Quando i grassi non bruciano

fisique brucia grassi

Vi ricordate di Fisique? Il drink che prometteva di farvi bruciare i grassi grazie ad una combinazione di diverse vitamine, sali minerali (calcio), estratto di tè verde altamente concentrato e un peptide bioattivo? ovviamente tutto combinato a una dieta nutriente, varia e bilanciata oltre a qualche attività fisica.

Ecco cosa ho trovato oggi nel sito della Exquisa.

Trovato la differenza? esatto! è scomparsa la frase Fisique aiuta a bruciare i grassi, infatti il messaggio è stato ritenuto ingannevole. Tutta la documentazione che ha portato alla sentenza definitiva la potete leggere qui


11 commenti on “Quando i grassi non bruciano”

  1. Giorgio ha detto:

    Ogni tanto qualche pubblicità ingannevole la “reprimono”, però leggendo bene la sentenza ho notato che il prodotto ha potuto restare sul mercato per ben 8 mesi, il tempo per poter “illudere” un pò di persone.
    Ovviamente se i tempi di reazione sono questi allora posso pensare di mettere tranquillamente sul mercato un prodotto con una pubblicità ingannevole avendo a disposizione una finestra “garantita” di 8 mesi !
    Tutto dipende se in quel periodo riesco a vendere abbastanza per coprire anche una eventuale multa e farmi una clientela sicura.

  2. gianna ha detto:

    Credo di averlo visto qualche giorno fa al supermercato, verificherò.

  3. paolo ha detto:

    Avrete sicuramente notato che qualsiasi pubblicità che sottolinea contenuti salutistici del prodotto o qualità eccelse di una sua componente contiene un messaggio ingannevole per il consumatore. Quindi il garante dovrebbe semmai dare delle linee da non oltrepassare e farle rispettare, non intervenire a posteriori.
    Se io dico che un autoveicolo consuma meno delle concorrenti della sua categoria, é verificabile ed ho fatto un confronto, ma se io dico che gli spaghetti xyz sono fatti con i migliori grani duri non vuol dire niente, millanto una qualità eccelsa non quantificabile, quindi inganno e magari anche doppiamente perché li faccio pagare di più rispetto agli spaghetti standard.

  4. gianna ha detto:

    Dobbiamo attendere ancora qualche anno per il nuovo regolamento sull’etichettatura.

    https://trashfood.com/2007/07/etichette-alimentari-il-nuovo-regolamento-europeo.html

  5. Dario Bressanini ha detto:

    Paolo: è più o meno quello che succede anche con i prodotti Bio, che non possono vantare di essere “meglio” degli altri prodotti, e quindi usano varie strategie pubblicitarie per far si che il compratore creda di comperare un prodotto intrinsecamente migliore

  6. gianna ha detto:

    @Dario, l’altro Campanaro, ogni tanto riemerge…:)

  7. Dario Bressanini ha detto:

    @Gianna: vero 🙂
    Ciao e Buona Pasqua 🙂

  8. paolo ha detto:

    Quello del settore biologico é una scandalo che tarda ad esplodere. Nel settore del vino, del quale ho maggiore conoscenza, le aziende certificatrici rilasciano il bollino bio solo se si usano i loro prodotti in vigneto, ma in cantina non ci sono restrizioni all’uso di prodotti chimici, come i solfiti per esempio. Questo si chiama ingannare il consumatore. Molti produttori hanno abbandonato bollini e diciture e si autocertificano raccontando come lavorano, con il risultato che dal ceppo del biologico sono nati 3 ramificazioni con rispettive manifestazioni di settore quali il biodinamico, i vini veri e la triple A (artigiani, agricoltori, artisti).

  9. Gianna Ferretti ha detto:

    le aziende certificatrici vendono prodotti? non conoscevo le manifestazioni sui Vini veri e con la tripla A.

  10. paolo ha detto:

    Sì é così, ma non faccio nomi qui. Alcune sono legate alla produzione vivaistica, altre alla chimica (lieviti e solfiti). Il mondo europeo del vino biologico si é spaccato in due alcuni anni fa: i biologici e quelli dei vini veri o meglio dei vini secondo natura. Questi ultimi sono viticoltori che hanno abbandonato la certificazione e seguono una propria strada strettamente legata al terroir ed ai vitigni autoctoni. Nella realtà sarebbero quasi biodinamici, secondo quel metodo di coltura totalmente naturale, ma i biodinamici, capitanati dal francese Nicolas Joly, sono più ortodossi: bando totale ai diserbanti, ai concimi ed ai trattamenti chimici nel vigneto, favoriscono la sola selezione massale delle piante oltre a proibire aggiunte di solfiti, filtrazioni e chiarifiche del vino. La dicitura Triple a é stata creata dall’importatore italiano che distribuisce in esclusiva i prodotti di alcune aziende biodinamiche, circa un centinaio e per la metà francesi. Io seguo da anni questi filoni e posso dire che alcuni di questi vini sono strepitosi. Nella maggior parte dei casi i produttori sono dei veri e propri personaggi, stravaganti come potevano esserlo Picasso o Moore e fare un giro nelle loro aziende é come viaggiare con la macchina del tempo, ecco spiegate le parole artigiano ed artista. Purtroppo, a parità di vitigno, le bottiglie costano il doppio o il triplo, ma la qualità, si sa, ha un prezzo e bere quei vini é un’esperienza unica.
    Per chi volesse approfondire:
    http://www.viniveri.net/Home.aspx
    http://www.vinnatur.it/

  11. Stefania ha detto:

    vediamo se riesco a tirare fuori un paio di idee. Sopratutto in risposta a Paolo quando parla del delirio delle autocertificazioni. Vorrei citare il lavoro di Hildyard che trovate qui

    http://www.thecornerhouse.org.uk/item.shtml?x=52022#index-02-00-00-00

    e che fa un punto molto importante: le politiche neoliberali vedono l’etichettatura imposta come un metodo ‘statista’ e pertanto negativo. Quindi l’introduzione dell’autocertificazione, in particolare di quella di tipo ‘ecologico’ e’ fiorita come approccio volontario che l’industria usa per entrare nel mercato, e da cui puo’ sempre ritirarsi quando vuole, vanificando il processo (ricordiamoci che lo stato ha bisogno dell’industria per assettare certi standard o raggiungere certi obiettivi e senza l’industria non puo’ fare molto) . QUesto meccanismo fornisce al produttore un discreto potere di contrattazione e purtroppo ha distorto l’azione positiva dei vari standards.

    Aggiungo che in generale le regole del libero mercato hanno portato l’industria a chiudersi in standards e certificazioni per rendere il proprio prodotto piu’ attraente rispetto ad altri. Il che, se ci pensiamo un attimo, stravolge completamente i principi base della conoscenza e della scoperta scientifica – ovvero, mentre un tempo il brevetto veniva applicato e l’invenzione veniva resa accessibile a tutti (pensiamo ad un’invenzione … banale, l’ascensore) , ora invece l’industria ponendo la propria marca e il proprio standard lo ‘protegge’ da imitazioni e dalla competizione. Questa e’ la grossa ragione che sta dietro a certi dibattiti alimentari, come ad esempio quello degli OGM. Alla faccia del libero mercato.


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