Do you like Reggianito?
Pubblicato: 2008/01/25 Archiviato in: Multimedia, Not Only Food 23 commentiSe non avessi letto della ‘Giornata internazionale della cucina italiana’, probabilmente non sarei andata a curiosare nel sito del Gruppo Virtuale Cuochi italiani che ha promosso la giornata dedicata alla carbonara.
Dai cuochi è arrivato un appello in difesa del made in Italy alimentare, quello autentico. Perchè sono tanti i prodotti falsi Made in Italy. In rete c’è un documento sul sito della Federalimentare (2003). In Usa troviamo il Parma Ham, il Daniele Prosciutto & company, l’Asiago del Wisconsin (Usa) e la Mozzarella Company di Dallas. In Australia si produce il Tinboonzola, che diventa Cambozola nel Nord Europa.
Una delle ultime analisi da leggere è pubblicata sul sito dell’Istituto Italiano di Attestazione e Applicazione legislativa. Secondo il periodico Economy, dal 1992 a oggi l’incremento di fatturato dell’agroalimentare italiano sui mercati esteri è stato pari al 47%, mentre quello dell’agro-pirateria ha sfiorato il 150%. Il 97% dei sughi per pasta venduti sul mercato americano, ad esempio, sono pure e semplici imitazioni, così come il 94% di sottoli e sottaceti e il 76% di formaggi e insaccati.
Il settimanale rivela che tra i trucchi più usati vi sono:
– al primo posto (nel 49,3% dei casi) l’utilizzo di denominazioni evocative come ad esempio «Bella Pasta»
– al secondo (18,1%) il richiamo a una località italiana (Toscana Food, Bolognese, Napoli Tomato»).
-Seguono marchi di fantasia, è il caso di Parmesan e Reggianito e la presenza in etichetta, di termini come «Italia», «Italiano»
-elementi come il tricolore.
L’Argentina è uno dei paesi in cui si producono formaggi come il Cuartirolo, il Provolone, Il Sardo, la Fontina, la mozzarella, il Parmesano anche rallado (grattugiato). Una delle aziende produttrici dichiara: Il Reggianito è un Derivado del Parmigiano Reggiano, zona de Reggio-Emilia (Italia).
In rete trovo anche uno spot divertente sul Reggianito. Ma chi è il protagonista? non è quello chef di origini italiane?
l’asiago del wisconsin e’ fantastico. probabilmente la gente del luogo pensa sia stato inventato dai nativi americani?
In questo sito troviamo:
Both American and Italian versions of Asiago are offered, and asiago is also available shredded.
http://springbankcheese.ca/catalog/index.php/cPath/1_2_32
ma poi mi chiedo: chissa’ perche’ proprio in Wisconsin???!!
posso aggiungere i seguenti prodotti alla trashparade?
– RAGULETTO (in vendita anni fa in N.Zelanda – pubblicita’ allucinante con un cantante d’opera che cantava alla vista del meraviglioso ragu’ in scatola)
– pasta RONZONI (USA – immaginatevi le battute sul nome… )
– pizza SBARRO (USA)
Stefania, ho trovato il Raguletto in versione XXL
http://www.headchefsupport.com/id120.htm
c’è anche dell’Unilever!
🙂
pazzesco, sai che ricordi ‘sto Raguletto… la prima volta che l’ho visto in TV mi sembrava di aver visto un alieno..
Veramente terribile la pubblicitá del Reggianito… ma ci vedono cosí all’estero? Che bruttissima figura. Mi viene il ribrezzo.
no, macche’ Grissino, consoliamoci – pensa un paio di cose: l’Argentina ha avuto una fortissima immigrazione tanti tanti anni fa (e sai bene che l’emigrazione di allora non e’ la stessa di oggi) ed essendo cosi’ lontana e’ stato piu’ facile creare ‘miti’ di un certo tipo. In USA e’ lo stesso, per non parlare poi di downunder. Tant’e’ che quel tipo di personaggio/situazione viene enfatizzata e fa pure ridere. Semmai mi preoccupavo quando persone di un certo livello sociale mi chiedevano se ‘davvero’ in Italia sono tutti cosi’, grassi e piccoli, e se mangiamo pasta tutti i santi giorni. Allora si, che mi arrabbiavo. Argh. Ora non piu’ perche’ ci ho fatto il callo e perche’ ho capito che c’e’ tantissima ignoranza in giro anche fra le nazioni piu’ industrializzate. D’altronde anche noi abbiamo certi stereotipi sulle altre nazioni…
Ho trovato il commercial del Raguletto!!!!!!!!
http://www.youtube.com/results?search_query=raguletto&search=Search
buona visione!!! 😀
Sul mercato alimentare nordamericano, il 73% dei prodotti italiani o “sounds Italy “sono falsi, con punte ancora più alte per pasta, pomodoro ed olio (incredibile!) Questi dati che riporto sono dell’ufficio ICE di New York e risalgono al marzo 2007. Il fatto grave é che nonostante fossero presenti grandi società di import-export, con soci italiani o italoamericani, già nei primi anni sessanta le cose non sono andate a nostro favore, tutt’altro! Quindi significa che questi commercianti disonesti, non tutti ovviamente, hanno badato bene solo ai loro interessi, infischiandosene del made in Italy, delle leggi vigenti e gabbando anche la mitica FDA americana (ma l’EFSA sarà meglio?) Ora mi sta bene che Francis Ford Coppola produca del buon cabernet e della buona salsa di pomodoro (Zia Amelia’s sauce), californiani, non mi sta bene il resto. Basta andare in qualche gastronomia della Fifth Avenue (N.Y.) per trovare appesi affiancati il prosciutto San Daniele e il Daniele’s ham (made in Canada), indovinate da soli quale dei due costa di meno e qual’é il più venduto. Un altro dato: nella sola New York viene consumato, ogni anno, tanto olio di oliva (e speriamo solo di quella) quanto ne produce l’intera Puglia!
Capite quale dimensioni abbiano quei mercati? E sono mercati che aderiscono al WTO, ma non lo rispettano affatto. Le uniche cause per concorrenza sleale vinte all’estero sono state quelle intentate dai consorzi del Parmigiano reggiano e del Brunello di Montalcino, guardacaso due consorzi di tutela nati negli anni sessanta, che, previa registrazione del marchio in quasi tutto il mondo, ottengono ragione. Brasile a parte, dove a Florianopolis producono anche la Barbera d’Asti (sigh!)
Quindi, a livello comunitario, ci si dovrebbe chiedere: ha senso stabilire DOP, DOC e quant’altro solo per i nostri mercati, se poi oltreoceano tutti fanno quello che vogliono? Io mi chiedo cosa gli europarlamentari abbiano fatto in questi anni nelle varie commissioni, perché la situazione , specialmente per l’Italia, é drammatica. Nel mondo Starbuck é sinonimo di caffé/cappuccino e Pizzahut di pizza !!
Tre anni fa, al VINITALY di Verona i cinesi hanno importato il Valpolicella bianco (che non esiste!)
La cosa più grave é che dopo 40 anni di lavoro all’estero, siamo ancora all’anno zero e gli incassi li stanno facendo gli altri….
esatto, Paolo – come dicevo in un altro intervento, e’ proprio la natura della regolamentazione US che e’ diversa da quella europea: in sostanza, si accetta il principio che se un prodotto ha simili caratteristiche organolettiche e gusto, allora puo’ avere lo stesso nome anche se fatto con ingredienti o procedure differenti dall’originale. E’ una roba assurda ! E non sono molti i produttori che hanno voglia di intraprendere queste crociate, purtroppo.
I produttori da soli possono fare poco, purtroppo. Se io producessi i “Tajarin ‘d Stefania” dovrei registrare il marchio in Italia, in Europa e con 3-4000 euro me la caverei ancora, ma gli altri uffici brevetti nel mondo mi stroncherebbero. Quindi se mi chiamassi Ferrero, avrei le capacità economiche per farlo, altrimenti mi devo accontentare di vendere tra Torino e Savona. Quindi deve intervenire il governo per tutelare gli interessi economici dei nostri produttori, é inutile che il ministro di turno si pavoneggi dicendo che in Italia non abbiamo giacimenti petroliferi, ma gastronomici perché tra un pò ci rimarranno solo dei mucchi di spazzatura e quella non si mangia…
quello che io non capisco (non avendo fatto studi di legge) e’ come non si possa fare comunque una class action contro queste imitazioni: d’altronde,gli US se devono fare cause non ci pensano troppo (vedi il caso dei fratelli Gallo contro il consorzio del Gallo Nero). Forse e’ piu’ un discorso di natura legale – ovvero di avere un ufficio legale degno di questo nome in EU che sorvegli costantemente i marchi. E anche questo e’ un fatto di cultura, in Europa non si intentano cause legali tanto facilmente come in US.
Ma vengono imitati anche prodotti di altri paesi? o è solo il Made in Italy che ha piu’ seguito?
@Stefania
Negli USA é più comune fare causa perché ci sono studi legali specializzati nei più disparati settori e la loro legislazione (con una ius legis diversa da quella europea) consente di usare come precedente le cause già intentate sull’argomento.
Per mia esperienza conosco solo uno studio legale di New York, che tra l’altro si occupa anche delle pratiche di etichettatura dei prodotti italiani, in grado di operare bene nel settore alimentare.
E comunque una loro consulenza costa dai 500$ l’ora in su…
@Gianna
Te lo immagini se qualcuno imitasse la salsa di soia o la barbecue sauce?
@Paolo – lo so, infatti – in US ci ho vissuto per 3 anni, ma la mia domanda infatti andava interpretata al contrario: ovvero perche’ in EU non si pensa ad avere un approccio simile (a prescindere dalla differenza nella legislazione). D’altronde la EU si e’ impegnata di recente in una battaglia importante: quella degli GM – nel senso che ha fatto di tutto affinche’ venisse passata la legislazione che obbligasse l’industria a dichiarare il contenuto di GM (cosa che l’industria americana non voleva fare perche’ la loro catena alimentare e’ diventata molto lunga e difficile da ‘tracciare’). Quindi, perche’ certe battaglie si e certe no?
@Gianna: tutto viene imitato – o per lo meno, proposto come ‘originale’ e vero – basti pensare ai tanti prodotti della tradizione ebraica (se non e’ kosher garantito sara’ una roba approssimativa, tipo i bagels dei supermarkets) o quelli della tradizione latino-americana. ovviamente in posti come New York, altamente popolati da italoamericani e ebrei, certi prodotti vanno per la maggiore – un esempio fra tutti…’pizza on a bagel’ – ovvero bagels tagliati a meta’ e tostati con sopra una specie di passata di pomodoro , origano e pseudo-formaggio. bleahhhhhh per non parlare poi dei ‘finti’ piatti cinesi
Mesi fa sono stata ad una conferenza con ospite d’onore Prof. Mintz – ci ha parlato a lungo dei ‘movimenti’ di gente e dei ‘movimenti’ di cibo. Interessantissimo sentirlo parlare della introduzione di alcuni alimenti (tipo il mais, il peperoncino e le noccioline – che poi sono dei legumi e non frutti secchi – etc) in Asia da parte dell’ US, e viceversa, ovvero, l’introduzione di alimenti in US da parte dei cinesi, che per l’appunto si adattarono a proporre solo certi piatti invece di altri, e per giunta cambiarono le loro abitudini alimentari. la cosa divertente e’ stato sentirlo parlare di come la cultura US abbia incorporato tutte questi nuovi ‘trend’ alimentari e li abbia fatte proprie, arrivando al punto di produrre casi legali per difendere, ad esempio, il nome della ‘pizza californiana’ etc etc
[…] alimentare nordamericano, il 73% dei prodotti italiani o “sounds Italy “sono falsi. Il Parmigiano reggiano è il piu’ contraffatto ma anche altri prodotti sono oggetto di imitazione, come la pasta, […]
“Quindi, perche’ certe battaglie si e certe no?”
Non saprei, so solo che la UE ha dei tempi decisionali lunghissimi.
Alcuni anni fa, durante un salone dei formaggi di montagna, parlai con il segretario francese della commissione UE deputata, il quale mi spiegò che non era possibile, come io chiedevo, stampare sulle forme un marchio di qualità tipo “formaggio fatto in montagna”, perché la UE non aveva stabilito a che altitudine fosse la montagna, rimandando tutto a decisioni interne alle nazioni. Col risultato che in Spagna gli alpeggi partono da 250 metri s.l.m.
Se tanto mi da tanto…
🙂 bella, questa della montagna….
comunque ora se ne vedranno delle belle, mi sa – per quanto riguarda l’alimentare qui siamo completamente invasi dal made in China e perfino alimenti che non ti aspetteresti mai (i pinoli sono un buon esempio)… e ora che certi prodotti diventano molto molto popolari in Cina – e il settore caseario e’ un buon esempio – c’e’ da aspettarsi mozzaLella e paLmigiano, mi sa…
un punto che trovo spesso nelle mie letture e’ il seguente: la grande industria investe tanto denaro in marketing e riesce nei suoi obiettivi perche’ da parte del settore pubblico non c’e’ la stessa spinta: non solo per quanto riguarda gli investimenti per se, ma anche per quanto riguarda l’uso delle tecniche di persuasione tipiche del social marketing…. in mezzo il consumatore si e’ gia’ perso fra i reggianiti e i raguletti….
I pinoli cinesi ci sono anche qui da noi, ma sanno di sughero!
Anche se ci cucini fai prima a non usarli, almeno risparmi.
Non voglio fare pubblicità, ma c’é una piccola azienda familiare, sono miei parenti, che si occupano di raccoglierli nella pineta costiera di Migliarino pisano, ex- riserva reale di caccia, ex tenuta presidenziale, oggi parco regionale.
Stefania, ti sei data da sola la risposta: la grande industria ricatta il governo, altrimenti minaccia di spostare gli stabilimenti da un’altra parte e poi ci tocca pagare la cassa integrazione.
In campo alimentare l’Italia ha la legislazione più rigida d’Europa e forse del mondo, però non viene mai applicata fino in fondo. Sarà un caso?
sui pinoli: e’ vero!! i cinesi sanno di rancido e poi tutti hanno una macchiolina sospetta. Quelli nostrani riesco a trovarli da un distributore italiano o altrimenti trovo qualche volta quelli importati dal Medio Oriente… entrambi sono mooolto piu’ cari ma almeno sanno di ‘pinoli’….
I veri pinoli di Pisa costano al dettaglio 4-4,50 euro l’etto.
P.S. A Londra é sempre in voga la pesto sauce sulle tartine nei bar degli aperitivi?
siiiii purtroppo!!!!!!! ma mica fatta con basilico etc ora ci mettono anche coriandolo e altre cose – e perche’, la mania (proveniente dall’America) di mettere il piattino con l’olio!!!? argh! Ma a me se anche mi capita di andare in posti che servono queste cose , non li considero italiani (anche perche’ sinceramente il pesto me lo faccio a casa d’estate)… I pinoli l’ultima volta li ho pagati £1.20 per 30 g.
[…] il falso Made in Italy in giro per il mondo, da Severgnini-addicted, e non solo perchè è interista come la sottoscritta, […]