO
Acquacoltura: la filiera del gambero (2) – Impatto sulla salute e ambiente
Pubblicato: 2008/12/03 Archiviato in: Acquacoltura, Educazione alimentare, Educazione e informazione alimentare, Filiere 7 commentiL’industria ittica è un’industria globale; la Cina guida il settore con una produzione di 47.5 MT nel 2004, di cui 16.9 e 30.6 provenienti dalla pesca e dall’acquacoltura rispettivamente (FAO:2006) ; la Cina é anche il maggiore produttore di gamberi con 1.3MT, seguita da Indonesia, India e Tailandia (FAO Globefish: 2004). La produzione globale di questa specie è cresciuta da 2.4 MT nel 1987 a 4.2 MT nel 2000, 3 milioni dei quali arrivano dalla pesca (EJF: 2003). Il Pacifico é l’area dove buona parte della produzione avviene e dove ha raggiunto livelli di 2.4 MT (dati del 1999). La produzione tipicamente avviene in due modi: tramite l’uso delle reti a strascico o tramite allevamento.
La pesca dei gamberi I gamberi sono pescati con l’ausilio di pescherecci dotati di reti fini che permettono di pescare tutto quanto si trovi nel loro passaggio. Questo significa che per pescare un kg di gamberi, si tira su con la rete un ‘by-catch’ (ovvero altre specie marine non volute) di 5 volte tanto nelle zone temperate e di 10 – 21 volte tanto in quelle tropicali (EJF: 2003). Questa pesca non voluta è poi ributtata, spesso morta, nel mare. La filiera del gambero produce 1/3 del by-catch globale ma contribuisce solo al 2% nella produzione globale di prodotti ittici. Non è ancora chiaro l’impatto che questo metodo di pesca ha nelle regioni tropicali, poiché fu originariamente introdotta nelle zone di acque fredde, e avviene in acque poco profonde, habitat di specie di modesta pezzatura e necessarie per la catena alimentare marina. D’altra parte, i gamberi in particolare traggono beneficio dalla pesca a strascico (EJF: 2003 – Northern Great Barrier Reef), perché questa allontana le specie predatrici; inoltre il by-catch di per sé inizia a essere un problema quando rappresenta il 80-90% della pesca totale in un’area in cui la maggior parte delle specie sono in estinzione. Un’altra preoccupazione è rappresentata dalla possibile dipendenza di alcune specie (ad es. i delfini) al by-catch che non viene mangiato dagli ‘spazzini’ del mare ma anche dal fatto che questi avanzi, raggiungendo il fondo del mare, si decompongono, producendo quindi un impatto ambientale (il pesce in decomposizione utilizza ossigeno).
Per quanto riguarda invece la coltura del gambero, il 99% avviene nei paesi in via di sviluppo ed ha sollevato diversi dubbi circa la sua sostenibilità.
Acquacoltura e pesca a confronto Innanzitutto, ci si chiede se questo tipo di acquacoltura sia un vantaggio o svantaggio per la pesca. In poche parole, sebbene l’acquacoltura sia una soluzione potenziale al problema della disponibilità, è ugualmente un fattore che contribuisce al declino della fauna marina globale (e quindi, di conseguenza, della nostra pesca) in seguito all’uso prolungato di sostanze chimiche per la prevenzione di malattie e di ormoni che incoraggiano la crescita rapida.
Diversi problemi ambientali possono essere identificati:
a)perdita di importanti ecosistemi – vaste aree costiere, come quelle dove crescono le mangrovie, vengono deforestate per creare vivai per i gamberi, contribuendo alla degradazione dell’ecosistema locale; la produttività del vivaio diminuisce comunque gradualmente, in seguito all’acidificazione, inquinamento, salinizzazione e all’insorgenza di malattie infettive. In Asia, dove tipicamente i vivai vengono ricavati da aree tradizionalmente usate come risaie, una volta inutilizzabili per i gamberi, non possono essere riconvertiti in risaie;
b)uso di antibiotici, fungicidi, alghicidi e pesticidi: contribuisce ad inquinare l’acqua presente nel fondo e nel terreno circostante (salinizzazione) tramite l’infiltrazione dal vivaio alla terraferma;
c)in alcune aree, il cambio nel flusso e nella densità dell’acqua ha provocato modificazioni delle specie botaniche
d)le specie di vivaio che riescono a scappare dal vivaio si riproducono con le specie selvatiche, spesso lottano con loro per il cibo e trasmettono malattie
e)specie selvatiche di pesce vengono utilizzate per produrre i mangimi dati poi ai gamberi
Aspetti nutrizionali Da un punto di vista nutrizionale, la composizione degli acidi grassi dei lipidi dei gamberi di allevamento è differente da quelli di mare: i primi hanno alti livelli di Omega6 e bassi livelli di Omega3 con un’ inferiore proporzione degli O3/O6 rispetto a quelli di mare (Chanmugam, P. et al: 1986). Questo dipende dal fatto che mentre i gamberi di mare si cibano di alghe e plankton, quelli di allevamento vengono nutriti con mangimi industriali, che tipicamente hanno un’alta percentuale di Omega6. Inoltre, la coltura intensiva o semi-intensiva comporta un uso di mangime derivato dal pesce di oltre il doppio del peso dei gamberi prodotti, a scapito delle specie selvatiche. L’uso di un particolare antibiotico, il cloramfenicolo, è stato messo in relazione all’insorgere dell’anemia aplastica e ad altri problemi di salute nell’uomo.
Acquacoltura: la filiera del gambero – Introduzione
Pubblicato: 2008/12/02 Archiviato in: Acquacoltura, Educazione alimentare, Educazione e informazione alimentare, Filiere 4 commentiIl consumo di prodotti ittici è raddoppiato dagli anni 1970, diventando uno dei settori maggiormente commercializzati a livello globale: in particolare il segmento dei gamberi rappresenta la più importante commodity con un valore di circa il 16.5% del commercio internazionale (FAO: 2006). L’acquacoltura – ovvero la coltura di un numero di specie marine in spazi confinati – è una delle grandi trasformazioni dei nostri tempi, che ha avuto un enorme impatto nella vita marina e in quella di molte comunità sia dei paesi in via di sviluppo che di quelli industrializzati. Negli ultimi 20 anni, l’acquacoltura è dunque cresciuta in maniera rilevante e ora fornisce oltre il 43% della fornitura globale di pesce.
Le ragioni dell’aumento del consumo di pesce e specie ittiche in genere non sono solo dovute a un cambio della dieta, ma allo stesso tempo a ragioni di tipo economico e culturale. I benefici di una dieta ricca di pesce, per via del suo contenuto di Omega3, sono stati ampiamente documentati dalla comunità scientifica e dai media e sono reiterati nella piramide alimentare dei paesi occidentali. Il pesce (e in particolare il pesce azzurro) e le altre specie (crostacei, molluschi etc.) rappresentano oggi per molti un’importante – e relativamente economica – fonte di proteine animali e di minerali. Il gambero, oltre ad essere un prodotto costoso nei paesi industrializzati, rappresenta una fonte di sopravvivenza in molte comunità dei paesi in via di sviluppo (particolarmente di quelli che si affacciano lungo le coste).
Perché dunque mangiamo tanti gamberi? Secondo il Prof. Steven D. Levitt (Chicago University, autore di Freakonomics), la ragione principale dell’alto consumo di questa specie è il basso prezzo – gli US sono il maggiore importatore di questi crostacei, seguiti dal Giappone e la EU. La seconda ragione è la percezione che i consumatori hanno dei benefici alla salute (Levitt: 2007). Si pescano i gamberi perché questa specie rappresenta un certo ‘valore’ per l’industria e allo stesso tempo è capace di sopportare i ritmi della pesca intensiva. Secondo la Environmental Justice Foundation, alcune zone resistono per molto tempo prima di essere affette dal declino.
La spettacolare industrializzazione del settore ittico come la conosciamo ora è il risultato di un numero di progetti che comprendono l’introduzione di strumenti tecnologici dai paesi industrializzati verso quelli in via di sviluppo, negoziazioni multilaterali, sussidi e lo sviluppo del commercio internazionale. L’industria del gambero che si è rapidamente sviluppata alla fine degli anni 80, ha creato un conflitto fra la necessità di creare sistemi di sostegno alla salute e all’ambiente e la degradazione ecologica che è risultata dalla produzione intensiva e il commercio. Vediamo come (vedi tabella).acquacoltura.pdf
Stefania Puxeddu
Commenti recenti