Alfa amilasi. Una storia di farina, lieviti, enzimi e indici di qualità delle farine

Tra gli ingredienti di un Buondì, ho trovato l’alfa amilasi. Di cosa si tratta? di un enzima che idrolizza l’amido, ne abbiamo già parlato. Perché si trova tra gli ingredienti di un prodotto da forno? Questa è una storia di farina, lieviti, enzimi e di indici di qualità delle farine come l’indice di Caduta di Hagberg (FN,Falling Number).

L’impasto di base per preparare pane, biscotti, pasta e merendine consiste in farina, acqua, lievito, sale, zucchero e grassi. La farina contiene principalmente amido, proteine, zuccheri e grassi. I lieviti iniziando a fermentare gli zuccheri, producono alcool e anidride carbonica e queste modificazioni composizionali provocano l’aumento del volume dell’impasto. Durante la lievitazione si forma anche il glutine grazie alle interazioni che si creano tra le proteine presenti. Tutto qui? A quanto pare c’è dell’altro e nella panificazione sia a livello industriale che artigianale, o nella produzione di altri prodotti da forno, è anche una questione di enzimi.

Una lunga fermentazione permette ai lieviti di scindere l’amido in zuccheri, l’ alfa amilasi è un enzima che idrolizzando l’amido, produce maltodestrine e zuccheri semplici che vengono utilizzati dai lieviti per la fermentazione. Un obiettivo quindi dell’aggiunta dell’alfa amilasi è quella di accelerare la lievitazione.
Altri enzimi possono essere impiegati, basta dare uno sguardo ai numerosi studi che hanno investigato l’effetto dell’amilasi e di altri enzimi sulle proprietà organolettiche dei prodotti da forno e alle proposte di varie ditte che distribuiscono lipasi, xilanasi, proteasi e alfa amilasi. Tutti gli enzimi proposti ai panificatori direttamente o indirettamente modificano la composizione della farina,dell’impasto, del network del glutine che si forma durante la lievitazione e modificano la qualità del pane e altri prodotti.

Sull’alfa amilasi c’è altro da dire, è proprio valutando l’attività dell’enzima che si può analizzare la qualità della farina. Ho imparato diverse cose preparando queste righe. Ho letto che l’ enzima alfa amilasi è quindi incluso tra gli agenti che migliorano la lievitazione del pane e si colloca tra i bread improvers e tra gli “agenti di trattamento della farina”.

Ho imparato anche che l’ enzima alfa-amilasi è presente negli strati esterni del germe di grano. Pioggia,condizioni meterologiche avverse durante il raccolto possono causare danni al frumento e provocare il germogliamento dei chicchi. Quando avviene la germinazione, l’enzima contenuto nel chicco, entra in attività. Anche una piccola percentuale di grano germogliato (5%) può danneggiare la qualità della farina. Il parametro che può essere valutato per analizzare questi aspetti è il “Falling number, FN” (indice di caduta).

Qualche valore del FALLING NUMBER (FN, indice di caduta) :

FN > 300 attivita’ alfa amilasica molto debole

200 < FN < 250 attivita’ “normale”

FN < 200 attivita’ molto elevata

La farina è venduta con l’indicazione del “Falling number”. In sintesi se una farina ha una bassa attività, si può mescolare con altre ad attività maggiore in modo da ottenere una farina che abbia determinate caratteristiche. La quantità di enzima presente ha infatti un impatto diretto sulla qualità del pane prodotto. Le immagini che ho trovato sono eloquenti:

-I valori ottimali di FN per la panificazione sono compresi fra 200 e 250.

-Più alto è il FN, minore è l’attività alfa-amilasica della farina. Valori di FN maggiori di 300 indicano una attività alfa amilasica debole e si può intervenire aggiungendo malto o farine maltate, per incrementare l’attività enzimatica.

-Valori di FN inferiori a 200 sono tipici di attività alfa amilasica elevata e l’impasto di panificazione potrebbe risultare molle e appiccicoso.

Come si ottiene l’enzima?
l’ alfa amilasi è un prodotto biotecnologico ottenuto da colture fungine (es. dal fungo Aspergillus oryzae), o batteriche come il “Bacillus subtilis.”
La Novozymes è tra le aziende piu’ attive nel proporre enzimi da impiegare in vari settori. Esistono anche alfa amilasi che rallentano la retrogradazione dell’amido (anti-staling alpha mylase), e quindi aumentano la shelf-life dei prodotti.

Alcuni studi recenti hanno dimostrato che l’enzima potrebbe essere responsabile di allergie e di asma occupazionale nei lavoratori.

Fonti:

Parametri delle farine

Enzimi-e-biotecnologie-nella-vita-quotidiana-farine-e-amido-idrolizzato-enzimaticamente

Amylase

Practically edible.com

Exposure to inhalable dust, wheat flour and alpha-amylase allergens in industrial and traditional bakeries. Ann Occup Hyg. 2004 Jan;48(1):57-63.


19 commenti on “Alfa amilasi. Una storia di farina, lieviti, enzimi e indici di qualità delle farine”

  1. meristemi ha detto:

    Molti polifenoli sono in grado di inibire l’alfa-amilasi, stavo preparando un post proprio su questo e sulla presunta azione “antidiabetica” che viene loro ascritta talvolta. Mi chiedo però -da profano- come si risolva dal punto di vista tecnologico il problema nei vari prodotti lievitati addizionati di polifenoli di vario tipo. E’ per questo che aggiungono dell’enzime extra, per garantire un FN comunque adeguato?

  2. gianna ferretti ha detto:

    @Meristemi. Mi cogli impreparata, ai polifenoli sono stati attribuiti molti effetti, non avevo letto in precedenza del ruolo come inibitori dell’alfa amilasi. Sono usati come ingredienti per prodotti da forno?

  3. meristemi ha detto:

    C’è diversa letteratura, tutta recente. Per lo stesso motivo pare che il minore indice glicemico attribuito ad alcuni alimenti integrali o tisane e sia da attribuire all’inibizione dell’alfa-amilasi intestinale. Esistono alcune case che producono pane addizionato con estratti di tè verde, di olive, di mirtillo e mi chiedo se l’aggiunta di enzima può, per questi casi, ovviare a possibili problemi di FN. Probabilmente -ma dovrei parlare con i colleghi che qui si occupano di questo, la mia è un’illazione- anche nella panificazione con farine integrali la cosa potrebbe avere un certo effetto.

  4. Gianna Ferretti ha detto:

    @meristemi. Il minore indice glicemico attribuito ad alcuni alimenti integrali è stato attribuito in passato all’effetto esercitato dalle fibre sull’assorbimento del glucosio. Quindi ci sarebbero altre ipotesi, bene! a che quantità i polifenoli hanno questo effetto sulla digestione nell’uomo?

  5. meristemi ha detto:

    I due effetti si sommerebbero. Mi sto studiando la questione, è probabile l’uscita di un post durante le feste.

  6. Mauro Ronci ha detto:

    Ma che bel post! Alcune cose, sull’alfamilasi, non le conoscevo e quindi sono contentissimo di aver imparato qualcosa!
    Aggiungo una chicca: l’alfamilasi è un enzima che viene usato moltissimo come supporto alla lievitazione con lievito di birra. Quest’ultimo, infatti, non ha enzima che “semplifica” gli amidi. Ecco perchè spesso un pane a lievitazione naturale è più digeribile. Perchè il lievito naturale, al suo interno, già ha amilasi (ma pure proteasi…e altri enzimi). Per compensare questa “mancanza” del lievito di birra, aggiungono, appunto, alfa amilasi a go go. Il risultato però, come sempre, non è uguale.
    Un salutone a tutti, bellissimo post.

  7. Gianna Ferretti ha detto:

    Un tema interessante, di certo quelli che in passato erano descritti come fattori antinutrizionali oggi possono essere presentati in una prospettiva diversa. Penso anche ai fattori anti-lipasi.Attendo il post!

  8. Mauro Ronci ha detto:

    Non avevo letto con attenzione il commento di Meristemi. Molto interessante…attendo il post anch’io!

  9. […] bello del web è che parti da un argomento e tra i commenti scopri cose che non sapevi. E ti viene voglia di cercare e approfondire. L’altro […]

  10. Wyk72 ha detto:

    Da birraio amatoriale (che non vuol dire qualitativamente scarso, anzi!) posso dire che l’equilibrio dell’attività di questi enzimi (alfa amilasi etc) nella fase dell’ammostamento (“mashing”)era fondamentale per la resa qualitativa finale del prodotto…e si realizzava variando le temperature e modificando il ph.

    Interessantissimo post cmq.

  11. Antonella ha detto:

    Due domande sul FN.
    “La farina è venduta con l’indicazione del “Falling number””. E’ un obbligo di legge?
    E poi, quello sul FN è un discorso che vale anche per farine di cereali diversi come segale, il farro o il cd kamut?
    Grazie per la sua risposta.

  12. gianna ferretti ha detto:

    @Antonella. Il falling number si può valutare su diversi campioni di farina. Dalle mie fonti, intuisco che il valore FN è indicato nelle schede tecniche dei prodotti che arrivano ad aziende, panifici..Non l’ho visto indicato nelle confezioni tra gli scaffali.

  13. […] lettrice Tullia! Notato l’alfa amilasi tra gli agenti miglioratori della farina? è l’enzima di cui ho scritto qualche giorno […]

  14. […] » Blog Archive » Professione gastro-photoreporter: mangiare ad alta quota su Alfa amilasi. Una storia di farina, lieviti, enzimi e indici di qualità delle farineTrashfood » Blog Archive » Professione gastro-photoreporter: mangiare ad alta quota su […]

  15. walter frontalini ha detto:

    Bello questo post….. brava come sempre Gianna

  16. maurizio ha detto:

    sono maurizio, presidente dell’Antim (associazione nazionale tecnici industria molitoria): quante affermazioni giuste ho letto ma sostanzialmente non corrette!Mettiamo un pò di ordine:in tutti i capitolati industriali per prodotti da forno della grande industria di trasformazione il FN minmo richiesto è 240 sec. FN inferiori provocano enormi difficoltà di macchinabilità degli impasti anche perchè nell’ingredientistica e nelle ricette che adottano quasi tutti prevedono aggiunte di amilasi e cereali di frumenti maltati. Presa visione di ciò e partendo da un FN minimo di 240 secondi poi va detto che non si può parlare di un FN ottimale se non si definisce prima l’utilizzo. In una farina per lunga lievitazione (panettoni o panificazione mediante biga) non ha senso aggiungere zuccheri immediatamente a disposizione del lievito e poi “pretendere” la tenuta in lievitazione per 20, 24 ore! il Falling Number ottimale sarà quindi > 350 secondi. L’attività enzimatica ottimale delle farine dipende inoltre dalle pezzature, pani da 1 kg richiedono FN compresi tra 300 e 350 secondi perchè se inferiori la crosta colorerebbe troppo in fretta richiedendo la sfornata prima che la mollica sia debitamente asciutta. Mai troverete i valori del FN sulle farine nei supermercati mentre sono sempre citati i valori nelle schede tecniche. Ultima informazione: la visione corretta dell’attività enzimatica delle farine non si deduce con ll FN perchè valuta solo l’attivita delle alfa amilasi. E’ con l’amilografo che si vedono bene gli effetti nel tempo e con l’aumentare delle temperature. Valutare l’attività enzimatica solo con il FN richiede correlazioni complesse sul danneggiamento dell’amido che si ha con la macinazione, che invece agisce sulle beta amilasi. Si effettua sempre l’analisi del FN perchè molto veloce e comoda, inoltre lo strumento lo dispongono tutti mentre l’amilografo lo hanno in dotazione poche industrie molitorie. Ovviamente ho semplificato molto i concetti per non creare confusione. Chiedo scusa per il disturbo, mi sono imbattuto in questa pagina navigando alla ricerca di chiarimenti sulla retrogradazione dell’amido

  17. […] ricette. Pensiano anche ad argomenti legati alla composizione degli alimenti, all’uso di enzimi, additivi, al destino dei nutrienti durante la digestione e assorbimento ed effetti hanno sul […]

  18. Massimo ha detto:

    Una correzione: nei prodotti con il lievito madre l’utilizzo di estratto di malto o farine maltate è più importante che non nei prodotti con solo lievito compresso, infatti oltre ad avere diastasi nel panetto vero e proprio il lievito compresso, con i suoi enzimi, riesce a sopperire al suo fabbisogno di zuccheri semplici, il lievito madre ha due famiglie di microorganismi e senza un’apporto di alfa e beta amilasi “dal malto” difficilmente riesce a lievitare a modo.
    In ogni caso, gli ingredienti meno graditi a parer mio sono i monodigliceridi e gli oli vegetali di… boo non lo dice… a mio parere la diastasi, presente anche nella nostra saliva non è da demonizzare, almeno fino a quando ci sono gli altri ingredienti…

  19. Weon ha detto:

    Articolo molto interessante e integrato bene dai commenti.


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