Olio di semi di soia OGM
Pubblicato: 2009/03/01 Archiviato in: Filiere, OGM 67 commentiL’unico ricordo che ho di prodotti ottenuti da soia transgenica in vendita in Italia, risale al 2004. Si trattava di un olio di semi prodotto dalla “Casa Olearia Italiana.” A seguito di proteste avviate da Greenpeace, l’azienda decise di ritirarlo dal commercio.
In seguito si segnalò una frode in cui secondo l’accusa, olio di semi di soia, anche geneticamente modificata, addizionato con betacarotene e clorofilla industriale era impiegato per fabbricare fraudolentemente olio extravergine.
E arriviamo a oggi. La prossima volta che acquistate un barattolo di filietti di acciughe sott’olio, potreste incontrare quella della foto e non trovare filetti immersi nell’olio di oliva come vorrebbe la tradizione, bensì olio di semi di soia e per giunta soia ogm. Grazie a Luca Lombroso per l’assist. Sarà un errore di stampa?
Comunque non dovrebbe sorprendere. L’UE non coltiva soia transgenica ma la importa da diversi anni. In prevalenza la soia importata è destinata a produrre mangimi destinati a pollame, suini, bovini, pesci o per produrre oli. Dai dati forniti dal Ministero della salute, che ha verificato la contaminazione relativa alla presenza di Organismi geneticamente modificati su soia e mais ad uso zootecnico importati nel nostro Paese, risulta che la presenza di OGM risulta confermata per il 91% dei campioni di soia analizzati e per il 12% dei campioni di mais.
È stato da poco pubblicato il rapporto sullo stato delle coltivazioni geneticamente modificate nel mondo, a cura dell’International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications. La soia risulta la piu’ coltivata tra le piante geneticamente manipolate. E’ stata anche la prima ad essere modificata negli USA. Dopo piu’ di dieci anni la soia Ogm è coltivata in nove stati, si tratta di soia prevalentemente resistente agli erbicidi, esempi sono la LibertyLink® della Bayer e Roundup Ready® della Monsanto resistenti rispettivamente al glufosinate ammonio o glifosate.
Recentemente la UE ha autorizzato l’importazione di soia OGM destinata all’alimentazione umana come la Bayer A2704-12 o la MON 89788 Roundup Ready 2 Yield(TM) della Monsanto. L’autorizzazione della soia Monsanto e Bayer, ultime arrivate sul mercato europeo, sarà valida per dieci anni, e comporta l’etichettatura obbligatoria di tutti gli alimenti prodotti dagli Ogm in questione, che lo contengano o che ne contengano tracce oltre lo 0,9%.
-Per quanto riguarda l’etichettatura, se una farina o un olio derivano da soia OGM, i prodotti devono essere etichettati.
-I mangimi dal 2004 devono essere etichettati se derivano da piante OGM (soia o mais) ma non i prodotti che ne derivano come latte, carne, uova ecc.
-Non è obbligatorio invece dichiarare se in alcuni processi produttivi si fa uso di microorganismi geneticamente modificati o enzimi derivati da lieviti o altri microorganismi transgenici.
Ma torniamo al barattolo da cui sono partita.
Quale delle diverse varianti di soia Ogm sarà stata usata per produrre l’olio? Durante il processo di raffinazione dell’olio dalla soia, i semi sono sottoposti a trattamenti con solventi e elevate temperature che danneggiano il DNA per cui è in pratica impossibile risalire al tipo di materie prime impiegate, come dimostra questo lavoro “Detection of DNA during the refining of soybean oil” pubblicato su Journal of the American Oil Chemists’ Society (2006).
Tag: Soia Monsanto Bayer olio di semi PCR Liberty Link Roundup Ready
Grazie Gianna per le precise notizie che hai aggiunto su questo inquietante vaso di, peraltro (prima di leggere, come faccio di solito) buone acciughe, che ora sono in frigo accuratamente sigillate in attesa di deciderne il destino. Mi è venuto il sospetto che, siccome erano in offerta, stiano cercando di smaltirle a prezzi di offerta, purtroppo non so dove rintracciare il venditore avendolo incontrato a una festa paesana dove venivano cotti i ciccioli in piazza, una vera “festa del colesterolo” ma molto flockloristica
http://www.italianodoc.com/eventi/2008/san.martino.ciccioli.htm
Aha ora capisco… devono essere il residuo invenduto e visto che le acciughe hanno scadenze bibliche… effettivamente é bruttissimo giá avere l’olio di soia anziché quello di oliva, ma per di piú OGM!!! Una vera fregatura comunque. Per curiositá, quanto te le hanno fatte pagare?
😛
In effetti Grissino, l’idea di usare un olio di Soia invece che di Oliva mi lascia perplesso dal punto di vista Gastronomico 🙂
Luca, certo che alla festa paesana, si fanno incontri impossibili…vai a fidarti.:-D
Bayer e Monsanto,alleanze.
http://www.foodnavigator-usa.com/Financial-Industry/Monsanto-Bayer-team-up-on-herbicide-tolerance
Come fa a finire l’olio di soya nella scatola di acciughe? passo alcuni dati cercando di descrivere i meccanismi del mercato di questa commodity.
I semi da olio in genere cosi’ come l’olio di palma e i loro derivati seguono i cereali nella lista delle materie prime (commodities) piu’ commercializzate globalmente. Parliamo di (FAO: 2003) US$51 miliardi all’anno nel periodo fra il 1995-2000. La produzione di semi da olio e’ aumentata nei primi anni del 2000 grazie all’espansione della produzione della soya, che e’ dunque diventato il piu’ importante seme per olii usato dall’industria. I maggiori esportatori sono il Brasile e l’Argentina (quest’ultima aveva superato perfino gli US in anni recenti). Poca della soya prodotta viene usata direttamente come alimento, la stragrande parte viene lavorata, l’olio viene estratto mentre il resto viene dato agli animali come mangime. Le aziende agricole sono ‘toccate’ e coinvolte da questo settore in due modi: come produttori (le politiche internazionali hanno favorito, con sussidi, questo boom) e come allevatori (in poche parole, danno da mangiare soya agli animali e quindi finiscono per dipendere da questo mercato). I maggiori importatori: EU, Cina, Messico e Giappone. Il commercio della soya e’ caratterizzato da una forte concentrazione – in poche parole, poche societa’ ne controllano la produzione e lavorazione.
Vediamo qui chi sono:
Bunge Limited (vendite nette di oltre US$14 miliardi nel 2001, presenza in 28 paesi). Bunge controlla Cereol, leader degli olii vegetali nel mondo e co-leader in Europa (vendite di E5.1 miliardi) Bunge, ADM e Cargill dirigono circa il 75% del mercato e controllano l’80% dell’industria legata alla lavorazione. Segue Dreyfus, che e’ il terzo maggior produttore in Sud America, che possiede e opera la fabbrica e il porto del fiume Parana in Argentina.
Cosa significa avere una cosi’ forte concentrazione del mercato? significa intanto che chi produce ha un forte potere d’acquisto, e che riesce a guidare i prezzi e l’andamento del mercato in generale. Questo succede sia per i mercati interni che per quelli internazionali – quello che intendo dire e’ che a prescindere dove queste societa’ siano, riescono a influenzare anche il mercato di altri paesi stranieri. Il meccanismo che si crea trae profitto dalle differenze nel prezzo, domanda di mercato, sussidi, tagli fiscali, manodopera e standard ambientali che inevitabilmente esistono di paese in paese. Ed ecco come mai la soya, che negli anni 80 ha goduto di una forte campagna salutistica a favore, e tutti i suoi derivati, arrivano ovunque a prezzi irrisori. Una tentazione troppo grande per il piccolo produttore che deve assemblare acciughe ed e’ attirato solo ed esclusivamente dal prezzo competitivo e dalle presunte buone qualita’ del prodotto (una volta trasformata … cosa rimane delle buone qualita’ ?) senza sapere neanche che gusto abbia l’olio o come sia stato trasformato/ottenuto.
Al supermercato la maggior parte di noi è abituata a leggere le etichette e a confrontare i vari prodotti. E’ possibile che in una sagra, ad una fiera o ad un mercato il nostro livello di attenzione si abbassi così tanto da farci comprare cose che con più calma non compreremmo mai?
Tutto ciò sarà dovuto al clima di festa, alla confusione, e/o all’impossibilità di chiedere al venditore di mostrarci il barattolo per leggere l’etichetta?
In generale mi è capitato di notare che spesso i banchi delle fiere, sagre etc… hanno dello scatolame in mostra di marche pressoché sconosciute che non si trovano nella grande distribuzione… Sarà un caso?
Ho letto sul blog di Lombroso che non è riuscito a contattare il produttore… Un consiglio: cominci a contattare l’ambulante, rintracciabile tramite il servizio commercio e annona del comune che ha organizzato la Fiera e poi risalga eventualmente ai distributori e grossisti etc…
@Marco
grazie del consiglio, posso provare anche se non sarà così facile,e in ogni caso direbbe che si possono vendere e non fanno niente, lo so già. l’etichetta riporta un generico “cons.Itt.sicil.” un indirizzo di aSPRA (PA), ma da pagine gialle ed elenchi on line non ho trovato nessuno a quell’indirizzo.
Mal che vada la festa ci sarà di nuovo il prossimo anno 😀
di solito guardo, ma in questa occasione non è stato così, un po’ per la fretta un po’ per l’acquisto fidty fifty con un amico, non ricordo il prezzo perchè lui aveva preso anche vari filetti di baccalà sotto sale.
volevo aggiungere un’osservazione al commento di Marco – la scelta al momento dell’acquisto non e’ necessariamente mediata dalla lettura dell’etichetta. Proprio in virtu’ dell’idea che ‘la soya fa bene, ergo pure l’olio e i suoi derivati’, c’e’ chi compra quel prodotto X dopo aver letto l’etichetta e senza porsi tante domande. E cosi’ che mi e’ capitato di vedere mamme comprare succhi di frutta con dentro farina di farro (usata come addensante/conservante etc).
Ultim’ora a proposito OGM, dal CorSera
No agli Ogm in Austria e Ungheria
Il Consiglio dei Ministri dell’Ambiente dell’Ue boccia la richiesta di abolire la moratoria
http://www.corriere.it/politica/09_marzo_02/ogm_voto_ue_570b4e34-0725-11de-99a0-00144f02aabc.shtml
Per chi fosse interessato segnalo che il 18 e 19 giugno 2009, a Urbino, si terrà la 7a Conferenza internazionale della Rete delle Regioni d’Europa OGM-FREE.
@Stefania,
come mi conferma un’amica che lavora nel mondo dell’allevamento e dell’alimentazione, la soia è ormai tutta OGM in qualsiasi parte del mondo e il mais si sta avviando a fare la stessa fine… In pratica la poca soia non OGM è ormai stata tutta contaminata dalla OGM…
Per farvi capire a che livello siamo arrivati vi racconto cosa è successo al G.A.S. che frequento. Nel gruppo d’acquisto ci sono alcuni amici che consumano tofu e seitan prodotto da un laboratorio artigianale noto e rinomato in tutta la Toscana per la bontà dei suoi prodotti (vi acquistano un sacco di GAS). Ad una delle visite che ogni tanto i gas fanno presso i produttori che cosa è stato scoperto, guardando le balle nel magazzino? Che la soia con cui viene prodotto il tofu è tutta di provenienza cinese…
Volevo portare il mio contributo al discoso acciughe-soia.
Ho notato che presso i grossisti di generi alimentari sono presenti i barattoli da 1-2 Kg di acciughe (anche a pezzi) e sono quasi tutte sotto olio di soia.
Molto probabilmente finiranno sulle pizze e simili.
Ho lasciato un commento stamani ma non è stato pubblicato: riprovo adesso.
@Stefania
Una mia conoscente, professionista che lavora nell’ambito dell’allevamento e dell’alimentazione, sostiene che ormai tutta la soia di tutto il mondo è OGM in quanto anche quella che in teoria non dovrebbe esserlo è ormai stata contaminata sui campi dalla sorella OGM. Secondo lei anche il mais sta facendo la stessa fine… Questo per dire che se un decennio fa alla soia si poteva associare la frase “fa bene” adesso è meglio associare la frase “è OGM”.
Nel GAS che frequento ho alcuni amici che comprano tofu e seitan da un laboratorio artigianale fiorentino che, a loro dire fa uno dei migliori tofu di tutto il Centro e Nord Italia e che serve molti Gas Toscani. Alcune settimane fa sono andati a fare una delle consuete visite che i gas fanno ai propri fornitori e sapete cosa hanno scoperto? Che tutte le balle di soia (certificate) nel magazzino del laboratorio artigianale erano di provenienza cinese…
Marco: non e’ una questione di contaminazione (i semi si ricomperano ogni anno dalle aziende sementiere, che siano ogm o meno). Il fatto e’ che in molte regioni produttrici di soia sino a qualche anno fa non era ammessa la soia ogm (brasile ad esempio). Siccome e’ piu’ conveniente per gli agricoltori (nonostante il prezzo maggiore dei semi), questi venivano contrabbandati dagli agricoltori dalla vicina Argentina dove invece era legale. Alla fine anche il brasile ha ammesso la coltivazione di ogm.
E’ sicuramente tecnicamente possibile una filiera della soia ogm-free, ma ovviamente costa di piu’, e al di la’ delle parole, non pare esserci un grande mercato per l’ogm-free, altrimenti non si spiega perche’ ad esempio la importiamo in grande quantita’ (quella ogm, non quella ogm-free) per i nostri prodotti DOP quali parmigiano, grana, prosciutto di parma e san daniele.
Pensa cosa succederebbe se con la crisi attuale del parmigiano se addirittura ti aumentassero il prezzo dicendoti che e’ “ogm-free”, cioe’ una cosa che, nel parmigiano, non ha nessun effetto organolettico o di qualita’ finale
Nelle Marche la legge Regionale 5/2004 vieta l’uso degli OGM per i mangimi. Controlli di secondo livello sugli agricoltori che hanno percepito contributi nel PSR 2000 – 2007 hanno evidenziato il rispetto della L.R.
@Marco – si, lo so la stragrande maggioranza della soya che c’e’ sul mercato e’ OGM – e hai ragione, cosi’ pure il mais di importazione. Qui in UK non si coltiva il mais OGM (mi pare non ancora almeno) ma in Francia si. Tornando al discorso del perche’ si ‘preferisce’ (nota le lineette) il prodotto OGM per l’importazione, e’ semplicemente per una questione di presenza sul mercato. Ossia, perche’ sui mercati c’e’ sopratutto quello, se i maggiori esportatori sono Brasile e Argentina, che producono soya OGM e’ ovvio che la stragrande quantita’ della soya importata in EU sia di quel tipo – le cifre parlano chiaro! Comunque, in rispetto ai diritti di scelta del consumatore, l’EU e’ ferma sul discorso dell’etichettatura OGM nei prodotti. Anche in questo caso, pero’, l’etichettatura puo’ non risolvere il problema della scelta ‘chiara’ al momento dell’acquisto, perche’, quando si tratta di prodotti raffinati (o mischiati ad altri), tipicamente di importazione extraeuropea, qualcosa di OGM riesce sempre ad entrare nella catena alimentare – in alcuni paesi la legge non richiede la descrizione nell’etichetta (ad es. in US non e’ necessario scriverlo se il prodotto tale ha ingredienti privi di organismi geneticamente modificati).
@Dario. Per quale motivo la soia OGM sarebbe piu’ conveniente per gli agricoltori (nonostante il prezzo maggiore dei semi)?
Gianna: infatti le marche non producono Parmigiano o prosciutto di parma 🙂
quei quattro DOP rappresentano credo il 90% della produzione DOP totale italiana. Dubito molto che l’emilia romagna o la lombardia approveranno mai una legge del genere 🙂
Gianna: tieni presente che tutti gli ogm oggi in commercio sono stati proprio pensati per dare un vantaggio all’agricoltore (non al consumatore) e questo per garantire una rapida diffusione, come in effetti è avvenuta, con una crescita a due cifre ogni anno.
Con gli ogm di tipo Bt l’agricoltore ha un vantaggio ovvio nel ridotto (o assente) uso di pesticidi con risparmi anche sull’uso del macchinario, carburante etc. Ma principalmente questi ogm vengono usati come “assicurazione” contro le pesti, che ridurrebbero le rese in caso di anno particolarmente infestante.
Gli ogm di tipo HT invece (resistenti agli erbicidi) convengono agli agricoltori perchè permettono di ridurre il numero di applicazioni di erbicida (uno o due invece di svariate applicazioni con erbicidi diversi). Il roundup, tra l’altro, è anche fuori brevetto e possono usare dei generici.
Una cosa che, a quanto pare, viene molto apprezzata dagli agricoltori americani che adottano gli ogm è però, sorprendentemente, una cosa non “monetizzabile”, e cioè il tempo libero maggiore che hanno a disposizione, visto che devono usare il trattore molto meno di prima, e che permette loro di usarlo in altro modo (sia per produrre altro reddito che come puro tempo libero)
Qui c’è un documento molto interessante dell’ARS, il servizio di ricerche economiche dell’USDA http://www.ers.usda.gov/publications/eib11/eib11.pdf
che fa il punto dopo 10 anni di coltivazioni ogm e racconta come e perchè gli ogm sono stati adottati dagli agricoltori americani.
@Dario,sui vantaggi concreti agli agricoltori, si potrebbe parlare a lungo. Io non sono molto convinta che sia così vantaggioso. E penso anche che certe scelte dovrebbero tenere in considerazione diversi aspetti. Un vantaggio per gli agricoltori? o per l’azienda che vende il glifosate? o il glufosinate ammonio?
Credo anche che ci sia un mercato per l’ogm-free.
Ci sono aziende che investono nella produzione di derivati (es.Lecitina o isoflavoni)
http://www.foodnavigator.com/Financial-Industry/Imcopa-to-supply-non-GM-soy-lecithin-direct-to-Europe
http://www.ingentaconnect.com/content/mcb/017/1999/00000099/00000006/art00003
beh, come sempre quando c’è uno scambio economico, deve convenire ad entrambi. Io non credo che gli agricoltori siano stupidi, e se ormai a milioni (se tieni conto di quelli di india e cina) li hanno adottati, e soprattutto continuano ad usarli, vuol dire che alla fine gli conviene. Credo che solo loro siano in gradi di farsi i conti in tasta. Nessuno mette ormai in dubbio che agli agricoltori convengano (nessuno studio serio intendo, non i proclami di qualche ong 😉 )
Il glifosate, come ti ho scritto, è fuori brevetto, e vengono prodotti vari erbicidi equivalenti generici. Per gli ogm Bt ovviamente non c’e’ nessun glifosate di mezzo perchè quegli ogm non hanno bisogno di pesticidi (o ne usano per altri tipi di insetti)
Il mercato dell’ogm-free esiste, ma è di nicchia. Se vuoi coincide con il mercato del biologico. Se convenisse di più stai sicura che gli agricoltori sarebbero ben contenti di guadagnare di più. Di fatto oggi se non ci fossero i contributi Europei o comunque pubblici per il biologico, questo non starebbe in piedi, a dimostrazione che questo mercato è comunque piccolo.
@Gianna – Negli USA l’agricoltura e’ la maggiore fonte di guadagno nazionale (per via delle esportazioni), quindi e’ stata tipicamente sostenuta dalle politiche del governo (in particolare i grossi produttori hanno sempre sovvenzionato le campagne elettorali di una parte politica). L’ottica e’ stata sempre quella di privilegiare il paradigma produttivistico – di premiare, insomma, con politiche di incentivi e sussidi, il volume piuttosto che la qualita’). Ed ecco come certe colture e certi metodi produttivi sono fioriti (proprio il caso di dirlo) in US piuttosto che altri (gli OGM rispecchiano proprio l’idea dell’efficienza del raccolto, non creano problemi, li puoi piantare vicinissimi nella filiera etc) e hanno invaso i mercati stranieri. Ed ecco come il produttore di soya o mais coltiva i suoi ettari ed ettari di terra ma ha gia’ ‘venduto’ il suo raccolto nei mercati globali dei futures, per gli allevatori di allevamenti intensivi. E’ in sostanza tutto un meccanismo estremamente efficiente ma sopratutto conveniente per quel tipo di agricoltore, incentivato da linee di credito e strumenti finanziari di varia natura.
La cosa interessante ora, dal punto di vista politico, e’ capire come e cosa fara’ l’agricoltura americana per diverse ragioni. Intanto per il fatto che l’agricoltura industriale e’ basata sul carbon fossile con i problemi che sappiamo legati all’andamento del petrolio, all’ambiente etc. Di contorno c’e’ poi il tentativo dell’attuale amministrazione di voler proprio scardinare questo flusso di denaro che dai grossi farmers (per grossi farmers intendo quei nomi che ho citato su, che gestiscono la produzione e la lavorazione di queste commodities in una struttura tipicamente verticale) va a finire alla politica. Uno dei problemi identificati dall’attuale governo, ad es. e’ il problema della concentrazione agricola (come spiegavo sopra nel precedente intervento) – che schiaccia economicamente e socialmente le piccole comunita’ rurali. Quindi sembra che lo sviluppo rurale che verra’ sostenuto d’ora in poi sara’ quello locale e di piccola imprenditoria, piuttosto che quello intensivo per l’esportazione, perche’ potra’ essere re-investito poi in attivita’ locali per il bene comune, cosa che invece non succede nell’agricoltura di tipo industriale. Inoltre la crisi del credito che ha scosso i mercati globali avra’ un impatto proprio su questo tipo di imprenditoria/finanza.
L’Europa, dal canto suo, ha da tempo riformato la CAP e quindi non e’ piu’ interessata al paradigma produttivistico, perche’ si e’ resa conto dell’impatto che tutto questo ha avuto alla salute (obesita’), all’ambiente etc – ma piuttosto a portare avanti un tipo di agricoltura che combini la multifunzionalita’ dell’azienda. Chiaramente, il ‘cambio’ e’ lungo e tutti i dibattiti ancora aperti.
Il mercato dei non OGM sta dando ottimi risultati perfino in paesi in via di sviluppo e poveri – secondo dati recenti la produttivita’ agricola di 286 progetti portati avanti in 57 paesi, e’ aumentata in media del 79% (Pretty et al., 2006). Parlo di pratiche utilizzate in Africa, America Latina e Asia. Questo tipo di agricoltura e’ possibile se sostenuta dalle politiche che privilegiano la sostenibilita’ economica, sociale, ambientale, e non solo l’opportunita’ economica di una parte.
Stefania: non ho mica capito cosa intendi per “mercato dei non OGM”. Tutto il resto è non-ogm, anche le mie zucchine. Cosa intendi di preciso? Ti riferisci a soia e mais? Non so in inghilterra, ma in italia alla borsa merci la soia ogm-free non costa molto di più
Agricoltura ecologica, ecco cosa intendo.
Per Dario, non sono affatto certa che ai contadini, anche americani, convenga di più la soia ogm di per sè. La politica ed i finanziamenti influiscono enormemente. La lettura di “Il dilemma dell’onnivoro” è stata illuminante sulla coltivazione del mais, per esempio, di cui aumenta di anno in anno la produzione e viene pagato sempre meno ai contadini, in un perverso circolo vizioso.
I sussidi in Italia ed Europa non vanno solo al biologico, anzi. Io sono di parte, ok, ma le mie tasse vanno anche a sostegno degli allevatori e dei grandi agricoltori non bio!
Conosci il NEIC? http://www.nutritionecology.org/it/news/stop_subsidies.html
La politica dei sussidi, e le sue conseguenze sul mercato globale, non è certo prerogativa del biologico…
Giusto la scorsa settimana ho letto su un quotidiano che lo scorso anno, in Italia, il consumo di prodotti biologici ha avuto una crescita del 5%. Il biologico sarà anche una produzione di nicchia, ma se in un periodo di crollo dei consumi riesce a crescere del 5% significa che la gente lo cerca e lo apprezza.
Se a questo aggiungiamo l’aumento dei farmer market, dei gas, del commercio equo e solidale, dei distributori di latte crudo e di altre forme di acquisto “alternativo” (tra cui anche il baratto), mi sembra che la nicchia si stia allargando…
Mammafelice: il fatto e’ che a dire che gli ogm non convengono solo ormai solo quelli che non li coltivano :-p o vogliamo supporre che qualche milione di agricoltori non sappia farsi i conti in tasca?
Il problema dei sussidi e’ di altra natura, io sto dicendo che ad alcuni agricoltori (ma non a tutti, dipende dalla zona) conviene seminare soia ogm invece che soia normale, o mais ogm invece che normale, a parita’ di sussidi che possono esserci. Ormai ci sono vari studi economici che lo provano.
D’altra parte se il mais e’ ormai utilizzato per produrre di tutto (e’ una fanstastica materia prima, checche’ ne dica Pollan, si ottiene di tutto) la soia non e’ facilmente sostituibile come mangime proteico. L’italia (e l’Europa tutta) la acquista in grande quantita’ e non potrebbe farne a meno, per i suoi allevamenti.
marco: indubbiamente la nicchia si e’ allargata, soprattutto da quando la grande distribuzione organizzata e’ entrata prepotente nel mercato del biologico. Sara’ curioso vedere quest’anno, dove ci sara’ una feroce contrazione dei consumi, quanto la gente sara’ disposta ancora a pagare di piu’ per avere prodotti biologici che, almeno per quel che mi riguarda, sono quasi sempre equivalenti a quelli standard
Il sistema dei sussidi favorisce certe colture piuttosto che altre (Institute for Agriculture and Trade Policy: 2007) , distorcendone il mercato e creando nuovi interessi economici (e.g. il mais destinato alle benzine verdi e’ una realta’ relativamente recente). Il mais – come d’altronde altre colture intensive tipo l’orzo – viene utilizzato dall’industria per farci qualsiasi cosa, certo, ma parliamo appunto di prodotti poi utilizzati dalla grande industria per dare valore aggiunto e alimentare altri segmenti produttivi.
Le farine di soya (proteina vegetale) hanno sostituito le farine ottenute da proteine animali utilizzabili come mangimi; il punto poi non e’ cosa sia meglio fra l’una o l’altra pratica, ma come mai questi mangimi siano stati introdotti, se non per dare forma al paradigma produttivistico a cui accennavo sopra, aumentare l’efficienza della catena, produrre piu’ carne e garantire proteine animali per tutti in un momento in cui lo si riteneva necessario politicamente.
Se parliamo di US, che ha fatto da forza trainante per il mercato delle commodities, e parliamo della soya (che da quanto mi risulta e’ GMO negli USA), parliamo di sussidi di questa portata :
Soybean Subsidies by year, U.S. Total (da http://farm.ewg.org)
Year Soybean Subsidies
1995 $241
1996 $0
1997 $0
1998 $480,126,119
1999 $2,490,877,291
2000 $3,003,939,376
2001 $4,307,339,757
2002 $670,836,288
2003 $1,141,506,239
2004 $913,622,392
2005 $588,606,840
2006 $642,848,198
Total $14,239,702,740
I sussidi per la soya sono anche inclusi nei seguenti programmi:
Program Total Payments
1995-2006
Loan Deficiency – Soybeans $8,791,849,946
Direct Payment – Soybeans $2,979,544,727
Oilseed Program – Soybean $1,314,513,267
Market Gains Farm – Soybeans $927,915,436
Market Gains Warehouse – Soybeans $190,948,721
Commodity Certificates – Soybeans $53,150,099
Counter Cyclical Payment – Soybeans $1,552,624
Loan Def. Refund – Soybean $0
Loan Def. Refund – Soybeans $0
Denied Market Gain – Soybean $-2,632
Direct Payment Violation – Soybeans $-67,764
Loan Def. Refund – Soybean $-523,354
Loan Def. Refund – Soybean $-902,076
Loan Def. Refund – Soybean $-18,276,256
Per quanto riguarda le contrattazioni di soya non GMO e GMO, mi risulta che la non GMO viene scambiata unicamente al Tokyo Grain Exchange – oggi, ad es. (con consegna a dicembre 2009) il numero di contratti in totale e’ 2400 (=24mm KG Non-GMO Soybeans) mentre 17000 sono i contratti di soya convenzionale – ossia GMO – (=170MM Kgs) – con una differenza di prezzo di circa il 25% – una bella differenza. Oggi la non GMO ha scambiato US$ 430.127 contro i US$ 346.844 della convenzionale. Il mercato della non GMO e’ dunque ancora di nicchia in termini di volume, il punto e’ … come mai? e la risposta che sento e’ la seguente: perche’ e’ la grande industria – gia’ avvantaggiata dalle politiche dei sussidi – che determina il mercato comprando solo GMO…
Beh, Stefania, in Italia la soia serve anche per fare prosciutti e formaggi 🙂 non trasferirei ad altri paesi delle motivazioni e considerazioni che sono prettamente americane (consumo di carne eccessivo compreso)
Sulla soia ogm-free non mi torna il ragionamento (comunque ti confermo che l’ultima volta che ho controllato la borsa merci di Bologna la soia ogm-free era solo pochissimo diversa da quella normale o ogm, ma non conosco la storia che porta a questi prezzi): la soia ogm-free esiste, e’ sul mercato, cosa impedisce ad esempio al consorzio del nostro Parmigiano di imporla da disciplinare? Tu dici che e’ la grande industria a “lasciarla” nella nicchia ma non vedo perche’. A mio parere il problema e’ un altro: a fronte di un costo maggiore dell’ogm-free sono solo pochi i consumatori che sarebbero disposti a pagare un surplus sul Parmigiano, ad esempio. Io sicuramente non lo farei. Non siamo nella situazione dei vegetali per cui il pomodoro biologico si avvantaggia del timore che quello convenzionale abbia dei residui di pesticidi. Qui stiamo parlando di mangime che solo dopo vari passaggi (biologici e industriali 🙂 ) finisce sotto forma di Parmigiano. Forse sarebbe anche impossibile capire, analizzando il formaggio, se l’animale sia stato alimentato a soia ogm-free. Quindi si tratta solo ed esclusivamente di un aspetto “psicologico”. Quanti sono disposti a spendere di piu’ solo per questo?
appunto ! il mercato dei prezzi e dei volumi e’ quello – cosa importa alla grande industria rivolgersi ad una commodity piu’ costosa? questo potrebbe succedere se venisse incentivato con strumenti finanziari o solo perche’ succede poi qualcosa di tragico (penso alle farine ottenute dalle proteine animali e la BSE etc ) che spinga la pubblica agenda a rivedere certi standards.
Come dicevo in uno dei primi interventi, alla fine e’ una tentazione troppo grande anche per il produttore piu’ piccolo (leggi: il rivenditore di acciughe della sagra paesana all’inizio del post) a cui non interessi fare il prodotto di nicchia o ‘speciale’ (perche’ magari e’ rassicurato da un’altra etichetta, ad es. una DOP nel caso del Parma o del Reggiano), usare, entro i limiti della regolamentazione vigente, quello che conviene di piu’ in termini di facile accesso e finanziari. Il prosciutto, di Parma, o il parmigiano, ad es. non sono piu’ neppure da considerarsi un prodotto di nicchia, temo. Certo che e’ un fatto pure di Consorzio, non c’e’ dubbio! d’altronde abbiamo appreso del recente accordo con McDonalds – un’accoppiata a dir poco strana… Ma non e’ il consorzio che decide il mercato della soya, semmai si adatta a quello che arriva e che e’ piu’ conveniente (se non erro sono diversi gli alimenti ammessi, non c’e’ solo la soya). Fra l’altro non so se i contratti di Tokyo consegnino in Italia, dovrei controllare. Inoltre anche la consegna deve essere organizzata dal compratore, cosa che puo’ scoraggiare certe operazioni e l’intero processo di contrattazione. Cambiare certe abitudini, come abbiamo visto, puo’ essere difficile senza i giusti incentivi…
un’altra cosa che volevo precisare – anche l’Europa, (non solo gli USA) ha portato avanti politiche orientate verso la sovrapproduzione alimentare, beninteso… il che ha portato anche qui ad un eccessivo consumo di carne e derivati del latte. Del surplus europeo e sui problemi che ha creato si e’ parlato in un altro post…
Stefania, non posso che quotarti. Senza entrare nel merito dei possibili benefici degli OGM (o rischi!), semplicemente le mucche del parmigiano mangiano quello perchè costa meno. Allora bisogna capire se costa meno perchè costa meno produrlo, o grazie alle sovvenzioni ed al fatto che è prodotto su largissima scala e che in Europa non può essere venduto ad uso alimentare diretto. Non so, non sono brava in economia. Però è certo che se si dovesse pagare il reale costo dei derivati animali, il parmigiano sì che diventerebbe prodotto di nicchia, altro che biologico!
Del resto determinate tipologie produttive offrono costi molto competitivi perchè ne esternalizzano molti (danno ambientale, sfruttamento dei lavoratori, danni alla salute a lungo termine), ma come si sa, nulla si crea e nulla si distrugge!
Il prosciutto ha un costo accessibile perchè pagano i maiali allevati in 16 in recinti di 4×4 m, pagano i cittadini che si trovano le falde inquinate dalle deiezioni, pagano le nostre tasse con i sussidi agli allevatori, pagano le nostre tasse per i danni alla salute da consumo di carni rosse conservate, riconosciute responsabili di gravi problemi (vedasihttp://www.wcrf-uk.org/preventing_cancer/recommendations.htm), ecc….
Infatti, mammafelice. La dinamica che si crea nella filiera e’ proprio quella; fra l’altro proprio il termine ‘commodity’ si riferisce per definizione ad un prodotto di qualita’ standardizzata dove l’unica valutazione che conti e’ quella del prezzo.
Forse sarebbe utile spiegare come funzionano i mercati internazionali di soia perche’ il prezzo domestico in Italia deve essere basato su quelli – non puo’ essere troppo distante, perche’ altrimenti gli operatori internazionali arriverebbero per fare dei profitti fino a che i prezzi (aggiustati per costi di consegna) non sono in linea con quelli internazionali.
Sulla piazza di Chicago vengono piazzate 3 tipologie di soia che sono ugualmente valide per la consegna di un contratto di 5,000 bushels (1 bushel=36.4 l)
(vedi link)
http://www.cmegroup.com/trading/commodities/grain-and-oilseed/soybean_contract_specifications.html
questi i tipi:
#2 Yellow at contract price,
#1 Yellow at a 6 cent/bushel premium,
#3 Yellow at a 6 cent/bushel discount.
Il compratore fa l’ordine, ma non sa quale delle 3 ricevera’, perche’ la decisione e’ di chi opera la consegna (che tipicamente fa parte della stessa famiglia del produttore – ad es. Cargill). Quindi la qualita’ e’ un concetto poco importante all’interno del processo di contrattazione.
Da allevatore ed agricoltore bio penso che le colture ogm o bt rappresentino un passo avanti rispetto alla medesima coltura in convenzionale , l’ uso del chimico e’sicuramente minore , visto che da 60 anni , dal ddt in poi , noi agricoli abbiamo contribuito pesantemente all’ inquinamento del pianeta .
rimangono , imo , 2 aspetti da considerare :
1) Non si conoscono gli effetti sugli umani di una alimentazione con ogm , quindi se applichiamo rigorosamente il tanto invocato ,per altre produzioni, principio di cautela della salute pubblica dobbiamo applicarlo rigorosamente anche in questo caso .
2) Le produzioni agricole sono in mano alle multinazionali ,aumentare il loro potere economico mi sembra francamente da evitare o perlomeno da non incrementare .
un esempio : in bio mais e soia sono colture difficili se non impossibili da fare senza ricorrerre al chimico , almeno dalle mie parti , esistono alternative come sorgo e pisello o favino , ma la ricerca in questo caso e’ prossima allo zero , non interessa , non c’e’ businnes per le multinazionali …
Il bio rappresenta , per il consumo , una nicchia in forte espansione, per la produzione un recupero di tecniche colturali di 60 anni fa utilizzando tecnologie moderne senza l’ uso del chimico, non dimentichiamo che fino a 60 anni fa il pianeta era tutto bio , anche se non certificato 🙂
non e’ detto che debba costare esageratamente di piu’ del convenzionale , i consumatori che preferiscono spendere un po’ di piu’ per un cibo senza ‘chimico’ sono in crescita .
Il produttore agricolo deve svincolarsi da logiche di mercato imposte da gruppi di potere il cui unico obbiettivo e’ il profitto o la speculazione e non la sopravvivenza del produttore , per questo ho scelto il bio e la vendita diretta , e speriamo che io me la cavo ! 🙂
Ma cos’è l'”agricoltura ecologica”? qualcuno me lo spieghi.
Se si intende le moderne coltivazioni convenzionali (non OGM) non mi paiono proprio ecologiche, l’ agricoltura biologica o biodinamica invece, a fronte di un minor impatto ambientale, comporta minori rese/ha, quindi a parità di produzione aumenta la superficie coltivata generando ulteriore impatto ambientale.
60 anni fa le rese erano un quinto di quelle attuali (anche non OGM), immaginate ad avere le stesse rese di allora con il fabbisogno moderno, pensate che ci basterebbe l’attuale superficie coltivabile?
Per quanto riguarda le multinazionali, perseguno il profitto, come anche l’agricoltore, il quale trova migliori gli incroci fatti dall’industria semntiera rispetto ai propri e trova più conveniente pagare ogni anno le semnti che perdere parte del raccolto. Qualunque agronomo vi dirà che anche per i non ibridi non è consigliabile riseminare il raccolto dell’anno prima, pena il possibile diffondere di infezioni (tanto per fare un esempio)
Gli OGM (BT e HT) sono sul mercato alimentare animale et umano da diversi anni (anche in Europa, come dimostra anche il vasetto di acciughe!) e nessuno ha mai documentato problemi legati al suo consumo, ne gli allevatori mi pare che denuncino problemi di salute nei propri animali alimentati quasi esclusivamente con soia OGM.
La tua domanda, Stefano, e’ importante e la si puo’ porre in altri contesti – ad es. qui in UK ancora non si e’ definito con precisione cosa sia il ‘locale’ – ovvero, ci si riferisce ai prodotti coltivati nel raggio di 30 miglia, o a quelli regionali, o nazionali o a quelli Europei? Ho usato sopra il termine agricoltura ecologica, ma avrei dovuto usare ‘sostenibile’, perche’ ora il dibattito politico si sta spostando piu’ verso questo concetto.
E’ noto, infatti, che qui in UK cosi’ come negli USA il ‘biologico’ (= organic) non e’ necessariamente un prodotto di qualita’, perche’ il biologico viene sopratutto importato da oltreoceano, include inoltre tanti prodotti raffinati, e la grande distribuzione si e’ in qualche modo ‘impadronita’ di questo segmento. Dirai: cosa impedisce all’azienda locale di produrre biologico? vero, ma non tutte lo fanno perche’ mancano gli incentivi finanziari e politici – il governo, in poche parole, ha deciso semplicemente di dare un aiuto all’agricoltura in generale e basta, perche’ qui si parte da una base molto scarsa (tanta terra inutilizzata, altra, invece, lasciata al degrado di chi per anni non ha pagato esternalita’). Quindi qui la cosa importante era ‘iniziare’ in qualche modo a dare impulso a questo settore.
Ma torniamo all’idea della sostenibilita’ – si tratta di un concetto che incorpora non solo l’ambiente, ma anche l’impatto che certe decisioni legate ai metodi produttivi hanno a livello sociale e culturale, sulla salute e naturalmente pure economico. Tante aziende agricole qui in UK hanno fallito (e tanti sono stati i casi di suicidi fra i proprietari delle aziende) perche’ nei decenni scorsi non sono stati sufficientemente ascoltati / incentivati dalle scelte politiche, che hanno preferito privilegiare un’agricoltura di importazione. Se hai tempo e voglia, parlo di questi concetti in una serie di interventi che ho scritto sulla filiera del gambero su questo blog.
Il punto è che di cibo ce ne sarebbe già a sufficienza per tutti! Se consideriamo quello che va a nutrire gli animali ce ne è d’avanzo! Quindi il problema di incrementare le terre coltivate è un falso problema, dovremmo risolvere la distribuzione e la concentarzione di ricchezze e poteri. In questo senso le poche multinazionali che hanno in mano il grosso della produzione, sopratutto ogm, sono un pugno nello stomaco… Ma qui lo so che sto divagando!
@Stefano
>Ma cos’è l’”agricoltura ecologica”? qualcuno me lo spieghi.
non esiste , tecnicamente esiste la convenzionale ( uso del chimico ) , la biologica ( no chimico ) e la biodinamica ( no chimico )
>comporta minori rese/ha, quindi a parità di produzione aumenta la superficie coltivata generando ulteriore impatto ambientale.
e iepperche ?
L’obbiettivo non e’ di avere le rese di 60 anni fa , ma di utilizzare le tecniche di 60 anni fa , senza chimico , implementate dalla tecnologia moderna . Non si arriva alle rese del convenzionale ma si preserva l’ ambiente da ulteriori immissioni di chimico .
La fame nel mondo non credo derivi solo dagli ettari seminati o dalle rese per ha , ma da aspetti politici economici, se tutto il cibo che sprechiamo noi occidentali fosse meglio utilizzato di fame nel mondo ce ne sarebbe molta meno .
L’ agricoltore ricerca un reddito per se e per chi lavora per lui , che gli consenta di vivere dignitosamente e rimanere sul territorio , non ricerca il profitto come una multinazionale come la Sygenta o la Cargill !
Attualmente con la globalizzazione i prezzi del mais o del grano hanno durante la stagione degli sbalzi speculativi impressionanti , raramente verificatisi precedentemente , mettendo in difficolta’ tutta la filiera .
L’ anello + debole chi e’ ? chi produce !
>Qualunque agronomo vi dirà che anche per i non ibridi non è consigliabile riseminare il raccolto dell’anno prima, pena il possibile diffondere di infezioni (tanto per fare un esempio)
Gli agronomi dicano quello che vogliono , io risemino anche per 3 anni sementi come orzo o loietto o medica , senza problemi . ma Madre Natura come fa ? non ha agronomi consulenti … 🙂
OGM – principio di precauzione della salute pubblica , vale anche per loro …
@Biola:
>non esiste , tecnicamente esiste la convenzionale ( uso del chimico ) , la biologica ( no chimico ) e la biodinamica ( no chimico )
X correttezza i disciplinari biologici prevedono l’uso del chimico (seppur entro certe soglie) non conosco onestamente quelli per il biodinamico.
>comporta minori rese/ha, quindi a parità di produzione aumenta la superficie coltivata generando ulteriore impatto ambientale.
e iepperche ?
Perchè se la produzione di un ha convenzionale è 100 e quella di un biologico è 80 per ottenere 100 dovrò coltivare 1,25 ha di biologico
>L’obbiettivo non e’ di avere le rese di 60 anni fa , ma di utilizzare le tecniche di 60 anni fa , senza chimico , implementate dalla tecnologia moderna . Non si arriva alle rese del convenzionale ma si preserva l’ ambiente da ulteriori immissioni di chimico
Quali tecniche? considerato che di OGM non se ne parla proprio (anche se permetterebbero di ridurre l’impatto chimico), e si criticano le aziende 8
Che l’agricoltore sia l’anello debole sono d’accordo, ma non per questo è fesso e sa che gli conviene di più comprare le sementi. certo potrebbe farsele da solo magari selezionandole negli anni ma non otterrebbe gli stessi risultati dell’industria che investe in ricerca e permette di aumentare le rese (senza aumentare l’odiata chimica).
Se vuoi riseminare sei libero di farlo ,a patto che non usi varietà tutelate dal diritto industriale , anche non OGM. Ma tutti quelli che invece tornano a comprare i semi ogni anno sono fessi?
>ma Madre Natura come fa ? non ha agronomi consulenti.
di sicuro no! ma del resto un campo coltivato è artificiale per definizione, tanto per fare un esempio il mais come lo conosciamo non sopravviverebbe una generazione se non fosse per l’intervento dell’uomo
>OGM – principio di precauzione della salute pubblica , vale anche per loro
direi che vale solo per loro. Quasi 30 anni di ricerca e 12 di consumo su laqrga scala senza nessuno studio pubblicato su riviste scientifiche che dimostri danni.
E verso le fumonisine del mais il principio di precauzione come è applicato?
ops dopo “aziende 8” volevo scrivere che investono in ricerca e permettono di aumentare le rese col miglioramento gentico (non OGM) e quindi di limitare anche la chimica
Volevo aggiungere qualche dettaglio su cui riflettere – la dieta occidentale e’ fatta ora di molte piu’ calorie rispetto ad anni fa… diciamo circa 300 al giorno? Oltre a questo fatto, tante delle attivita’ che svolgiamo sono di tipo sedentario; se il ns stile di vita e’ migliorato, potremmo pure rinunciare a quel tot di calorie in piu’ che non sono necessarie. Ma a questo particolare non ci si pensa mai quando sui banchi dei negozi, al momento dell’acquisto, si fanno scelte alimentari di un certo tipo (e.g. anziche’ comprare un frutto fresco, si compra il succo di frutta con tanti additivi derivati proprio da queste farine di cui andiamo parlando). Il famoso surplus in EU viene smaltito con forme di sussidi e sconti fatti all’industria (per fare un esempio rapido che ho gia’ accennato, il surplus del settore caseario in EU avra’ un impatto ancora sino almeno sino al 2010). Ancora: gli aiuti alimentari US verso i paesi in difficolta’ sono vincolati da molte condizioni (come ad es. l’obbligo di usare – a pagamento – le compagnie di consegna e le infrastrutture americane).
Infine, Il commento di Biola riguardante mais e grano ha toccato un tasto molto importante, storia recente, recentissima – non dimentichiamoci le dimostrazioni di protesta per il rincaro dei prezzi alimentari, o i veri e propri ‘riots’ , disordini, in diversi paesi stranieri, in seguito alla speculazione legata alle contrattazioni di queste commodities. Vorrei ricordare uno dei primissimi casi, quello del mais legato alla produzione delle tortillas in Messico (alimento base della dieta del paese) – un caso che ha creato un grosso problema politico e che se volete potete leggere in originale dal Wall Street Journal
http://online.wsj.com/article/SB117002942630290640-search.html?KEYWORDS=agriculture&COLLECTION=wsjie/6month
L’aumento del prezzo del mais era legato alla forte politica degli incentivi per la creazione di benzine verdi iniziata dal governo americano, e poi in parte seguita dall’EU. Ricordo di aver fatto un commento in presenza di un conoscente americano che seguiva per lavoro questi fatti e quando gli dissi che per fortuna il prezzo della ns polenta (made in Italy) non era aumentato (e allora non era aumentato neanche quello della pasta), lui mi guardo’ con grande stupore. Non comprendeva il fatto che certi tipi di agricoltura in Italia e in Spagna (penso sopratutto alle isole, che hanno una tradizione cerealicola forte, con ancora tantissimi mulini in uso, piu’ che alla penisola iberica), continuavano a produrre localmente per il mercato locale, sottraendosi da quel tipo di logica a cui Biola fa riferimento. Ecco la differenza dell’impatto che i due tipi di agricoltura possono avere. Ecco perche’ parliamo di agricoltura ‘sostenibile’ anche in questo senso.
Comunque per fugare ogni dubbio sulla pericolosità di mais e soia OGM basta andare da un allevatore del consorzio del crudo di parma o del parmigiano o del grana e chiedergli se nei vitelli e le vacche (maiali per il san daniele) degli ultimi 10 anni (alimentati a OGM) abbiano riscontrato incrementi di patologie o malformazioni congenite.
Per ciò che riguarda il grano l’85% di quello italiano è della varietà Creso, prodotto per mutazione indotta da irraggiamento.
Non esalterei le varietà “locali” in quanto tali ma solo se offrono un vantaggio (in termini di produzione o resistenza o fabbisogni nutritivi) rispetto ad altre.
Non demonizzo l’ Ogm e , sinceramente , non mi interessa polemizzare sull’ argomento , ha degli apetti positivi ed altri negativi , in Italia non e’ cmq consentito ed il disciplinare Bio non lo consente .
Demonizzo il sistema commerciale agricolo italiano che sta portando il comparto al collasso , affidarsi mani e piedi alle multinazionali chimiche e sementiere in questo momento di totale incertezza di mercato e’ un rischio enorme per chi produce , su grano e mais sta avvenendo quello che e’ successo con il latte , qualcuno apre e chiude i rubinetti strafregandosene se i produttori sopravvivono o meno , e’ una visione miope e suicida che sta creando degli enormi scompensi.
La questione , IMO, non e’ chi e’ fesso e chi no , e’ che cosa mangeranno i ns figli , come verra’ prodotto e che impatto avra’ sul pianeta !
@Stefania
In effetti la globalizzazione sta avendo sul comparto agricolo un effetto deleterio per quanto riguarda l’ andamento dei prezzi , nel 2008 a raccolta grano il prezzo era esorbitante , molti produttori non hanno venduto sperando un ulteriore rincaro , che non e’ avvenuto , trovandosi cosi’ con grano stoccato in rapida discesa , anche il mais ha andamenti oramai imprevedibili per non parlare della soia .
http://www.agerborsamerci.it/
L’agricoltore ha dei tempi tecnici semina-raccolta che non possono coincidere con questi andamenti , e crea non poche difficolta’ .
Stamattina ho trovato questo, da approfondire e confermare ovviamente con altre fonti: http://www.gennarocarotenuto.it/6358-la-catastrofe-della-soia-transgenica-in-argentina/
ti riferisci alle conseguenze sulla salute, Gianna? io ho un po’ di informazioni sull’impatto sociale e ambientale (leggi: l’impatto sul terreno delle pratiche legate alla coltivazione di questa monocoltura) che si e’ creato in seguito alla espropriazione e deforestazione delle terre interessate da questa coltura. Ricordiamoci che si usa la terra non per produrre piu’ colture, ma solo una, in questo caso la soya, privando quindi il mercato sia locale che di esportazione di altre colture necessarie alla dieta. E che reazioni violente come queste descritte sono inaccettabili in paesi retti da governi democratici. Sara’ per questo che l’industria finisce sempre in paesi dove non c’e’ una regolamentazione adeguata? Ora e’ la volta anche dell’Africa.
Intanto questo breve commento
Despite the take up of GM crops by some farmers in Argentina, Brazil and Paraguay, small and family farmers oppose their introduction fearing their land will be swamped by GM monocultures of soya and maize. In October a Brazilian farmer was shot dead while protesting about a test plot of GM maize when armed militia arrived at the farm close to the Iguaca National Park.
In Paraguay, where it is reported that an unhealthy two thirds of arable land is under
Monsanto’s RoundUp Ready Soya, land acquisition by Brazilian farmers has lead to violence on several occasions.
In Argentina the domination of GM soya is such that thousand have been left without proper nutrition, which had previously been provided by the mixed farming systems.
In tutta sincerita’, l’opposizione agli ogm mi sembra molto ideologica. Non si capisce perche’ la monocoltura di soia normale vada bene e quella gm (che ha solo sostituito quella convenzionale) no. E se non va bene neanche la monocoltura normale non si capisce perche’ scagliarsi solo contro quella gm.
Problemi di salute, nonostante articoli strombazzati spesso da varie organizzazioni, non sono mai stati dimostrati (e molti di quei “report” non hanno superato nemmeno il primo livello di peer review, tanto male sono stati fatti).
A dimostrazione di questo non e’ per nulla vietato l’utilizzo di ogm come mangimi a livello nazionale (sarebbe illegale). Se ci fosse un problema di salute dovrebbero ovviamente essere vietati, no?
Non sono solamente i problemi di salute – non c’e’ solo quello. Sono tante altre implicazioni che come dicevo in altri interventi, si stanno verificando, e che l’agenda politica ne’ la societa’ civile (che con l’industria rappresentano i 3 vertici che portano avanti il dibattito dell’agroalimentare) puo’ ignorare. la forte resistenza di certe colture (ad es. la soya modificata di cui parliamo) fa si’ che queste vengano utilizzate in un contesto di agricoltura produttivistica (ovvero la quantita’ e’ l’obiettivo principale) che molti governi occidentali stanno abbandonando – perche’ nel frattempo le esigenze della ns dieta sono cambiate: ora si mangia molto di piu’ e peggio, e stiamo pure peggio di salute (ricordo che le morti a causa delle malattie cardiovascolari sono praticamente il doppio rispetto a quelle del cancro – questo e’ ampiamente documentato dalla WHO). I governi occidentali si stanno barcamenando per cercare di comprendere se questa abbondanza ora serva come un tempo (i.e. gli anni della ricostruzione nel dopoguerra) e si chiedono: se in passato abbiamo favorito la produzione massificata con l’uso dei pesticidi (e quindi non OGM), e ora favoriamo la produzione massificata di colture OGM (e quindi senza l’uso di pesticidi) … stiamo facendo la scelta giusta? ovvero: abbiamo davvero bisogno di questi volumi di produzione? Per chi e’ il vero vantaggio, alla fine dei conti ? E’ sano per l’ambiente e per le persone?
Le pratiche adottate in questi anni di boom OGM hanno portato alla morte di parecchie zone rurali – la migrazione di molti che, senza terra, non sanno che fare (impatto sociale), perche’ non e’ stato creato per loro una sufficiente ‘rete di salvataggio’. Fra l’altro in tanti casi , e non solo nel caso delle colture OGM ma ad es. abbiamo visto per l’acquacoltura, l’espropriazione dei lotti necessari per creare le estensioni di terreno per le coltivazioni, spesso avviene illegalmente o tramite forti pressioni. Potremmo dire: e a noi che importa, peggio per loro, colpa dei rappresentanti politici che hanno… il fatto e’ che i governi occidentali invece il problema morale se lo devono porre, visto che sono regimi democratici. Da quanto vediamo, le grandi corporazioni si sono poste il problema della ‘corporate responsibility’, anche se forse questo si sta verificando sopratutto nell’industria di produzione che si espone di piu’ al pubblico, per una questione di immagine e solo sulle questioni piu’ evidenti.
L’impatto ambientale e’ assai documentato, perche’ – questo e’ stato riportato nel caso della soya – il terreno ha mostrato erosione e altri problemi. Per non parlare poi dell’impatto nei trasporti, visto che queste colture poi tipicamente sono per l’esportazione, in un’epoca in cui non ce la passiamo bene con i livelli di inquinamento e di emissioni. E infine, l’economia locale (per quanto precaria possa essere in certi paesi, certe pratiche la annientano e non lo si puo’ ignorare). A tutto questo aggiungiamo l’assenza totale di un apparato legale che regoli tutti i problemi legati alle patenti / brevetti e compagnia bella. Quindi, quanto e’ sostenibile tutto questo?
Infine vorrei ragionare anche su questo benedetto principio di precauzionalita’, spesso chiamato in causa, mettendolo in relazione ad un caso che ha avuto un impatto devastante per la salute, l’ambiente, il settore di un intero paese sia dal punto di vista economico che di immagine, con ripercussioni all’estero: la BSE, ovvero la Bovine Spongiforme Encephalopahty. Lo faccio proponendo una cronologia di eventi:
1986 – la BSE viene identificata per la prima volta
1988 – prime preoccupazioni per la catena alimentare
1990 – il manzo inglese e’ ‘sicuro’
1992 – massimo numero dei casi di BSE
1995 – prima morte per CJD (Creutzfeldt-Jakob disease, la malattia arriva dal manzo all’uomo)
1996 – stabilito il legame fra BSE e CJD
1997 – divieto (bistecca all’osso)
1998 – l’investigazione sulle cause della BSE inizia
2000 – il rapporto sulla BSE viene completato
Le morti umane per via della CJD si verificano ancora – vi do’ quelle di questi ultimi anni:
2005 – 88
2006 – 83
2007 – 77
2008 – 89
2009 (sino a Marzo) – 5
(dal 1990 ad oggi sono 1373 – il dato include anche le morti per sospetta CJD)
e questo solo per l’UK. Questo per dire che un po’ di prudenza politica in piu’ nel permettere l’applicazione di certe pratiche produttive forse avrebbe giovato 23 anni fa. Ugualmente potremmo parlare del dibattito legato ai grassi trasformati, dove pero’, il principio e’ stato adottato da rami importanti dell’industria, provvedendo alla riformulazione di prodotti e menu’ (che le riformulazioni siano piu’ sane di prima e’ un discorso a parte), ma a livello politico, solamente da alcuni stati in US e in Europa.
Stefania, il tuo errore e’ quello di associare gli ogm sempre e comunque alle grandi monocolture. Fai sempre solo un ragionamento da “economista” e non da “biologa” 🙂 . A me (e in realta’ in tutta Italia) della soia non frega nulla. In pratica non la produciamo e continueremo ad importarla. E nei paesi in via di sviluppo ormai gli ogm hanno decollato e non saranno certo i nostri dibattiti o mario capanna a fermarli. E continueremo a importare soia ogm.
Quello che a me interessa invece e’ il melo della val d’aosta, il pomodoro san marzano, il riso carnaroli, il nero d’avola, … tutte colture che potrebbero beneficiare di un inserimento di qualche gene magari per proteggerli dalle virosi, per ridurre l’uso di pesticidi, etc…. Tutte colture che alle grandi multinazionali non interessano minimamente, ovviamente, visto le ridotte dimensioni del mercato. E tutte colture verso cui la ricerca PUBBLICA ha molto da dire.
Solo che l’opposizione ideologica di varie ong e parti politiche ha reso impossibile l’utilizzo delle biotecnologie a scopi nostri, per i prodotti italiani.
In altre parole si grida allo spauracchio del mais o della soia per impedire, su basi puramente ideologiche (mia opinione personale ovviamente), un uso alternativo piu’ utile ai nostri interessi agricoli.
al contrario – quello che vorrei far capire e’ che nel discorso degli OGM ci vanno dentro tutte le prospettive, mica solo quella da economista e da biologa (anzi, se vuoi gli economisti dovrebbero appoggiare gli OGM, no?) – perche’ la politica nel suo approccio si sente ora obbligata a tenere conto di TUTTE le possibili conseguenze che questi temi hanno. L’Italia segue la linea dell’Europa, mi pare: le associazioni di biotech/OGM portano avanti le loro idee e spingono a livello politico, non mi sembra che nessuno glielo impedisca! Visto che siamo in regime democratico. O ti aspetti che il vertice politico finanzi ricerca per questo settore (visto che porti l’esempio di colture piccole che non interessano alle multinazionali) ?
D’altronde, a livello politico in Europa e in Italia, non si puo’ ignorare il fatto che queste colture non vengono accettate da tanti, compresi settori stessi dell’industria, per i LORO motivi, anche imprenditoriali (ad es. qui la grande distribuzione e’ contro gli OGM per le sue ragioni) – ricordo che nel settore di industria comprendiamo anche i distributori. E comunque, siamo partiti da questo benedetto barattolo di acciughe nell’olio di soya che con ogni probabilita’ e’ prodotto in quei modi e secondo quei metodi e che il piccolo rivenditore di sagra manco immagina e ci siamo domandati come e’ finito li’…
Stefania: Il fatto è che io non sopporto la disinformazione, e spesso e volentieri i “messaggi” che ad esempio arrivano dalla grande distribuzione (vedi COOP) è vera e propria disinformazione, che cerca di spaventare i consumatori per promuovere i propri interessi tirando in ballo improbabili topi deformi e mai dimostrate tossicità.
per quel che riguarda la ricerca, guarda che la ricercan elle biotecnologie agrarie in Italia è GIA’ stata fatta. Quegli esempi che ti facevo sono GIA’ stati studiati, e in alcuni casi pure brevettati (dalla ricerca pubblica). solo che non possono essere utilizzati per il clima avvelenato costruito (sempre a mio parere eh…) da organizzazioni varie che solo a parole dicono di avere a cuore l’ambiente e i prodotti italiani
si ma l’informazione e’ spesso frammentata o non e’ messa in un giusto contesto – non per questo puoi parlare sempre di disinformazione. Sono perplessa quando fai sempre questo esempio di Capanna, senza invece ricondurti a NGO che trattano il problema in maniera concreta -nello specifico della soya GMO – secondo tutte le prospettive che abbiamo discusso qui. Io non seguo Capanna, non sapevo manco che se ne occupasse, ma posso dire dai guest speakers che ho sentito alle cose che ho letto che ad es. il problema legale relativo alle proprieta’ intellettuali e’ un problema molto sentito che ancora non si sa come risolvere e a definire. Il problema della disinformazione fatto dalla distribuzione / industria? basta accendere la TV e guardare qualsiasi pubblicita’. Ti ripeto, qui in UK la grande distribuzione ha escluso i prodotti GMO, proprio perche’ lo riteneva giusto per i propri interessi…
Se non vengono utilizzati quegli esempi citati da te, puo’ voler dire tante cose, anche che non c’e’ volonta’ politica, certo, ma bisogna anche capire che in Italia non c’e’ volonta’ politica per tante altre cose (sottolineiamo il tanto?) e che il clima politico e’ comunque avvelenato a prescindere dalle decisioni legate a questi temi.
Aggiungo solo che la soia in italia si coltiva, io acquisto prodotti a base di soia che mi garantiscono soia italiana biologica(sia per l’ogm che per non contribuire alle grandi monocolture e trasporti di cui sopra).
Su alcune cose però sono d’accordo con dario: il problema non è solo degli ogm, o meglio, non è degli ogm in sè, ma delle grandi monocolture e delle multinazionali che producono sempre nei paesi meno ricchi e meno “democratici”, imponendo le loro regole (ciò vale per le banane, lo zucchero, il caffè, ecc).
In questo momento storico, però, grande monocoltura significa ogm (perlomeno al di fuori dell’europa).
E’ poi anche vero che la tecnologia ogm può essere utile in casi specifici ed andrebbe valutata caso per caso. Il clima avvelenato e la confusione non giovano a nessuno.
La valutazione caso per caso, però, potrà avvenire serenamente solo quando gli studi e le ricerche saranno indipendenti dalle multinazionali, del resto è questo il motivo per cui in politica vi è separazione delle cariche (in teoria almeno). Mi piacerebbe non ci fossero pressioni e si potesse, per esempio, approvare l’ogm per salvare il San Marzano, ma continuare a vietarlo laddove la sua utilità è solo l'”utile” di pochi… 😉
Sinceramente non ci vedo nessun problema. Olio di oliva o olio di semi in fin dei conti non fa molta differenza, se uno cerca la qualità cerca l’olio extravergine di oliva, che è ben altra cosa.
Sulla questione OGM, se questo non influisce sulla composizione dei trigliceridi e non comporta la produzione di acidi grassi “anomali” non ci vedo grosse preoccupazioni.
Stefania: se mi vuoi dire che raccontano balle in molti campi, beh, non posso se convenire 😀
E devo dire che ogni tanto, leggendo il giornale o guardando la TV, penso “ma mi staranno raccontando delle balle?”. Per le “frottole” che raccontano le industrie alimentari, basta vedere gli esempi che scova Gianna.
Io non so qual’è la situazione britannica sul dibattito sugli OGM. Sicuramente la ricerca là non si è fermata e so che le prove in campo aperto si fanno, anche se a volte contrastate dai FOE. In Italia la politica (da destra a sinistra) ha invece stabilito che non si possono fare neppure ricerche in campo aperto. E’ anche per questo che la maggior parte degli scienziati è “incavolato” (per usare un eufemismo 🙂 )
ciao Dario
Dario – leggo i giornali italiani per farmi quattro risate, idem la TV, e’ triste doverlo ammettere ma e’ cosi’. Sulla ricerca in Italia, ho le informazioni che mi passano parenti e amici (che la vivono direttamente) e mi rendo conto del grosso vuoto e dei problemi. Qui la ricerca su qualsiasi tema non e’ solo affrontata dalle universita’ o dal settore pubblico, ma anche dall’industria e dalle NGO nelle loro multiple sfaccettature (BINGO – Business oriented international NGO, DONGO – Donor Organized, GONGO – government operated etc) molte delle quali comunque indipendenti da certe logiche. Il che da’ una visione davvero molto aperta e pluralista.
Qui c’è un articolo non “allarmista” 🙂
http://www.newsitaliapress.it/pages/dettaglio.php?id_lnk=11_150262
http://www.newsitaliapress.it/pages/dettaglio.php?id_lnk=11_150262
“OGM, una tecnologia all’avanguardia in grado di risolvere il fabbisogno di cibo nel pianeta”.
Sembra lo spot della Monsanto, a leggere il sito del brand Genuity, i salvatori del pianeta. https://www.genuity.com/Genuity-About-The-Year-2050.aspx
si, infatti… guarda un po’ che c’e’ sul sito UN sul food programme
http://www.wfp.org/content/gm-crops-may-give-lower-yields
cliccando trovi il riferimento all’intervento di BBC
http://news.bbc.co.uk/1/hi/business/7866687.stm
dove si legge
The yield for soybeans has gone down however, according to Bill Freese at the Centre for Food Safety.
“What we’ve seen with the herbicide tolerant soybeans overall, is a 5-10% lower yield with the Round-up Ready soybeans – that’s the herbicide tolerant soybean sold by Monsanto,” he says.
ma sopratutto
Mr Gurian-Sherman says that in the last decade or so, firms including Monsanto and DuPont have been buying up dozens of seed companies – small and large – and are controlling more of the seed market.
“The huge independent seed corn company Pioneer is now owned by DuPont,” he says.
“And more recently concentration was increased when the [US] Justice Department allowed Monsanto to purchase Delta & Pine Lands, two of the biggest cotton seed producers, so now you have a mega-cotton-seed producer and in that market you’re talking around 90% concentration of the market.”
l’OGM come soluzione della fame nel mondo venne suggerito da Bush durante la sua prima amministrazione (per favorire i suoi sostenitori elettorali). Cosi’ come quella di incentivare il credito facile per le case, che ha poi originato il disastro finanziario a livello globale di cui leggiamo sui giornali.
bongiorno a tutti,sono un commercante della africa del’ouest
che lavora nel sectore dell’importazione dei prodotto alimentari verso l’africa
e vorrei colloborare con voi,per sapere se io po importare le votre olio che sono di grande qualità verso l’africa. potete rispondermia :e mail zinbertrand@yahoo.fr
cordialmente vi saluti
Una sola domanda: perchè non vi piacciono gli OGM ???
Ad una fiera di prodotti enogastronomici, mi sono trovato ad acquistare un vasetto di quelli che distrattamente pensavo filetti di acciughe sott’olio; quando sono arrivato a casa, invece, dopo una lettura più attenta, mi son reso conto di aver acquistato dei ‘FILETTI DI ALACCE’. Non sono proprio allarmato, però, malgrado una sommaria ricerca, non sono ancora riuscito a capire bene di che si tratta. C’è qualcuno in grado di darmi qualche informazione al merito ?. Li mangerò più tranquillamente.
@capo di luna, non avevo mai sentito questo termine,da una ricerca veloce che probabilmente hai fatto anche tu, sembra comunque un prodotto di lavorazione delle alici, dicci come le hai trovate? 🙂
Buongiorno, è la prima volta che entro in questo sito, ma io non lo faccio per accreditare né scrediatre qualcuno o qualcosa, piuttosto, e semplicemente, perché chiedo da quale azienda argentina si possa comprare dell’olio di soia anche OGM, visto l’uso che ne dovrò fare: mischiarlo a media temperatura ad una resina di origine vegetale onde creare un composto che sia molto appiccicoso, come un adesivo: non lo voglio mangiare, né mi serve un olio lubrificante, pertanto, ripeto, QUALCUNO POTREBBE AIUTARMI NELLA MIA RICERCA? MI SERVE UN NOME DI UN ESPORTATORE ARGENTINO DI OLIO DI SOIA
Grazie a tutti quelli che mi vorranno rispondere.