Olio di palma. Have a break

Sui principal social media non si placa, sotto l’abile regia di Greenpeace, la protesta contro la Nestlè. Tutto è iniziato con la pubblicazione del video diffuso da Grenpeace “Have a break with kit kat” in cui un impiegato al posto della barretta di cioccolato, addenta il dito di un orango, schizzando sangue sulla tastiera del computer. L’obiettivo dell’associazione ambientalista è mettere in risalto gli effetti della deforestazione che da anni è in atto a vantaggio delle piantagioni di palma da cui si ricava l’olio utilizzato come ingrediente dello snack. La Nestè ha dimostrato di non sapere gestire la vicenda ed è arrivata addirittura a oscurare il video su You tube. Brand reputation calata a picco in poche ore.

E’ arrivata poi la risposta della Nestlé, che incalzata dalla campagna di Greenpeace, ha annunciato di aver annullato i propri contratti per le forniture di olio di palma con la Sinar Mas, uno dei più grandi produttori di olio di palma e carta. La Sinar Mas ha espanso notevolmente le proprie piantagioni distruggendo le foreste pluviali dell’Indonesia e mettendo a rischio specie animali minacciate, come l’orango e la tigre si Sumatra.

L’olio di palma copre circa il 21% del mercato mondiale di olio edibile, è l’olio vegetale più usato dopo quello di soia. La Nestlè è stata presa come capro espiatorio visto che l’olio di palma trova numerosi altri impieghi, non solo in campo alimentare. Viene utilizzato anche nell’industria cosmetica. Con la dicitura grasso/olio vegetale, entra in molti prodotti di uso quotidiano come cioccolato, biscotti, patatine, gelati, oli, alimenti congelati, margarina, shampoo, cosmetici, saponi e detersivi. E’ impiegato anche per produrre biodiesel.

Si segnalano già iniziative da parte di alcune aziende per sostituire il contestato olio di palma. La Findus ha annunciato che sostituirà l’olio di palma con olio di colza. Anche la catena Casino ha annunciato la volontà di impiegare in futuro olio di girasole o di colza. Verranno idrogenati? non hanno certo la stessa composizione dell’olio ottenuto dalla palma.

Esistono altre alternative? Numeri e dati sulle piantagioni di palma nell’esaustivo articolo Catene corte e filiere lunghe: alternative all’olio di palma sul blog Meristemi.

Non avete visto il video? fa davvero impressione.

Fonte immagine


20 commenti on “Olio di palma. Have a break”

  1. franco ha detto:

    in Alto Adige funzione un teleriscaldamento con caldaie che bruciano olio di palma e viene considerato un impianto ecologico. Forse non si rendono conto di cosa comporti produrre un litro di olio e do dove proviene.

  2. […] This post was mentioned on Twitter by Tin Hang Liu, giannaBio. giannaBio said: Che impressione il video di Greenpeace. https://trashfood.com/2010/04/olio-di-palma-have-a-break.html […]

  3. Wyk72 ha detto:

    Video raccapricciante. Non sapevo che la questione avesse queste dimensioni: mi spiego molte cose adesso del perché venga utilizzato così massicciamente nell’industria del cibo. Ottima ed esauriente l’analisi di Meristemi. Non vedo però alcuna soluzione né a breve né a medio termine, onestamente. Troppi investimenti pesanti sul settore, le pressioni immagino siano alle stelle (mio parere personale, per quello che può valere).

  4. rosi ha detto:

    io sono stata più volte nel borneo malese. anche lì, la foresta è sacrificata alle piantagioni di palma da olio. ho percorso la strada dalla danum valley (dove c’è ancora foresta primaria: una cosa mozzafiato) a sandakan. sono km e km in un territorio deforestato, dove la palma da olio ha dato alla gente del luogo capanne lungo la strada con la televisione. una tragedia che per molti rappresenta il progresso.

  5. Stefania ha detto:

    la NASA ha foto che mostrano la deforestazione in questa regione

    http://visibleearth.nasa.gov/view_rec.php?id=3985

    oltre all’assurdo aspetto etico che menzionava Franco nel suo intervento, ci si scorda che i fumi causati dai fuochi per la deforestazione non possono essere delimitati, e di conseguenza l’intera regione asiatica circostante subisce un impatto ambientale non da poco. Chiunque faccia scalo a Singapore o Hong Kong, ad esempio, se ne rende conto dall’aereo.

  6. luca lombroso ha detto:

    La faccenda dell’olio di palma è nota da tempo, la segnalai anche a Che Tempo Che Fa, con riferimento ad un rapporto dell’UNEP http://www.unep-wcmc.org/resources/PDFs/LastStand/orangutanreport_1to11.pdf ricevendo mail di disapprovazione perchè smontavo i biocarburanti.
    Purtroppo difficilmente ci poniamo problemi sul costo occulto dei prezzi bassi, o sull’impatto globale di scelte locali, vedi caldaie ad olio di palma e biodiese.
    tornando sugli orango c’è anche un bel libro di un fotografo,

    http://www.angelidellaforesta.it/v2/
    veramente impressionante il video, ma come dico sempre ormai la sfida ambientale si vince così, sul piano comunicativo, con immagini forti come queste.

  7. francesca ha detto:

    Quello che a me lascia più perplessa è vedere che, a fronte di tanta documentazione sui danni ambientali e salutari dell’olio di palma, è contenuto in tantissimi prodotti bio…
    Fra

  8. gianna ferretti ha detto:

    Credo che non si debba generalizzare. L’olio di palma è importato da molti gruppi ed è probabile che le condizioni economiche e l’impatto ambientale differiscano.

  9. Stefania ha detto:

    uhm… cosa intendi quando dici ‘molti gruppi’? parli delle benzine verdi ? La filiera alimentare pare essere il driver maggiore, oltre ai bio-fuels (che pero’ ora non so ora come ora a che punto si confrontino con l’alimentare). Non c’e’ comunque solo la Nestle’ e il discorso etico dietro la denuncia riguarda quei (grossi) gruppi che acquistano questo olio senza curarsi della provenienza e dell’impatto causato nella sua produzione

    http://www.independent.co.uk/environment/the-guilty-secrets-of-palm-oil-are-you-unwittingly-contributing-to-the-devastation-of-the-rain-forests-1676218.html

    l’olio di palma si usa gia’ dal 2004 – Smucker Co lancia il grasso con zero transfats ‘Crisco’ – mischiandolo a olio di soya e di semi di girasole. L’olio di palma e’ la risposta al problema ‘trans-fats’, viene usato per la stragrande maggioranza delle ri-formulazioni alimentari, perfino nei Donuts. Se viene usato anche dal piccolo produttore che fa grissini o il famoso cioccolato spalmabile, vuol dire che e’ di facile reperibilita’.

  10. gianna ferretti ha detto:

    @stefania, mi riferivo alle diverse filiere, troviamo fornitori di prodotti diversi come “Organic palm oil, red virgin palm oil, Certified sustainable palm oil” e forse anche altri. Perfino hydrogenated palm oil.

  11. Stefania ha detto:

    @Gianna – ti ricordi il post su margarine e grassi? su come spiegavo che all’industria fa poca differenza se produrre l’uno o l’altro? stessa cosa qui. Nota che il biologico industrializzato (prodotto dalle ‘marche’, dalla grande industria piuttosto che dal piccolo produttore) viene prodotto dalla stessa industria che fa il non biologico. Perche’ , ad es. , il salmone bio ha iniziato ad avere una cattiva reputazione da diversi anni a questa parte? Per la stessa ragione: perche’ la sua filiera e’ gestita dagli stessi produttori del salmone non bio.

  12. laura ha detto:

    purtroppo noi consumatori abbiamo solo un’arma a nostra disposizione. informare e sensibilizzare quante più persone possibile su questi “crimini ambientali occulti” ed evitare di acquistare i prodotti di determinate marche. io da anni non acquisto nulla che sia della nestlè, almeno quando è possibile capirlo dall’etichetta perchè ci sono tanti prodotti che vedono coinvolta la nestlé ma noi non lo sappiamo. stesso discorso per tutti gli altri grandi marchi mondiali.

  13. gianna ferretti ha detto:

    Dove troviamo l’olio di palma? mai curiosato tra i prodotti consigliati per friggere? https://trashfood.com/2010/09/li-chiamano-prodotti-adatti-per-friggere.html

  14. A mio avviso tutte le volte che si fanno compagne promozionali per “aprire gli occhi” alle persone bisognerebbe anche cercare di fare capire quali siano le alternative. Ovvero se l’olio di palma non viene più usato occorrerà usare un altro suo derivato per confezionare quel prodotto e capire fino in fondo se quell’altro prodotto produca o meno nuovi danni all’ecosistema.
    D’altro canto se quel prodotto é indispensabile alla produzione di un bene di consumo di larga diffusione la cessata produzione non solo produce danni alle popolazioni che producono la materia di base ma anche a chi produce il prodotto finale con la conseguenza della chiusura degli stabilimenti e la creazione di nuova disoccupazione.
    Nel momento che una lavorazione ritenuta pericolosa o inquinante o devastante per l’ambiente andrebbe eliminata bisognerebbe indicare le alternative anche per le persone che le producono.
    Penso che dietro la produzione di olio di palma vi siano centinaia di migliaia di addetti. Blocarne la produzione significa anche lasciare queste persone senza lavoro. Le campagne indiscriminate senza pensare anche agli effetti sociali ed ai cambiamenti che producono nel modo di produrre di intere popolazioni andrebbero appoggiate da campagne tese a suggerire le alternative che, chiaramente, hanno dei tempi tecnici penso anche abbastanza lunghi per realizzarsi.
    Le applicazioni in campo energetico (riscaldamento)di certi prodotti ritenuti ecologici se non sostenute a monte con le giuste informazioni sui danni ambientali prodotti dall’impiego di quel carburante spinge involontariamente le persone ad usarlo convinte di contribuire al risanamento ambientale.
    Lo so che non è facile, ma la sola protesta e denuncia non basta. Bisognerebbe anche indicare le alternative altrimenti nelle persone pensanti si genera confusione e spesso anche qualunquismo e, certe campagne utili, invece di produrre un effetto educativo servono proprio per alimentare il gioco al massacro delle multinazionali.
    Scusatemi per queste mie note forse scoordinate ma il discorso è lungo (e lo capisco) ma occorre chiarezza fino in fondo altrimenti tutti siamo capaci di dire che anche la produzione di carbone in passato produceva deforestazione ed inquinamento. Ma al posto del carbone cosa si produce? E quali sono gli effettivi costi di produzioni di sostanze alternative e non inquinanti e rispettose della natura?
    Se scaviamo fino in fondo alla fine non potremmo fare nulla o mi sbaglio?

    • Casco De Panza ha detto:

      Non pretendo di fare discorsi globali, ma domando: perchè l’industria alimentare non potrebbe fare a meno di ri/formulare le ricette introducendo olio di palma che non era presente nelle ricette originali?
      Io personalmente ho notato come i prodotti dolciari artigianali a ricetta originale abbiano i loro gusti peculiari mentre quelli industriali ri/formulati alla fine sanno sempre lo stesso retro gusto di fondo (vagamente nauseabondo).
      Fino ad un certo punto non si faceva e di quell-olio non c’era domanda, e chi oggi lo produce faceva altro.

      Come mai scatta la richiesta di alternative solo quando si tratta di interrompere uno scempio ambientale e socioculturale, e questa richiesta viene sempre utilizzata per bloccare lo status/quo a favore degli sfruttatori che ne hanno gran guadagno?
      Come mai invece quando si tratta di scegliere una soluzione industriale non c’è mai un cane di nessuno che cerchi/richieda/proponga/scelga delle alternative in grado di salvaguardare pianeta e culture vicine e lontane, ma si va facilmente per la via del massimo profitto “sbattendosene” più che allegramente delle conseguenze per chicchessia, per le tradizioni culinarie e per il pianeta?

      Larga e lastricata d’oro è la via che conduce all’inferno.

  15. I blog lasciano il tempo che corrono. Sono in pochi quelli che riescono a sviluppare un discorso serio che produce degli effetti. In genere i blog si concludono con un intervento che poi produce solo silenzio! Appunto come il mio! Amen!

    • Casco De Panza ha detto:

      Amen fratello.
      Ma con tristezza, qualora il tuo argomento pro status quo non avesse trovato alcuno che ne volesse considerare i difetti, anzichè essersi più auspicabilmente esaurito il thread per mera stanchezza o puro caso.

      Non ti puoi attendere effetti eclatanti all’interno di un blog. Se ce ne saranno saranno prodotti dalla circolazione delle idee che qui avviene, laddove il confronto che qui ha luogo potrà spingere qualcuno a considerare un aspetto aggiuntivo di una questione, una differente prospettiva, ad approfondire il suo ragionamento, anzichè restare sulla pelle delle cose.

      I tuoi inviti a “considerare tutti gli aspetti” erano validi. Vogliamo rivolgerli anche a chi crea la domanda di certe materie prime spingendo di fatto certi paesi a mutare i loro assetti produttivi e sociali per sostenerla?

  16. Io sono d’accordo. Spero solo che chi crea la domanda di certe materie ci legga. Ma ho paura di no. Comunque, io ci ho guadagnato un “fratello”. E questo è già qualcosa!

  17. Va bene: ho sbagliato il nome. Ma fa nulla. Tanto si capisce che sono io!


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