Frutta snack reloaded-2

studentfutter

Ricorderete il post sul progetto Frutta Snack presentato qualche mese fa. Tra i commenti, è arrivato quello di Salvatore Facondini, uno degli imprenditori che rifornisce i distributori di snack con frutta secca o disidratata. L’ho invitato a raccontarci la sua esperienza.

Oggi Salvatore ci parla della sua esperienza personale, ci racconta della società della sua famiglia e di “Bon Fruit“, uno dei prodotti inseriti nei distributori automatici che aderiscono al progetto. Molto probabilmente se non avesse avuto l’opportunità di Frutta Snack, Salvatore avrebbe cessato la sua attività, ma questa nuova prospettiva gli ha dato il coraggio per continuare. La storia di Salvaltore è quella di un imprenditore che non si è voluto piegare alle difficoltà degli ultimi anni davanti alla aggressività dei centri commerciali e alle loro condizioni di vendita. Nata nel 1955, l’azienda Valisi per molti anni, ha confezionato frutta secca “classica” per poterla rivendere con margini dignitosi nel mercato locale. Dall’avvento della grande distribuzione le cose sono molto cambiate, i “mostri” del commercio -come li definisce Salvatore- hanno cannibalizzato il mercato e messo in concorrenza fra loro i produttori per migliorare i propri margini.

La storia di Bon Fruit inizia così: Per caso un giorno Salvatore visita un gestore locale di distributori automatici per presentargli i propri prodotti snack come arachidi, pistacchi, ecc.. Viene a sapere di Frutta Snack e del progetto dell’Osservatorio agroalimentare di Cesena volto a portare alle scuole cibi alternativi alle merendine conservate convenzionali. Si mette a studiare se può proporre un proprio prodotto per questo nuovo canale di vendita. Salvatore è partito esaminando altre iniziative di altri stati europei che come l’Italia sono impegnati nella ricerca di alternative agli snacks dolci e salati da proporre agli studenti. La sua attenzione cade su “Studentenfutter“, frutta secca a guscio ed uvetta. Dopo vari tentativi, e studiando altre combinazioni, ha ideato Bonfruit. Una tra le difficoltà più grandi è stato trovare frutta disidratata priva di anidride solforosa. Salvatore voleva questo prodotto e alla fine c’è riuscito.

Per quanto riguarda invece il rischio aflatossine, problema con cui si devono confrontare tutti quelli che producono e/o distribuiscono la frutta a guscio, Salvatore garantisce il consumatore in due modi: il primo è che ha scelto origini più sicure della frutta secca, si privilegia, quando possibile, la frutta di origine italiana (il prodotto viene stoccato in guscio e sgusciato solo quando è ordinato), il secondo è che nella miscela, solo una parte di prodotto è frutta a guscio e quindi piu’ sensibile a contaminazione. Le mandorle arrivano dalla Puglia, se manca la disponibilità, dalla California. Le nocciole provengono dalla Campania, in alternativa dal Lazio.

Ora il prodotto c’è, Salvatore è soddisfatto. Gli studenti gradiscono. Salvatore vorrebbe trovare nuovi sbocchi commerciali. Purtroppo non è facile investire in campagne promozionali. Salvatore ha puntato sul pay per click di Google che gli porta visibilità sebbene poi non si trovi il prodotto nel supermercato che chiede cifre troppo elevate (sui 5.000 € per inserimento del prodotto…nel punto vendita). Quello che si diceva prima, l’aggressività e le condizioni contrattuali della GDO e degli ipermercati.

Riusciamo a convincere Salvatore ad aprirsi un blog per parlare dei suoi prodotti e della selezione che viene attuata?


19 commenti on “Frutta snack reloaded-2”

  1. Stefania ha detto:

    storia interessante, grazie Gianna e grazie Salvatore. Una riflessione che mi viene spontanea (e magari se Salvatore ci legge puo’ risponderci?!) e’ se invece di far venire le mandorle dalla California, non sarebbe meglio specializzarsi in frutta secca dell’area del Mediterraneo seguendone proprio la stagionalita’. Qui in UK, ad es., la gente non ne puo’ piu’ di noci della California o peggio ancora, di pinoli e arachidi dalla Cina. Grande sbocco potrebbe esserci, ad es. per le mandorle fresche, che qui solo i verdurai magrebini vendono. Le bustine snack qui si vendono un po’ ovunque, spesso piene di sali (non sale marino) o zuccheri … e anche li’ la gente sta imparando a distinguere meglio…

  2. Grissino ha detto:

    Salvatore, facendo un prodotto di qualitá, deve venderlo in negozi specializzati che gli garantiscano anche adeguato margine. E se facesse delle miscele Bio? In ogni caso giá l’assenza di anidride solforosa potrebbe essere un buon biglietto da visita per i negozi Bio.

  3. Stefania ha detto:

    infatti, quello che dico anch’io – un prodotto di nicchia, che non ha bisogno di stare sugli scaffali 365 all’anno, ma che invece si proponga come prodotto di stagione…

  4. gunther ha detto:

    Inanzitutto non è che mi intendo molto di frutta secca, ma la soluzione della grande distribuzione non è la soluzione migliore, si pensa che la grande distribuzione sia garanzia di successo non è cosi; è come affittare uno spazio e mettere il prodotto, ma per essere conveniente il prodotto deve ruotare altrimenti non rende. La grande distribuzione è per i grandi numeri o se si decide di puntare su un solo mercato di un area ristretta, io vengo scelto e riconosciuto in una sola area, un punto di partenza. Le soluzione per Antonio quali sono ? Biosgan capire come il prodotto si posiziona rispetto ai concorrenti, dopodichè si possono fare tante cose cito qualche esempio per non tediarvi, in primo luogo le fiere per farsi conoscere nel settore della distribuzione, le regioni o camere di commercio acquistano spazi nelle fiere che rivendono, sia in italia che all’estero, a costo politico cioè al di sotto del costo reale per stimolare la crescita delle aziende e poi allenze commerciali con aziende che hanno già canali distributivi in italia e all’estero e operazioni di comarketing, curare il packaging e la comunicazione, non servono grandi cose, bastano poche cose semplici ma giuste, avere delle schede prodotto, il 50% delle aziende italiane non sanno nemmeno cosa sono, Antonio hai molte cose che puoi fare…

  5. Salvatore ha detto:

    Ringrazio Gianna per avermi riservato uno spazio in questo fantastico blog come ringrazio tutti gli intervenuti per i preziosi pareri. Rispondendo a Stefania, sono d’accordo sulle scarse doti organolettiche di mandorle californiane piuttosto di altri frutti provenienti dalla Cina. E’ altresì vero che in genere la frutta secca del mediterraneo è più buona ma attenzione perché in molti Paesi nord africani e medio orientali, le coltivazioni non sempre seguono delle procedure che limitano il rischio di contaminazione da aflatossine per non parlare poi della Cina dove a questo problema si aggiunge quello dei pesticidi. In Italia, come in Spagna i prodotti sono coltivati bene e quindi da preferire, quelli californiani sono in ogni caso molto sicuri e oggi più convenienti grazie al cambio favorevole. Per quanto riguarda i prodotti freschi, anch’io amo le mandorle verdi, ma non ho la struttura adatta per lavorare questo genere di prodotti. Sono felice di sapere che anche l’UK, mercato di riferimento degli snack “saporiti”, stia cambiando. In passato per questo Paese ho fatto delle mandorle californiane ricoperte di aromi e glutammato dove la scelta dell’origine californiana era d’obbligo per evitare che il gusto troppo forte della mandorla coprisse quello degli aromi (sintetici). Portare Bon Fruit in UK sarebbe come offrire una spremuta a chi beve whisky, potrebbe non essere capito.
    A Grissino rispondo che l’idea di passare al bio è un mio obbiettivo. Per ora ho preferito offrire un prodotto convenzionale buono e sicuro ad un prezzo non troppo elevato. Se in futuro i volumi di vendita dovessero aumentare riverserei le economie di scala certamente sul bio.
    Gunther, in effetti, con la grande distribuzione ho rinunciato, ho perso molto tempo per organizzare appuntamenti con compratori che pretendono prodotto e denaro, una formula di scambio che io non concepisco. Approvo la scelta di cercare canali alternativi. A livello di pack, schede tecniche, espositori da banco e supporti vari alla vendita non sono messo male, mi mancano solo i contatti con le persone giuste, qualche fiera potrebbe dare una mano come spero possa darmela anche questo blog magari letto da qualche operatore interessato!

  6. Stefania ha detto:

    ciao Salvatore – sono d’accordo su quanto dici, provo a darti un paio di idee:

    – e’ vero che nei paesi africani non c’e’ regolamentazione! lo stesso pericoloso ‘trend’ sta succedendo ora nel mercato ittico, che dall’Asia (fortemente inquinata) si sta spostando in Africa – pensa alle colture di crostacei in genere e di alcuni tipi di pesce tipo il tilapia che stanno arrivando in Europa. Pero’ puoi evitare il problema appoggiandoti ad un ‘action group’ che opera in Africa. Questi gruppi civili, non governativi, ad esempio quelli britannici, hanno avuto un grosso ruolo nel fare quello che le autorita’ locali non sanno fare: educare gli agricoltori, i contadini a coltivare senza usare ad esempio pesticidi e a seguire procedure che garantiscano una migliore sicurezza per tutti. Quindi se la cosa puo’ interessarti dovresti iniziare da li’.
    – il mercato dell’UK e’ ancora una semi-giungla per il discorso che dicevi tu: c’e’ troppo (parlo di frutta secca anche trasformata, coperta di cioccolato bianco e altre aromi artificiali) – ma allo stesso tempo secondo me c’e’ un vuoto per il prodotto di qualita’. Io posso se vuoi prendere nota di alcune marche di nicchia e farti sapere dove trovarli (per farti un’idea di chi vende cosa) – ma la cosa che ti suggerirei se vuoi commercializzare qui e’ trovare una formula che rispetti le seguenti :
    a) sostenibilita’ – qui e’ la parola numero 1 – anche il sindaco neoeletto a Londra ha messo su un gruppo che si occupa solo di questo a Londra!
    b) tipicita’ e biodiversita’ – ecco che essendo la tua ditta italiana, vendere dei prodotti solo dell’area del mediterraneo (che potresti commercializzare come facenti parte della dieta mediterranea) potrebbe essere la chiave giusta per entrare qui. Potresti riproporre ad esempio il pistacchio di Bronte… perche’ qui siamo invasi di pistacchi dal medio oriente, c’e’ solo questa varieta’
    c) garanzie di sicurezza alimentare che un prodotto made in Europe puo’ garantire
    d) non scordarti che qui in UK siamo in pieno ‘fair trade’ – ecco che il discorso di agganciarti ad un action group puo’ essere un’ottima idea…

    attendo di sapere che ne pensi

  7. gunther ha detto:

    Mi raccomando saltavore fiere business to business non fiere business to consumer non servono a niente, ottobre prossimo a Parigi c’e il Sial, ti scrivo un email

  8. Marco ha detto:

    Hai provato a contattare qualcuno del commercio equo e solidale in Italia? Potresti provare con Altromercato e simili.

  9. Stefania ha detto:

    Salvatore, se ti puo’ interessare qui a Londra ci sara’ a settembre questa fiera – forse ce la fai ancora … nel caso fatti vivo

    http://www.specialityandfinefoodfairs.co.uk/page.cfm/Link=8/t=m/goSection=3

  10. Salvatore ha detto:

    Buongiorno e grazie per la calorosa collaborazione. In risposta a Stefania, trovo i suggerimenti molto interessanti e credo applicabili anche il altri Paesi dove la sensibilità al bio e al solidale siano sufficientemente sviluppate. In questi giorni di mio “silenzio” in realtà ho dedicato una parte del mio tempo a cercare nei siti specializzati qualche informazione in più e devo dire che per quanto riguarda l’Italia, plus tipo bio/sostenibilità/ambiente/sicurezza possono essere ben accetti, mentre per l’equo solidale mi pare che i tempi siano ancora prematuri. Faccio queste considerazioni perchè l’obbiettivo e di studiare nel limite del possibile un solo prodotto per più Paesi e culture. Nei prossimi giorni cercherò di trovare il tempo necessario per lavorarci su. Ho visitato il sito della fiera e curiosato sulle proposte dei miei competitors. Devo dire che solo un espositore propone una gamma di prodotti sul genere del mio Bon Fruit. Forse perchè non c’è richiesta 😦 oppure solo un due a competere 🙂 ? Comunque vedo se c’è la possibilità di partecipare tramite camera di commercio contenendo quindi i costi. Lo stesso principio vale anche in risposta a Gunther. Conosco infatti molto bene il Sial come conosco, ed anche partecipato, al altre importanti fiere del settore come ISM di Colonia, MIA-Pianeta Birra di Rimini, CIBUS di Parma e devo dire che il rapporto fra spese sostenute e contatti ricevuti non è assolutamente conveniente rispetto a quanto si possa fare oggi tramite internet (come ad esempio in questa circostanza in cui grazie a voi stiamo producendo insieme preziose parole chiave che i motori indicizzeranno 🙂 )
    In risposta a Marco, come anche detto prima, ritengo che sia ancora presto per l’equo solidale in Italia, e comunque questo principio penso che in prospettiva sia più efficiente a società che intendano commercializzare prodotti finiti provenienti da Paesi poveri, e non ad aziende come la mia che fanno produzione e che si limiterebbero all’acquisto dei soli ingredienti.
    Infine, per ringraziarvi della collaborazione, vorrei farvi provare il mio attuale prodotto se mi fate avere un indirizzo dove poterlo spedire. Potete mandarmi una mail alla mia casella che è il mio nome seguito da @valisi.it (non lo scrivo per evitare che sia letto automaticamente da programmi che fanno spam).

  11. Gianna Ferretti ha detto:

    Bene Salvatore! il bello della rete è anche questo!

  12. Stefania ha detto:

    due domande a Salvatore:
    ma davvero, manderesti qualcosina anche qui? 🙂
    per quanto riguarda l’equosolidale: qui non ci sono solo i negozi Oxfam (che in verita’ hanno ben poco per quanto riguarda generi alimentari) – ma piuttosto, l’equo-solidale viene venduto da negozi di alto livello – (anche una catena di supermercati). Quindi nel caso decidessi per la fiera, fossi in te prima manderei anche un tot di email/invito ad una serie di buyers. Ovvero massimizzerei la visita – perche’ poi non e’ detto che chi conta si faccia vivo se non prendi i dovuti contatti prima.

  13. Stefania ha detto:

    ti traduco qualche notiziola presa da mintel – purtroppo non ho accesso agli ultimi reports – sempre che ne abbiano fatti –

    le vendite di frutta secca e semi e’ cresciuta del 34% fra il 2001 e il 2005 a £449 milioni e si prevede superi i £500 milioni entro la fine del 2006. Oggi i produttori si sono concentrati nella crescita tramite lo sviluppo di nuovi prodotti (NPD) e il miglioramento nel merchandising e distribuzione.

    Per quanto riguarda poi il mercato dello ‘snacking on the go’ e’ ugualmente in ascesa.
    Per quanto riguarda l’importanza dell’etichetta: oltre agli ingredienti e alle informazioni nutritive e le date di scadenza, ora i consumatori chiedono di sapere se i materiali usati per l’impacchettamento possono essere riciclati, da dove il prodotto venga e se e’ stato prodotto eticamente.
    Per quanto riguarda il fair trade: dal 2007 Sainsbury (catena di supermercati promossa da Jamie Oliver) ha annunciato che commecializzera’ solamente banane del mercato equo e solidale. Il mercato e’ cresciuto del 70%, circa 60% dei consumatori sono consapevoli del marchio, e circal’85% della parola ‘fairtrade’. Il mercato riguarda generalmente prodotti alimentari, ma sta gradualmente incorporando anche altri segmenti, ad es. il cotone.

  14. Salvatore ha detto:

    Stefania, certo che ho intenzione di spedire dalle tue parti! Inizierei con qualche confezione (gratis) per finire eventualmente con qualche camion (a buon prezzo)… 😉
    Grazie per le informazioni statistiche, mi mancavano. Io conosco un po’ la tendenza italiana che comunque rispecchia molto la tua. Dalle mie informazioni è interessante la previsione di un ulteriore ed importante sviluppo dei consumi di pasti “fuori casa”. Consumi che in parte saranno erogati, sempre con tendenza molto positiva, da sistemi di distribuzione automatica. Questo è anche il motivo per cui sto muovendomi in questa direzione (vedi ad esempio l’articolo redazionale pubblicato questo mese sulla più importante rivista italiana del settore http://www.vendingpress.it/ ).
    Sono convinto della bontà del fairtrade, soprattutto visti gli elevati indici di gradimento ma dovrei studiare un appostito prodotto che soddisfi almeno i requisiti di base. Spero di trovare il tempo per organizzarmi entro la fiera, immagino ci sia tanto da fare.

  15. Stefania ha detto:

    un’altra breve riflessione che ti passo volentieri riguarda una discussione avuta con una collega che lavora per un’agenzia simile a quella che citi tu (ma europea). Si parlava di cosa succedera’ nel mercato dell’alimentare qui in UK e ci trovammo d’accordo nell’osservare che con l’aumento dei prezzi legato al delirio degli incentivi per la produzione delle benzine verdi, il mercato dei commercianti – indipendenti ma anche supermercati ‘premium’ come ad es. Marks & Spencer o Waitrose – assorbiranno una parte dei clienti dei supermercati di fascia media. Chi invece faceva la spesa in questi ultimi, probabilmente finira’ ai discount (WalMart/Asda) etc. Penso che il discorso della distribuzione automatica di questo prodotto in particolare, Salvatore, potrebbe non funzionare per via delle noci – a causa di un vecchio caso legale legato alle intolleranze. Ma di sicuro avrebbe un buon esito proponendolo – gia’ cosi’ confezionato come lo vedo in questa foto pubblicata da Gianna – al mercato di nicchia. Ti sconsiglio Marks& Spencer perche’ non ti permetterebbero di tenere la tua marca, ma con Waitrose, ad es. si. E idem con Selfridges. E poi ci sono tutti i negozi indipendenti che penso potrebbero essere interessati.

  16. Salvatore ha detto:

    Ciao Stefania, le tue considerazioni non fanno una piega. Ho visitato il sito di Selfridges e mi pare che sia il cliente adatto. Domani invio una mail di presentazione dato che hanno un apposito indirizzo per segnalare nuovi prodotti. Che bravi! Dopo di che tenterò anche con Waitrose. Ti ringrazio ancora per i preziosi consigli che mi stai dando.

  17. Stefania ha detto:

    hai scritto l’email in italiano ? o hai qualcuno che te la scrive in inglese? perche’ potrebbe fare una differenza. se hai gia’ del materiale tipo piccole brochures scritte in inglese, puoi pure dire nell’email che gliela mandi insieme al prodotto per provare. Certo la cosa migliore secondo me sarebbe scrivere a quanti piu’ clienti puoi e organizzare un giro di incontri dove porti i tuoi prodotti e li fai provare. Penso che l’approccio personale potrebbe fare la differenza. In quel caso potrei darti diversi indirizzi in piu’, di negozi di nicchia. Ovvero, venendo qui di persona penso che avresti l’agenda piena 😀

  18. vanessa ha detto:

    ciao Salvatore
    ho appena scoperto questo bellissimo blog. Vorrei solo aggiungere una cosa alle considerazioni fatte da Stefania (e che vengono dalla stessa fonte :-). a una recente presentazione sulle tendenze sia food che non, si parlava del fatto che, in un mercato come quello inglese, la crescita esponenziale del healthy/fair food sta portando a un effetto paradosso. I grandi marchi stanno lanciando loro linee eque o green (con un qualsiasi claim naturali), portando a una riduzione nelle vendite di nicchia.
    Alla fin fine se trovo un prodotto naturale o etico al mio solito supermercato, perchè andare fino al negozietto oxfam o in un altro punto vendita?
    per cui non sottovalutare i mercati più piccoli come quello italiano perchè ci sono più possibilità per le nicchie.

    Invece per l’Italia hai provato a sentire le varie società che gestiscono mense e/o vending machine? (dove lavoro io ci sono i distributori di tale FMS – non conosco, ma in provincia di milano le ho viste in altre aziende e ospedali).
    e cambiando argomento … ma oltre a frutta secca a guscio duro hai già pensato a linee con cose vissute in maniera più salutista e più adatte alle donne sempre in dieta (non so, linea con prodotti ricchi di antiossidanti, mix con frutta ricca di vitamina, oltre a prodotti mediterranei anche cose tipo rosa canina o açai o goji (so solo che fanno bene,ma non ho idea che gusto abbiano gli altri due) etc?. oppure semplicemente riposizionare le tue linee di prodotti esistenti con diversi posizionamenti legati a vitamine/minerali/effetti benefici vari
    ciao a tutti
    V

  19. beh…qualcosa mi dice che questo blog sarà presto arricchito da informazioni riguardo i giochi “da strada” dei paesi del mondo da dove provengono i frutti che danno vita a Bon Fruit

    un saluto
    giorgio f reali


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