OGM e distribuzione

Prendendo spunto dalla affermazione che ‘non c’e’ mercato per prodotti senza OGM’ (si e’ parlato qui della differenza dei prezzi fra OGM e non OGM), volevo approfondire proprio la natura di questa differenza dei mercati. Propongo qualche dettaglio in piu’ nella speranza di fare il quadro un po’ piu’ chiaro.

Come si e’ accennato nel post, in alcuni paesi, ad es. l’UK, la grande distribuzione (ovvero le catene di supermercati) ha imposto il loro ‘no’ ai prodotti OGM. Sono stati seguiti molto velocemente dai grandi gruppi alimentari come Unilever e Nestle, e anche da catene fast food come McDonald’s alla fine degli anni 90. Facile capire come mai gli OGM siano andati a finire nel pasto degli animali in Europa. La crescente impopolarita’ per gli OGM, tuttavia, ha spinto anche l’interesse di alcune ditte nell’utilizzo di colture non OGM come mangime per i propri prodotti di origine animale (e.g. alcuni produttori di surgelati garantiscono che i propri polli sono stati nutriti senza OGM). Comunque, questo crescente interesse NON e’ stato soddisfatto dalla risposta nelle forniture. Questo e’ stato denunciato proprio da alcuni produttori in Europa alla fine degli anni ’90, ma non molto e’ cambiato in questi ultimi 10 anni.

Come mai, dunque?

Una fase molto importante dove si ‘decide’ la differenza dei prezzi e dei volumi e’ la fase della distribuzione ed esportazione di tali commodities. Come avviene la distribuzione? Ci sono fondamentalmente 2 diverse tecniche di distribuzione seguite:

1) separazione delle colture; questa e’ una tecnica comunemente usata nella distribuzione di diverse colture, ad es. mais e soya. Come funziona? semplicemente usando un’infrastruttura totalmente separata – silos, magazzini, navi etc.
2) identity preservation (IP) ovvero la conservazione dell’identita’ /integrita’ di una certa coltura. Questa tecnica e’ tipicamente usata per quantita’ relativamente piccole. In sostanza, la consegna non usufruisce di una nave o infrastruttura specifica, ma deve essere imballata separatamente dal resto.

Poiche’ circa 3/4 della produzione delle colture OGM – sopratutto soya e mais – avviene in US, il grosso della distribuzione avviene tramite Cargill e ADM (Archer Daniels Midland). L’intera filiera e’, insomma, estremamente concentrata proprio in questo punto (vedi grafico).

Cargill: i suoi interessi vanno dalla distribuzione dei semi alle aziende, al ritiro dei raccolti, al trasporto, lavorazione, esportazione, produzione di mangimi, allevamento e lavorazione di carni (per produrre altra carne), produzione e marketing di prodotti confezionati (pronti), servizi di consulenza, finanziari e professionali. Altri interessi: acciaio, sale, petrolio, presenza in Asia e Africa.

ADM: leggermente piu’ piccola di Cargill, ha una struttura meno differenziata, ma a livello di distribuzione di commodities, equivale a Cargill.

Tanta soya e tanto mais che passano dunque quasi esclusivamente solo per queste due societa’ – e’ facile quindi capire come mai arrivi in Europa e nel mondo tanta OGM piuttosto che non OGM. Cargill inizialmente rifiuto’ di distribuire non OGM, poi, messo sotto pressione, inizio’, ma solo tramite IP (il che porto’ ad una differenza sostanziale nei prezzi fra OGM e non OGM). Perche’ non usare la tecnica della separazione, dunque? Cargill si oppone per una semplice ragione, sceglie la strada piu’ ‘facile’ per i propri interessi commerciali. Sa che i consumatori in Europa non sono disposti a pagare di piu’ per i non GM (osserva l’andamento del premium non OGM centesimi / bushel per la soya non OGM), e inoltre e’ convinta che l’opposizione pubblica agli OGM prima o poi si calmera’. Ergo, e’ solo questione di aspettare.

Piccola curiosita’: Cargill fornisce colture non OGM al Giappone, e ora e’ in grado di distribuire i polli (tramite la sua sussidiaria Sun Valley), allevati senza colture non OGM senza alcuna differenza di prezzo con quelli ‘convenzionali’. Per queste ragioni, si pensa che la differenza nei costi extra fra i metodi di distribuzione delle due tipologie di colture sia in realta’ eccessiva ed ingiustificata.


3 commenti on “OGM e distribuzione”

  1. Oddio, gli espropri proletari di Chavez mi fanno ben più paura delle IP di Cargill.

    Il problema distributivo nasce da 2 fattori:

    1) costi maggiori per l’azienda che quindi separa le filiere a patto che il cliente sia disposto ad accollarsi i costi differenziali (se non voglio che i piselli pinco siano trasportati insieme ai piselli picchio – sono sempre piselli! – devo pagare 2 furgoncini invece di 1… se non sono disposto a pagare, vuol dire che non è un’esigenza abbastanza sentita. Separazione delle filiere a costo 0 non è possibile.

    2) Il vero mercato emergente (vedi nostro ultimo post su Brasile e Cina) è quello dell’Asia. I requisiti richiesti sono bassi e pagano bene… mi sembra già di sentire gli argentini e brasiliani: “che questi europei, inutilmente, schizzinosi s’arrangino a procurarsi le loro derrare ultracertificate. O pagano profumatamente per il servizio o altrimenti dirottiamo il tutto verso la Cina e buonanotte.” Giusto, no?

    Ciao
    BBB!

  2. Redazione ha detto:

    Che ne pensate delle recenti scelte della commissione europea in merito alle zone ogm-free ed alle etichette per i prodotti derivati da organismi OGM?

    http://www.ilfaromag.com/?p=1864


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