Food: Chef Fight Obesity through Offer and Demand


Si chiama FOOD ed è l’acronimo di Fighting Obesity through Offer and Demand, un nuovo progetto per sensibilizzare contro l’obesità e promuovere l’alimentazione equilibrata. Un altro progetto? già, ma stavolta gli interlocutori sono diversi da iniziative precedenti. Il consorzio vede infatti la partecipazione di diverse aziende sia pubbliche che private tra cui Accor Services, l’azienda dei Ticket Restaurant e si prefigge di coivolgere gli esercenti come baristi, ristoratori, aziende, chef. I due obiettivi principali sono:

-Sensibilizzare i dipendenti per aiutarli a migliorare la loro alimentazione.
-Migliorare la qualità nutrizionale dell’offerta lavorando con i ristoratori, cuochi e camerieri.

Qui trovate l’elenco dei partner.
Sono sei i paesi partecipanti(Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Italia, Spagna e Svezia) e in occasione del lancio dell’iniziativa, si è svolto il Road Show che ha portato il food bus a Parigi, Brussels, Stoccolma,Praga, Milano, Madrid.

Previsto un piano finale di valutazione e controllo alla fine del 2010.

Il progetto si può seguire sul blog e su Facebook dove ci sono già diverse immagini del road Show appena concluso.

Che ne dite delle proposte per la pausa pranzo di diverse figure professionali?

Errori di traduzione a parte, assolutamente da vedere il video di presentazione rivolto a ristoratori e chef. Se ne passa qualcuno, ci dice cosa ne pensa?


14 commenti on “Food: Chef Fight Obesity through Offer and Demand”

  1. Alberto ha detto:

    Curioso che per il muratore c’è spazio per la frutta, invece per il manager no… Personalmente trovo pressoché impossibile mangiare bene fuori casa nella pausa pranzo!

  2. bacillus ha detto:

    Ottimo post! Se non altro perché quando si arriva sul tuo blog ora non si vede più quell’orribile immagine!
    (scusa l’irriverenza… con affetto)

  3. Wyk72 ha detto:

    (A mio parere)

    Pro:

    – buoni obbiettivi
    – coinvolgimento degli “addetti ai lavori” ossia i ristoratori

    Contro:

    – linee-guida approssimative (e sempre quelle). Penso non “sensibilizzino” più nessuno.

    – certe iniziative, senza un minimo di coscienza alimentare non servono a un fico, o solo, se va bene, nel breve termine

    – il sovrappeso non si combatte solo con la qualità dei cibi ma anche e soprattutto con la quantità dei medesimi

    – senza attività fisica regolare è tutto un po’ campato per aria.

    Secondo me sarebbe più utile cominciare a fare dei veri e propri corsi di nutrizione di base a scuola. Farei stampare la parte del sito di Albanesi (www.albanesi.it) sulla nutrizione e la proporrei come libro di testo. Mi sembra un tasto più logico su cui battere, visto che anche questo blog parla di “incultura alimentare”, facciamo piuttosto “cultura alimentare” (o nutrizionale se vogliamo). Almeno nei fondamentali.

  4. Stefania ha detto:

    Bisogna capire il perche’ di queste iniziative prima di giudicarne la loro efficacia o meno. Dobbiamo quindi chiederci perche’ questo problema, l’obesita’ e il sovrappeso, sia importante a livello governativo e quale sia il ruolo della pubblica amministrazione – Leggiamo nel sito: Why is Obesity a public matter? perche’ l’obesita’ e’ un problema pubblico? per l’impatto finanziario che questa comporta (costi della assistenza sanitaria). Ma non solo finanziario: si parla anche di costi ‘sociali’, ovvero delle giornate di lavoro perse per curarsi dalle malattie croniche legate all’obesita’, o della stigmatizzazione del ‘grasso’ in luoghi pubblici come la scuola (con conseguenti problemi di bullismo e povero rendimento scolastico) o perfino della discriminazione sul posto di lavoro. Ed e’ in questo senso che lo stato non puo’ permettersi di abbassare la guardia. Gli approcci sono tanti e vari, e senz’altro la promozione di uno stile di vita sano e’ il metodo piu’ veloce per fare prevenzione e per parlare di certi problemi. Non importa fare discorsi troppo complicati per ‘raggiungere’ con questo messaggio ‘quel’ gruppo di popolazione e spingerlo a cambiare certi comportamenti. Perche’ pensare che queste iniziative non sensibilizzino piu’ nessuno? il governo e gli enti locali non possono permettersi di ragionare cosi’, perche’ i bambini di oggi saranno gli adulti di domani e … domani ci saranno le nuove generazioni a cui si dovra’ insegnare tutto di nuovo. Pensiamo un attimo a quando – anni fa – si era ostili all’uso della cintura in macchina. Si trovavano in vendita perfino le magliette con la cintura stampata sopra, per poter gabbare i controlli stradali. Beh, ora l’idea di viaggiare con la cintura allacciata e’ stata accettata, ce n’e’ voluto, pero’. La creazione di una cultura alimentare a scuola e’ fondamentale, non tutte le scuole pero’ riescono allo stesso modo e la competenza passa alle autorita’ locali con i limiti che possiamo immaginare, dalla mancanza di soldi (perche’ la regione ha deciso di spenderli diversamente, piuttosto che in palestre pubbliche) a quella di preparazione da parte delle persone preposte. Queste iniziative poi dovrebbero essere sostenute da altre iniziative che favoriscano il mantenimento degli obiettivi a lungo termine. Ma questa e’ un’altra storia.

  5. Wyk72 ha detto:

    @Stefania

    Guarda che io capisco benissimo tutti i “perché” e i “percome”, ma ti ricordo che le cinture di sicurezza in auto sono state rese OBBLIGATORIE, così come il casco per andare in moto (ai miei tempi andavamo senza).

    Pensi che la gente si sarebbe posta il problema se non ci fossero state le multe?

    Però la margarina ancora sta sugli scaffali, insieme a un sacco di additivi sospetti e prodotti iperlavorati, insieme a merendine e snacks ultraipercalorici affogati di zucchero. Con mega-distribuzione che spalma gli sconti al ribasso. Allora facciamo la “multa” a chi la vende stà roba: tassiamola al 250%, così ci ripaghiamo i costi sociali, no? Perché scaricarli sempre sulle tasse di tutti? Se li paghi chi li smercia. Le sigarette non sono tassate a morte ? Gli alcolici ?

    >La creazione di una cultura alimentare a scuola e’ fondamentale
    >non tutte le scuole pero’ riescono allo stesso modo e la competenza passa
    >alle autorita’ locali con i limiti che possiamo immaginare, dalla mancanza >di
    >soldi (perche’ la regione ha deciso di spenderli diversamente, piuttosto che >in palestre pubbliche) a quella di preparazione da parte delle persone
    >preposte.

    Allora, questo discorso lo trovo assurdo: perché quando si parla di istruzione i “soldi” non bastano mai?

    Il sito di Albanesi è GRATUITO per la maggior parte, per fare un esempio. Si potrebbe fargli scrivere un testo divulgativo più semplice, al caro Alb, e farlo pubblicare e metterlo tra i libri si testo, se non fossero mafiati questi ultimi.

    Tralatro Alb, laureato in INFORMATICA, SPUTTANA alla grande tutti i sapientoni nutrizionisti plurichimicofisicolaureati che si ammazzano di pippe sull’agar-agar per merenda,e ti fanno le spume aromatizzate al tartufo bianco di Alba, ma che non insegnano una ceppa di niente sul QUANTO e COME mangiare e cosa evitare.

    Se l’ha fatto lui DA SOLO, e con risultati eccellenti, secondo me, e SENZA soldi, come mai non si divulga UNA CEPPA di quello che dice lui, che è apolitico, ed equilibratissimo sul lato alimentazione?

    Inoltre il professore di scienze o chi per lui potrebbe mettersi a fare delle dispense, o si metta ad insegnare certe cose, ma per davvero, no “a pappagallo” su qualche “base ministeriale”.

    E basta con stè scuse dei SOLDI che non bastano mai: i libri costano centinaia di euro,pesano sulle spalle e sul portafogli, e la metà, su questi temi, sono da BUTTARE NEL CESSO. Meno libri inutili e più informazione vera.

    Io, al Liceo, me li ricordo i capitoletti sull’alimentazione dei libri di scienze: semplicistici, superficialissimi, manco un accenno alle calorie, a quante ne servono, a cosa fanno gli zuccheri ecc ecc. Accennavano appena al “mangiare meno carne, che potrebbe far male”. Era il 1989, tutti si strafogavano di carne, e i macellai facevano affari d’ORO. I soli snacks che trovavamo erano il MARS ed il TWIX. Ne abbiamo mangiati a quintali da ragazzini, facendo fare i soldi agli USA, poi (!). Mia mamma come scrivevo, ci faceva le crostate con la margarina idrogenatissima, e l’olio di mais “cuore” era “leggero per sentirsi in forma”. Certo. Leggero con le sue 900Kcal, come tutti gli oli.

    A me sembra tutto uno schema molto preciso per non pestare i piedi a chi ci fa veramente gli affari sul trash food, che è molto rivolto ai “giovani” che non devono capirci una ceppa e continuare ad ingozzarsi di schifo “tanto sono giovani”. O se non è uno schema, è scarsa attenzione a certi problemi.

    Un camioncino è pure carino, l’idea è simpatica ma cosa risolve? Secondo me poco.

  6. gianna ferretti ha detto:

    Di presentazioni di progetti ne ho viste tante, mentre stavo rileggendo il post mi è tornato in mente che una associazione degli chef europei era già stata coinvolta in un progetto europeo. A distanza di 2 anni il sito non è piu’ raggiungibile.

    era il 2007 e si scriveva: “La Commissione europea e Euro-toques International, l’associazione europea degli chef, hanno inaugurato “Minichef europei”, un sito web per bambini che intende contribuire alla lotta contro l’obesità infantile incoraggiando abitudini sane nell’alimentazione e in cucina.”

    http://ec.europa.eu/italia/attualita/archivio/salute/1129a552bfa_it.htm

  7. Stefania ha detto:

    C’e’ da chiedersi, Gianna, cosa ne e’ di quei bambini che sono stati conivolti nel progetto – una volta promossi e passati al livello di istruzione superiore, che e’ successo? cosa fare per ‘sostenere’ quanto appreso negli anni precedenti e far in modo che cio’ che e’ stato imparato venga praticato nella vita di ogni giorno? come aiutare i giovani a consolidare le corrette abitudini apprese ? Proprio quei giovani che, pur avendo accesso ad Internet e alla tanta informazione che viene fatta, finiscono poi per non far sport e a mangiare male… perche’, in sostanza, molti continuano a rivolgersi al fast food pur sapendo di sbagliare.

  8. Marco ha detto:

    Vorrei rispondere a Stefania visto che, avendo una figlia nel pieno dell’adolescenza, vivo personalmente il problema…

    Faccio parte di un G.A.S. (Gruppo di Acquisto Solidale) e con i miei amici ci facciamo “un mazzo così” per portare a casa prodotti biologici, freschi e sani… Per fare la spesa, che normalmente in un supermercato si fa in mezz’ora, perdiamo settimane fra riunioni, incontri con i fornitori, ritiro e smistamento della roba, valutazioni, discussioni, etc…

    Poi che succede? Torno a casa e mia figlia invece di mangiare la torta fatta in casa con gli ingredienti bio mangia le merendine, invece di mangiare la pasta integrale biodinamica va con le amiche al fast-food. E’ sconcertante: sa benissimo che cosa fa bene e che cosa fa male ma non le importa niente!

    I miei colleghi gasisti che hanno figli più grandi mi hanno consolato dicendomi che a quell’età è normale fare così, ma che facendo vedere in famiglia che le scelte alimentari sane sono altre, stiamo piantando un seme… In futuro anche gli adolescenti si ricorderanno di questa esperienza e cambieranno abitudini, lasciando fast food e tornando piano piano al biodinamico…

    Basta aspettare e se gli esempi in famiglia sono buoni (cibi sani, attività fisica, non fumo, non alcol, etc…) credo che i frutti prima o poi arriveranno (o almeno io ci spero).

    Penso però che questi compiti educativi spettino alla famiglia. Demandarli alla scuola credo che sia già meno produttivo, demandarli poi a chi fa del cibo un business sia solo un’operazione di marketing fine a se stessa… Alla fine chi avrà più ritorno saranno gli “sponsor” delle iniziative, piuttosto che i ragazzi…

  9. Wyk72 ha detto:

    @Marco

    Basta aspettare e se gli esempi in famiglia sono buoni (cibi sani, attività fisica, non fumo, non alcol, etc…) credo che i frutti prima o poi arriveranno (o almeno io ci spero).

    Penso sia forse l’unica cosa fattibile. Trovo il tuo approccio molto sensato e meritevole.

    @Stefania

    Proprio quei giovani che, pur avendo accesso ad Internet e alla tanta informazione che viene fatta, finiscono poi per non far sport e a mangiare male… perche’, in sostanza, molti continuano a rivolgersi al fast food pur sapendo di sbagliare.

    L’informazione è metà della mela, purtroppo…

    Chi non ha l’esperienza, per quanto sia dotto, ha la metà della scienza (Ettore Mazzucchelli)

    Io per esempio non mi sono messo a fare sport e dieta se non a 30 anni, con 38Kg di sovrappeso e uno stato di forma paragonabile ad una mozzarella di bufala.

    Ho recuperato la forma in 6 anni, è stata molto dura, ed ho maledetto agni gg la mia stupidità dell’essermi “lasciato andare” a 22/23 anni, agli eccessi alimentari e birrari.

    L’informazione in rete è stata un grandissimo alleato, ma da sola, chiaro, non serve a nulla.

    Anche sui pacchetti di sigarette c’è scritto a caratteri cubitali che “PROVOCA IL CANCRO”. Ed è informazione vera, molto succinta, ma vera.

    Se dopo serva da deterrente o meno, sta all'”utilizzatore finale”- qui entriamo nel ginepraio dell’etica e della morale (giusto/non giusto – buono/non buono).

    Però è importantissimo che ci sia, l’informazione, e che sia fruibile.

  10. Stefania ha detto:

    @Marco – intanto vorrei complimentarmi per l’impegno che mostri e che – sono sicura – prima o poi portera’ i suoi buoni frutti. E’ chiaro che le buone abitudini alimentari non si acquisiscono da un giorno all’altro, quindi e’ fondamentale che il messaggio venga reiterato giorno per giorno, e la famiglia e’ il primo veicolo di questo importante messaggio. Ma… che succede in quelle famiglie dove il genitore e’ assente? vuoi per motivi di lavoro o per altre ragioni? e che succede in quelle famiglie dove non c’e’ conoscenza alimentare, ne’ la curiosita’ o i mezzi intellettuali per andare a saperne di piu’? ecco che le iniziative pubbliche entrano in gioco. L’azione pubblica di informazione, in altre parole, dovrebbe essere complementare e di sostegno a quei genitori che da soli non ce la fanno. Questo anche perche’ lo stato e’ tenuto a prevenire quelle malattie che possono essere prevenute con una dieta sana e con stili di vita sensati. Il suo dovere di prevenire le malattie che tipicamente sono legate all’obesita’ e sovrappeso (ad es. malattie cardiovascolari e diabete) e’ giustificato da impegni morali (evitare morti premature e malattie invalidanti che hanno un impatto sociale enorme) cosi’ come di natura finanziari (il ‘peso’ che tali malattie crea sui conti pubblici e quindi su tutti noi).

  11. Marco ha detto:

    @Wyk72
    Anch’io, dopo un adolescenza da sportivo ho smesso di fare sport, mi sono dato ai birrini e al cibo “goloso”… Sono ormai più di 6 anni che faccio il podista e corro almeno 4 giorni a settimana (oltre 50 km a settimana)… Purtroppo ancora non sono rientrato nel mio peso forma, però per decidermi a dare una svolta alla mia vita… ci sono volute delle analisi sballate come montagne russe!!!!

    @Stefania
    Ma siamo così sicuri che lo stato si muova sempre per il bene dei cittadini ed abbia così a cuore la nostra salute? A me sembra che spesso lo stato segua più il business e le pressioni delle grandi lobbies, delle multinazionali e delle case farmaceutiche, etc… Credo che tu abbia una visione un po’ troppo idealistica dei doveri dello stato…

    Ad esempio, vieni a leggere sul mio sito le notizie sull’H1N1, sui vaccini e sull’unica persona al mondo (la Ministra della Salute Polacca) che mi sembra abbia detto la verità su questa pandemia…

  12. Stefania ha detto:

    @Marco – non e’ che abbia una visione idealista, sto cercando di spiegare certe dinamiche (non parlo specificatamente di un paese). Quando un organismo internazionale (WHO ad es.) pubblica certi dati e da’ le linee guida sta poi al governo di ciascun paese recepire il messaggio e passarlo poi agli enti responsabili del settore: transnazionale>nazionale>regionale>locale. Quindi, tutto viene delegato alle regioni, e le regioni poi si comportano di conseguenza – delegano a loro volta ad es. Ora molto spesso, oserei dire sempre, il governo si trova fra l’incudine e il martello nel senso che eticamente deve garantire quelli che sono i principi democratici come da costituzione (ad es. diritto alla salute) ma d’altra parte deve anche poter creare lavoro per tutti. Quindi dici bene, le scelte politiche non sempre hanno a cuore la salute dei cittadini (come dovrebbe essere), altrimenti l’urbanizzazione di certe citta’ non sarebbe come e’ … L’UK e l’US non sarebbero obese come sono ora se i rispettivi governi avessero portato avanti delle vere politiche agricole, invece di favorire le rispettive lobbies agro-industriali… e questo e’ solo un esempio. La promessa dei ‘nuovi posti di lavoro’ , tipicamente nei settori industriali, diventa facile propaganda elettorale, e questo succede ora pure in Italia come puntualizzavi tu. Pero’ in teoria lo stato deve garantire certi standard di democrazia ai propri cittadini. Se riesci a seguire in inglese, spiega molto bene la ‘storia’ della democrazia nei suoi principi di base Tony Benn (MP labour inglese), nell’intervista fatta da Michael Moore che trovi su you tube

  13. Marco ha detto:

    @Stefania, ti faccio alcuni esempi sull’intervento dello Stato per tutelare la nostra salute.

    1) Lo stato spende milioni per curare le persone che si ammalano per le conseguenze del fumo e dell’alcol… Lo stesso stato incassa però milioni sulle tasse che gravano su sigarette e alcolici. Prendi ad esempio la tv di Stato (Rai-tv): dopo che i tg della sera ci hanno informato delle stragi del Sabato sera, dei dodicenni dediti all’alcol, dei controlli di polizia etc… parte la pubblicità e che cosa propone? Amari, Brandy, Whisky…

    2) Lo stato dovrebbe tutelare la nostra salute abbassando gli inquinanti (polveri sottili) emesse dalle auto. Basterebbe avere trasporti pubblici efficienti e molte persone lascerebbero l’auto a casa… Ma lo stato incassa un sacco di soldi con le tasse sulla benzina, i bolli per le auto e le multe… Le persone che vanno a piedi o in bicicletta danno meno soldi allo Stato (e infatti qui le piste ciclabili sono un sogno).

    3) Un esempio alimentare (e forse anche uno dei più innocui). Dal 2000 è in vigore la direttiva 36/CE che autorizza l’uso di grassi vegetali diversi dal burro di cacao in misura non superiore al 5% del prodotto finito. Chi aveva bisogno di questa norma? Sicuramente non i cittadini golosi…

  14. Stefania ha detto:

    Sono d’accordo, Marco – vorrei aggiungere che gli esempi sono tanti … ad es. a proposito di obesita’: perche’ lo stato si impegna in campagne di prevenzione quando poi permette alla propria TV di trasmettere pubblicita’ di alimenti ‘sbagliati’, molte delle quali … rivolte a bambini? lo stato italiano comunque non e’ l’unico che ‘pecca’ in questo senso.


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