Starbucks. Il buono e il cattivo del caffè
Pubblicato: 2009/06/08 Archiviato in: Food blogs, Io lo leggerei 12 commentiUn libro su Starbucks? Esatto. L’autore è Taylor Clark, un giornalista d’inchiesta che per anni ha lavorato al Willamette Week, settimanale di Portland, città che insieme a Seattle è stata fra le prime investite dall’espansione di Starbucks. Clark ripercorre quindi la storia del brand, l’idea percorsa dal fondatore Howard Schultz, indaga in dettaglio la cultura aziendale, le cause della sua espansione e le ragioni per cui è amata e avversata in egual misura. Nel libro si trovano interviste ai protagonisti di Starbucks e ai suoi concorrenti, fra cui Illycaffè. Quali sono le ragioni del successo dei suoi prodotti, il latte e i frappuccinos?
Altri dettagli li trovate nel blog dedicato alla pubblicazione.
girando per new york, e assaporando i (buoni) prodotti di questa multinazionale mi sono chiesto molte volte perchè questo concetto di fast-caffè non abbia ancora preso piede in italia…
i prodotti sono ottimi, davvero, enormi, dolci, caldi, gradevoli.
poi ho pensato che in Italia al concetto di fast non si riesce ad associare il concetto di colazione, tantomeno il concetto di pausa-caffè.
il bar, la pasticceria, per gli italiani più che il momento fisico dell’assaggio di un prodotto buono, sono un attimo di relax, un’occasione per staccare dal lavoro.
se poi il prodotto è buono, tanto meglio.
quando starbucks capirà questo concetto conquisterà l’italia, e secondo me aumenterà le quote di mercato – già alte – dei paesi anglosassoni
non so se è molto pertinente con il tuo post, ma mi piacerebbe sapere come la pensi
buona serata
Davide
Non conosco i prodotti, comunque ho letto che Howard Schultz ha sviluppato l’idea proprio in occasione di un viaggio in Italia nel 1983. Fu colpito dalla diffusione dei caffè e decise di ricreare la caffetteria italiana. recentemente la pubblicazione Consumer Reports è arrivata a sostenere che il caffè di McDonald’s è migliore di quello di Starbucks. Sentiamo se qualcun’ altro conosce il prodotto e ha qualcosa da dire..io intanto studio le composizioni dei vari Lattes e frappuccini.
Avevo già scritto di quello al tè verde..
si, ad esempio il mc donald in galleria vittorio emanuele a milano di fatto fa quello che all’estero fa starb. ma con la qualità dei prodotti italiani (qualsiasi pasticceria di paese usa la stessa cura nella preparazione dei prodotti); però a starbucks servirebbe davvero un’impostazione meno fast
ps:
il cioccolato con panna e il frappuccino sono buonissimi!
io il fenomeno Starbucks l’ho proprio ‘vissuta’ per averne visto l’espansione in US quando ci vivevo. Vi do’ un’idea sul perche’ in Italia non decolla.
– il creatore non ha mai voluto aprire un singolo negozio in Italia (mi pare che l’altro luogo dove non abbia voluto aprire e’ la Mongolia) proprio perche’ sa che non potrebbe reggere la concorrenza del caffe’ in loco (l’ha proprio dichiarato il creatore). Parlo del caffe’ come esperienza, il posto dove lo prendi tutti i giorni e conosci la persona che te lo fa, perche’ se te lo fa male te lo rifa’ senza farti pagare
– le sue miscele di caffe’ non sono buone, il caffe’ sa di bruciato (parlo naturalmente dell’espresso)
– gli italiani in genere non berrebbero quei bicchieroni di ‘latte’ (ovvero caffelatte) – troppo grandi, Starbucks dovrebbe riformulare le dosi
– la pasticceria e’ di scarsa qualita’, non regge il confronto con la pasticceria artigianale. I croissants sono fatti in fabbrica e poi portati in negozio. Pero’ vengono commercializzati (inclusi tutti i vari tipi di caffe’ etc) come prodotti di nicchia. Sono cari! Proprio per questa ragione dopo la sua nota espansione ha iniziato una discesa abbastanza drammatica. Il tentativo di abbracciare la causa fairtrade come giustificazione per i prezzi alti non ha retto
– Starbucks si e’ posizionato come caffetteria di nicchia in un mercato, quello US, dove non c’era niente di simile. Inoltre ha proposto per la prima volta il caffe’ espresso ‘americano’ (mentre prima c’era solo quello filtrato, per berne uno simile a quello italiano dovevi andare nei ristoranti italiani). Quindi non solo ha proposto un prodotto nuovo, ma anche una moda, un fenomeno: nell’era pre-Starbucks nessuno manco sapeva pronunciare le parole ‘barista’, ‘latte’ o ‘ristretto’, usate nel menu’ dei negozi
c’è una puntata meravigliosa dei Griffin in cui si vedono centri commerciali in cui vi erano solamente negozi starbucks. vi assicuro che, tornando a new york a dieci anni di distanza ho potuto osservare che, se mentre prima, a prevalere erano i mcdonalds….ora ad ogni angolo ho visto degli starbucks!
comunque sia, stefania, secondo me è ancora la filosofia che sta a monte, come dicevo, del fast-food, o meglio, del fast-breakfast. In italia non esiste! in italia…colazione vuol dire prendersi tempo, dedicarsi a se stessi, staccare prima ancora di incominciare…
comunque sia, all’estero starbucks e mc mi salvano la vita quando ho voglia di riempirmi lo stomaco!
ciao
Davide
si indubbiamente in Italia non c’e’ la spinta ad andare alle 6 del mattino a lavoro (come si fa a NYC) e quindi l’esigenza di fermarsi a fare la colazione direttamente per strada portandosi dietro il latte di Starbucks perche’ non si ha tempo ne’ voglia di farla a casa. Comunque generalmente la gente si ferma al negozio Starbucks in altri orari, non in quelli da colazione; fra l’altro Starbucks ha sempre avuto due gruppi come target: quello delle mamme e quello degli studenti/professionisti di passaggio, offrendo poltrone e ambiente ‘children friendly ‘ (e’ stato fra i primi locali a vietare il fumo qui in UK) e accesso internet gratis per chi va con il laptop. In Italia il tempo per fare colazione con un buon caffe’ e un buon cornetto, con calma, si cerca sempre, la gente non va in giro cercando accessi internet all’ora di colazione (quanti alberghi ancora non lo offrono!) etc etc
Il successo di starbucks è legato al fatto che offrono uno spazio dove la gente può incontrarsi e stare a parlare a qualsiasi ora bevendosi una tazza di caffè e mangiando qualcosa a un prezzo decisamente interessante, il loro caffè per gli italiani non è il massimo ma c’è di peggio all’estero, anche la pasticceria non è eccelsa ma non vai li per quello, nei paesi del nord europa mancano dei luoghi di aggregazione e lo sono diventati i fast food per i ragazzini e starbucks per un target più elevato come mamme e studenti universitari ma anche anziani ho visto, leggi il giornali, ti colleghi a internet, c’è un clima tranquillo e sereno è più intrattenimento tempo libero che caffè, non sei cosi libero in altri locali come starbucks, ogni tanto se sono in giro ci vado, tra un appuntamento e un altro.
La prima volta che sono stato in USA l’impatto coi caffè beverone è stato terribile. non era Starbuck ma ero a Disneyland Anamhein in CA(ebbene si…) una amica mi disse: attento che è bollente. Io noncurante aspiro con la cannuccia, mi sono ustionato la lingua e ho riversato tutto in una figura poco edificante fra bambini urlanti :_). bruciore alla lingua per una settimana!
comunque, nel contesto medio che si trova in USA, uno Starbuck non è poi male, è uno dei pochi posti dove appunto puoi entrare, a volte sederti un po, almeno sul bancone, e sorseggiare un caffè o un caffelatte. non mi piace invece il frapuccino.
In Italia invece avrebbero ben poco successo, come poco ne hanno avuto i fast food italy&italy di tempo fa o i pizza Hut, altro cult di oltreoceano.
dimenticavo: l’impatto ambientale di un caffè. ed in particolare idrico: una tazza di caffè richiede, nella filiera, 140 litri di acqua. http://www.waterfootprint.org/?page=files/home
per non parlare di gas serra: lo scorso anno in Costa Rica ho preso una confezione di caffè equo-bio direttamente dal produttore, poi ho scoperto che era suo ma torrefatto nel Montana…
insomma, fatevi pure una doccia in più, ma rinunciate a una tazza di caffè e l’ambiente vi ringrazierà!
Noto con un certo stupore come la logica del bicchierone Starbucks abbia conquistato una delle più grandi aziende dell’ agroalimentare italiano….
Sei stata aggiunta tra le nostre ‘Alimat. Complimenti per il blog.
Roberta
Il motivo per cui starbucks non è presente in Italia è che la concorrenza di prezzo sul caffè è molto alta. Concorrenza di prezzo a scapito della qualità e del servizio: il mercato italiano vuole caffè servito in tazzine che a volte sono bollenti o sporche, caffè che a seconda di quando/dove viene fatto è più o meno buono, in locali spesso disordinati e disorganizzati, con dolciumi tutti uguali e senza molte varianti. Tutto questo però ad un prezzo basso.
Nel resto del mondo sono disposti a pagare di più per avere un ambiente più confortevole e pulito (wi-fi, poltrone dove sedersi per conversare, toilette pulite), personale meglio organizzato, una scelta di bevande calde vasto e di qualità costante, alimenti che vanno dal dolce al salato alla frutta alla bevanda energetica.
Aprire Starbucks in Italia sarebbe come aprire un campo da golf in Burkina Faso ….. un investimento disastroso.
Ma vedo che molti italiani sono orgogliosi dei caffè del “belpaese” e quindi credo che si meritino che starbucks non ci pensi nemmeno a venire in italia (come anche in mongolia)
Leggendo i vostri messaggi mi sembra di capire che i problemi di Starbuck in Italia non siano soltanto alimentari (bontà o meno del caffè o del beverone)ma forse potrebbero essere di altro tipo…
Avete scritto che nei paesi del nord europa e soprattutto negli USA, il successo di Starbuck è legato alla mancanza di luoghi di aggregazione dove intrattenersi, colloquiare, leggere il giornale e magari prendere un caffè… Semplicemente in America non hanno una cosa che noi (almeno nel centro e sud Europa) abbiamo, ovvero LA PIAZZA.
La Piazza per noi è qualcosa che va oltre la funzione urbanistica: è un luogo di aggregazione sociale, di ritrovo, di incontro sulla quale si affacciano le pasticcerie, i giornalai, i caffè, magari la chiesa, il comune e così via, ma che in ogni caso vive comunque di vita propria…
Gli Starbuck, i McDonald e i Centri commerciali in generale tentano di riprodurre negli USA il clima di aggregazione della Piazza… ma Grazie a Dio non ci riescono…