Carnivori moderati
Pubblicato: 2009/12/07 Archiviato in: Educazione e informazione alimentare, La borsa della spesa 26 commentiLeggo che all’Assocarni, Associazione Nazionali Industria e Commercio Carni e Bestiame -sono risultate indigeste le dichiarazioni di Paolo Barilla. Le hanno definite “Non veritiere e di parte” perchè l’industriale invitava a mangiare meno carne e più pasta.
Ecco parte del comunicato stampa diramato dall’Associazione: “Un appello di parte che distorce a proprio vantaggio le verità scientifiche. L’equilibrio della dieta italiana è garantito proprio dalla corretta presenza dei diversi alimenti in un paese in cui il consumo di carne è uno dei più equilibrati al mondo.
Distorcere verità scientifiche per vendere di più è poco etico, come evitare di ricordare che proprio l’eccesso di carboidrati nella nostra dieta è alla base dell’aumento dell’incidenza del diabete ricordato nelle sopracitate dichiarazioni.Poco credibile anche che si ometta di ricordare come l’obesità – oggi vera piaga del nostro Paese – ha un’incidenza massima proprio nelle regioni italiane (sud Italia) in cui è maggiore il consumo di pasta e che qualsiasi dieta ipocalorica è basata essenzialmente sulla somministrazione di proteine e fibre e sulla drastica riduzione dei carboidrati. (…) Da ricordare anche che la dieta mediterranea, fin dalla sua origine, non prevedeva certo un alimento raffinato come la pasta ma semmai cereali grezzi, legumi e grandi quantità di carni e selvaggina.
In merito poi all’effetto dannoso attribuito all’allevamento bovino, (…) il bovino (…) è l’unico organismo in grado di trasformare foraggi e cellulosa (quindi alimenti che l’uomo non è in grado di utilizzare) in proteine nobili, senza quindi alcuna competizione alimentare con gli esseri umani.
Fine del comunicato Assocarni. Dobbiamo aspettarci pubblicità per incrementare il consumo di carne come quelle vintage che ho trovato e allegato sopra?
Intanto in diverse parti del mondo si segnalano iniziative per ridurre il consumo di carne. Dall’appello ambientalista: Meat Free Monday di Paul McCartney alla cittadina di Gent che ha promosso tra i suoi cittadini le giornate vegetariane, ovvero un giorno alla settimana in cui ogni tipo di carne è bandita dal piatto degli abitanti.
In Germania, dove le indagini sui consumi alimentari dicono che il 39% delle calorie è fornita da carne o prodotti derivati, Andreas Troge, presidente dell’organismo di consulenza del governo sulle questioni climatiche ha suggerito ai suoi connazionali di orientare le abitudini alimentari verso quelle dei paesi mediterranei.
A proposito di alimentazione mediterranea di cui abbiamo già parlato altre volte, cosa suggerisce la Piramide alimentare mediterranea Moderna proposta di recente? 2 porzioni di carne alla settimana, vi ritrovate in queste indicazioni?
Per le pubblicità vintage: toadberry.blogspot.com momgrind.com
Altri posts sul tema:
–L’alimentazione-mediterranea non-abita-piu-qui
–Dai tutti a giocare con la piramide alimentare
– Stare a dieta fa bene al pianeta
Senza dilungarmi (ne avrei da dire) e non per difendere la Barilla (che non acquisto e boicotto), vorrei ricordare a coloro che hanno scritto questa “difesa della carne” che le mucche mangiaVANO (il passato è d’obbligo) cellulosa e fibre, una volta, quando erano allevato su piccola scala a livello famigliare (come oggi ancora nei paesi di montagna perlopiù), quando pascolavano.
Gli allevatori che fanno parte di assocarni si trovano in Pianura, le loro belle mucchine non vedono quasi mai la luce del solo e sono fatte crescere forzatamente a mangimi che di fibretta e cellulosa ne hanno ben poca: insilato di mais e proteine di soia. Coltivati su fertilissime terre della pianura padana.
Io ho conosciuto un allevatore in Uruguay, con bellissime bestie al pascolo (e che pascoli!) e sapete a che età macellavano (perlomeno prima che la mucca pazza originatasi grazie ai mangimi ingrassanti occidentali obbligasse a leggi diverse)? A 3 anni, non prima.
Perchè un bovino che cresce naturalmente, che pascola e bruca l’erba, raggiunge la taglia massima con la maturità sessuale, più o meno a 3 anni, come i cavalli.
Ma chi vogliono prendere in giro?
L’Italia mangia carne in modo moderato? Ma se siamo quasi a 90 chili a testa all’anno?
@Mammafelice. sto raccogliendo dati sui consumi, le cifre non sempre concordano..
Secondo i dati forniti dall’Assomacellai, i consumi di carne pro-capite sono 87 kg. così ripartiti: bovina 27%, avicola 26%, suina 47%.
Guardate cosa ho trovato, Poultrynet ®Il Blog del Mondo Avicolo e Cunicolo
http://www.poultrynet.org/2009/06/87-chili-di-carne-pro-capite.html
addirittura si suggerisce 100g al giorno e si afferma che” la carne è un alimento insostitubile in una dieta bilanciata, grazie all’apporto di proteine di elevata qualità, vitamina B12, ferro, zinco, rame e altri minerali indispensabili per il nostro organismo.”
Io sono dell’opinione che complementando in modo adeguato cereali e legumi riusciamo a coprire i nostri fabbisogni in aminoacidi, anche di quelli essenziali.
Ma è vera l’affermazione per cui “l’obesità – oggi vera piaga del nostro Paese – ha un’incidenza massima proprio nelle regioni italiane (sud Italia) in cui è maggiore il consumo di pasta”?
A me è balenata spesso l’idea del “vegetarianismo etico”, perché, a mio parere personale, il consumo di carne è diventato eccessivo, nocivo alla salute, un modo di mangiare “poco intelligente”, e sostiene un enorme business che mi fa un po’ schifo, perché è chiaramente un sovrasfuttamento e uno spreco di risorse osceno.
Da parecchio ho ridotto molto il consumo di carne, forse una-due volte al mese, pur facendo molta attività sportiva: compenso con un “tecnocibo” di proteine in polvere di soia, latticello, grano e lupino (profilo amminoacidico pressoché completo) , molto yogurt&latte, parecchio seitan, un po’ di tofu, e poi gli SPLENDIDI fagioli et ceci et lenticchie (biblici “cibi portatori di bellezza”).
Mi impressiona nelle cifre il così alto consumo di carne di maiale: mi sa che sono gli insaccati a farla “da padrone”. Altro cibo che non mi entusiasma granché (vedi: nitriti).
Se ha ragione Rifkin nel suo libro Ecocidio, allora la cultura della carne è destinata a morire perchè non economica, ambientalmente ed ecologicamente disastrosa, pericolosa per la salute e perchè le motivazioni animaliste hanno sempre il loro perchè.
Noi in famiglia siamo tutti vegetariani e stiamo benissimo in salute e con noi stessi.
http://www.gianlucaaiello.it/2009/08/ascesa-e-caduta-della-cultura-della.html
@ Bacillus – ma l’obesita’ non e’ determinata da una sola causa!! si parla gia’ da tempo di una serie di concause che determinano l’obesita’ in tutte le societa’ occidentali industrializzate. Si parla di ‘ambiente obesogenico’ ovvero di ambiente che porta l’individuo a fare scelte alimentari e di stile di vita sbagliate. L ‘urbanizzazione e stile di vita: lo sviluppo di comunita’ lontane dal centro cittadino e spesso mal servite dai mezzi pubblici, per cui bisogna prendere la macchina per fare qualsiasi operazione. La crescita esponenziale delle spese legate alle attivita’ ricreative e turistiche, l’aumento delle ore di lavoro etc. L’aumento dei consumi di alimenti preparati o semipreparati, particolarmente ricchi di grassi, zuccheri e sali, l’aumento delle porzioni di quei cibi poco salutari nelle catene ‘fast food’…
Hai ragione, Stefania, ritiro la domanda. 😉
😀
Si parla di ‘ambiente obesogenico’ ovvero di ambiente che porta l’individuo a fare scelte alimentari e di stile di vita sbagliate
E’ vero. Però l’individuo, se non è un pollo d’allevamento, sfugge alle “scelte alimentari errate” semplicemente usando la propria razionalità.
La responsabilità finale è sempre dell’individuo, per le proprie scelte: che l’ambiente circostante sia “ostile” è una cosa ovvia fin dalla preistoria: in tutte le epoche c’è sempre qualche fattore “ostile”.
Se dopo le persone sono troppo pigre e troppo svogliate da leggersi un’etichetta al supermercato, e fare dello sport, hai voglia a fare sensibilizzazione.
Basterebbe fare smettere la gente di fumare: nella mia città ieri sera tutti i ragazzi che ho visto in giro fumavano.
Adesso non mi dirai che c’è un ambiente “fumogenico”, il fumo è proibito nei locali, ma stanno tutti di fuori anche a -7 °C a pippare tabacco come dei deficenti….
E sui pacchetti c’è scritto a caratteri cubitali “FA MURI’!”.
Capirai se si preoccupano di McDonalds poi…
Non voglio innescare la solita polemica tra chi auspica la scomparsa dell’abitudine al consumo di carne e chi, invece, vorrebbe poter continuare a mangiarla. Oddio, non sarebbe un confronto noioso, ma il rischio di giungere ad un conflitto troppo passionale è molto alto.
Visto l’argomento, però, volevo far notare com’è facile trovarsi prigionieri di luoghi comuni anche quando di fatto esistono evidenze che li smentiscono.
Premetto innanzitutto che da sempre io sono un cultore del cibo buono, sano e genuino. Io stesso coltivo vigna e produco vino con l’intento di ottenere prodotti della più elevata qualità che il mio particolare contesto mi consente. Tuttavia, questo non condiziona il giudizio che posso dare su produzioni alimentari relative ad altri contesti: non disprezzo per partito preso cibi prodotti su grande scala, in cui ad esempio tra gli obiettivi da perseguire ci sono la standardizzazione ed il contenimento dei costi.
Fatta questa premessa, riguardo la carne mi ero da tempo convinto che l’utilizzo degli steroidi anabolizzanti per stimolare l’accrescimento degli animali fosse pratica da condannare. All’origine di tale convinzione c’era (mi par di ricordare) una trasmissione televisiva di molti anni fa che ne parlava male, nonché tutta una serie di convinzioni che potremmo definire “etiche” (il benessere della bestia, inopportunità di pratiche di forzatura, ecc.) che magari hanno anche una loro giustificazione. In seguito non avevo mai approfondito la questione.
Da qualche giorno ho finito di leggere un ottimo libro che consiglio a tutti gli uomini e le donne di buona volonta: “I geni altruisti”, di Gabriele Milanesi, ordinario di Biologia molecolare presso l’Università di Milano. Non sto qui a sintetizzare il contenuto di quella pubblicazione di piacevolissima lettura. In ogni caso egli, all’interno di un ragionamento, fa riferimento proprio al discorso steroidi, facendo notare che:
una bistecca di 100 g da un bovino non trattato con ormoni steroidei contiene 1,5 ng (nanogrammi) di steroidi, mentre da animale trattato contiene 2,2 ng;
un bicchiere di latte (200 ml) contiene 30 ng di steroidi;
un uovo contiene 1000 ng di steroidi;
100 g di cavolo contengono 2400 ng di steroidi;
una pillola contraccettiva contiene da i 150.000 ai 3 milioni di ng di steroidi.
Sfatato in poche righe un luogo comune. La capsula a rilascio controllato di ormoni steroidei impiantata sotto la pelle dell’orecchio del manzo per me ora è pratica del tutto legittima. Non fa male e se aumenta la produttività va pure a beneficio della sostenibilità ambientale. 😉
Restando comunque sempre aperto a cambiamenti di rotta…
Il problema, per rispondere sia a Wyk72 che a Bacillus, e’ che determinati accorgimenti tecnologici alla fine si ritrovano in tante filiere in quantita’ piu’ o meno modeste (come documentava Bacillus) – e che nel mangiare si finisce per assimilare certe sostanze da piu’ alimenti senza saperlo. Facciamo l’esempio del sale – il sale e’ presente in quantita’ che superano la dose consigliata giornaliera anche nei prodotti da forno dolci – e questo puo’ essere un problema non solo per chi deve seguire una dieta povera di sale, ma anche per i bambini. E non sempre poi sono dichiarati in etichetta! perche’ l’etichettature e’ un’autoregolamentazione. E perche’ l’industria ne fa questo uso smodato? perche’ da gusto ai prodotti, perche’ c’e’ nella filiera e da’ valore aggiunto. E’ questo il problema, sopratutto poi nel caso della catena alimentare in US che e’ interamente industrializzata – hai voglia di andare a cercare un prodotto semplice, senza aggiunte o senza adulterazioni …
riguardo all’ambiente obesogenico: hai voglia di informare, ma se l’informazione sulla dieta corretta la da’ l’industria (anziche’ le campagne pubbliche) sara’ una informazione obiettiva? l’industria ha la sua agenda. Ma in US se uno ha voglia di andare a comprare delle verdure fresche e di stagione, o del pesce o carne di qualita’, ha solo il supermercato – i mercati dei produttori non sono diffusi quanto in certi paesi europei. E se le autorita’ pubbliche non si preoccupano di aprire un mercato comunale o rionale o non aiutano un gruppo di produttori ad organizzarlo (ad es. concedendo il suolo dove poter mettere i propri stands), lasciando invece aprire WalMart ovunque (perche’ puo’ permettersi di spendere per costruire le sue cattedrali dove vuole), possibilmente raggiungibile solo in macchina, ecco che le autorita’ pubbliche hanno fatto una scelta molto precisa – ecco che coscientemente o no sta contribuendo a creare un ambiente obesogenico.
Sfatato in poche righe un luogo comune.
Pure a Chernobyl erano pieni di “luoghi comuni” che le centrali erano supersicure ed eminentissimi scienziati avevano affermato da tempo che era tutto “perfettamente sicuro”. Adesso, dopo che è esplosa, nei report dicono che la centrale “era obsoleta”.
Ma tu credi a tutto quello che si scrive sui libri ???
Hai idea di quanti autori, anche eminentissimi professori, si prostituiscono al “market” ?
Gli ormoni si danno agli animali solo per questioni di marketing, si $oldi, di resa, di plusvalore (vero o presunto, vedi lo schifo dei FUTURES) per lo stock market.
E’ legittimo ? Lo stabiliranno le leggi dei vari paesi se lo sia: cmq le logiche di puro profitto cozzano ampliamente con i ritmi naturali delle cose – infatti tocca ampiamente modificarli, i ritmi, accelerarli con “aiutini” chimici vari. Cui prodest, secondo te? Al bene dell’umanità che “muore di fame” – che qua siamo tutti tendente all’obeso 🙂 ??
Ma che leggi, Tex Willer ?
A St. Louis, la STEAK – peso minimo 1,3Kg con osso, si mangia anche 3/4 volte la settimana. Ogni casettina middle class ha il grill. Credi che gli ormoni non influiscano in quelle quantità? Ti sei mai letto le percentuali di tumore al seno che hanno le bambine durante il loro primo sviluppo sessuale in USA, con tutti stì ormoni “in giro” per i cibi? Certi meccanismi, come quello endocrino, sono delicatissimi, ed andarli a toccare è sempre pericoloso.
Sfatiamoli stì luoghi comuni….andando a vedere DI PERSONA come stanno le cose,quando possibile.
Avessi mangiato 1 broccolo che sa DI BROCCOLO, in USA, è tutto forzato, sa di acqua, ormonizzato, cresciuto in serra a “piè sospinto”. Bello , verdissimo e perfettissimo, senza un minimo di sapore, pare 100% plastica verde.
@bacillus
“100 g di cavolo contengono 2400 ng di steroidi;”
Per curiosità, cosa intende l’autore del libro per steroidi? Progesterone e brassicasterolo, anche se sono strutturalmente cugini, non sono proprio la stessa cosa in quanto ad attività biologica. Gli” steroidi” dell’uovo sono formati principalmente dal colesterolo, che non è di certo un ormone. Temo che nella frenesia di sfatare il mito si sia introdotta una certa confusione del differenzare “normali” steroli e steroidi ad azione ormono-smimile, attività sul sistema endocrino con tutto quel che ne consegue.
@Meristemi, concordo assolutamente con la tua osservazione. Non possiamo mettere sullo stesso piano colesterolo,ormoni steroidi, fitosteroli, fitoestrogeni, isoflavoni..ecc.
@meristemi
Sì, sì, senza averne le competenze, anch’io ritengo il confronto quantomeno semplicistico. No, l’autore non approfondisce il tema e senz’altro sarebbe il caso di chiarire. Tuttavia l’osservazione, (la provocazione) resta (ai miei occhi, s’intende) valida. Se l’utilizzo di ormoni steoridei nell’allevamento non ha sostanziali ripercussioni sulla qualità della carne, che male c’è?
Grazie per la puntualizzazione.
@Meristemi
Una domanda mi “dilania” da un annetto a questa parte: i “fitoestrogeni” (che, come giustamente indicavi, sono molecole ormono-similari) della soia, hanno un dimostrato effetto sulla sterilità maschile?
Lo studio di Harvard in merito dava risultati eclatanti: una diminuzione del 50% nel numero degli spermatozoi, anche con quantità settimanali irrisorie di soia (2 porzioni).
A questo punto ci sarebbe da chiedersi se la fertilità è un problema in Cina, che di soia, praticamente ci campano: visto quanti ne sono direi proprio di NO.
Però le donne cinesi non hanno le “vampate”…
“Il 70-80% delle donne europee subisce le vampate di calore mentre solamente il 18% delle donne cinesi presentano questo disturbo nel corso del climaterio.” (oddio, ci sarebbero da verificare le fonti di tale affermazione)
Sono i fitoestrogeni o semplicemente genetica?
Per @Bacillus e chi fosse interessato a qualche dato sulla situazione anabolizzanti , zootecnia ed effetti sull’uomo. Il punto della situazione in una presentazione curata dalla Facoltà di Veterinaria di Bologna.
@Wyk72. Credo che i livelli di fitoestrogeni derivanti dalla soia nell’alimentazione asiatica (Cina e soprattutto Giappone) siano decisamente maggiori che in Europa o in altri paesi.
“Daily intake of genistein and genistin by the Japanese is calculated to be 1.5-4.1 and 6.3–8.3 mg/person, respectively. These levels are much higher than those for Americans or Western Europeans” in “Quantification of genistein and genistin in soybeans and soybean products” pubblicato in Food and Chemical Toxicology (1996).
Non credo che ci siano dati sugli apporti alle nostre latitudini. Comunque i fitoestrogeni (isoflavoni) sono contenuti anche in altri legumi e perfino nei cereali.
Wyk72: che esista un “ritmo naturale delle cose” e’ appunto un luogo comune. Estremamente ben radicato, alla base di molte “filosofie” di vita, ma rimane pur sempre un luogo comune da cui molte persone non si riescono a staccare, a mio parere.
Nulla in agricoltura e’ naturale
Dario
p.s. anche che in USA gli alimenti non sappiano di nulla e’ un luogo comune. Ci sono vissuto per quasi due anni, e cucinavo quasi tutti i giorni facendo la spesa al supermercato. Esattamente come qua e’ solo un problema di qualita’ e di prezzo.
Nulla in agricoltura e’ naturale
Dipende dalla definizione di “naturale” che diamo alle cose.
Se lasciamo la “natura” crescere così com’é, è chiaro che vedremo crescere, forse, specie vegetali in terreni che chiameremmo “incolti”, boschi, foreste ecc ecc a seconda di dove ci troviamo sul pianeta.
Se zappiamo la terra, scegliamo le piante che ci “fanno comodo” in quanto specie umana, le coltiviamo, facciamo una cosa “naturale” in quanto specie umana dotata di intelligenza, con il nostro posto e dimensione nel mondo. Stesso dicasi per l’allevamento a scopo alimentare di animali vari.
Poi c’è da vedere quanto c’è di buono nella “natura” (io sono di quelli che si ostinano a chiamarlo “creato”, guarda un po’) e quanto c’è di buono nell’intervento umano. Se vogliamo fare i sofisti potremmo pure andare a vedere come definire il “buono”, ma direi che esuliamo da un discorso puramente “scientifico” e andiamo a toccare l’etica e la morale.
p.s. anche che in USA gli alimenti non sappiano di nulla e’ un luogo comune. Ci sono vissuto per quasi due anni, e cucinavo quasi tutti i giorni facendo la spesa al supermercato. Esattamente come qua e’ solo un problema di qualita’ e di prezzo.
La mia esperienza triennale non è stata come la tua, assolutamente.
Fatta la spesa e cucinato da almeno 5 supermercati diversi, zona St. Louis.
– Shop’n Save: supermercato di prezzo
– Dierberg’s : supermercato tendenzialmente qualitativo, “middle class”
– Trader Joe’s: supermercato “liberal democratic”, tendente al “bio”
– World Foods : botique del cibo import (europeo), prezzi da gioelleria
– Sam’s: Mercatone Zeta del cibo per le masse, prezzi sottozero e qualità anche
Ho avuto ampi “samples” di tutto: secondo me il “vegetalia” era praticamente tutto ampiamente scadente. Salvo solo il guacamole. Le cose erano un po’ meglio in Florida, verso Boston meglio ancora. Mi dicevano che in California è decisamente meglio.
In particolare la frutta era acquosa ed insapore, scandalosi broccoli e cavolfiori, tristarella pure l’insalata. C’era il tipo che lucidava le mele da Dierberg’s, e i banchi dei broccoli avevano uno splendido vaporizzatore d’acqua che li lasciava “splendidi e splendenti”, ed erano gettati via ogni 2 gg.
I motivi potrebbero essere molteplici: magari nel mio piccolo paesello dell’Italia centrale fanno la frutta e verdura straordinaria (ne dubito, ma possibile) ,oppure a me l’america mi ha psicologicamente “preso male” e invece a te ti ha “preso bene” (indi effetti meramente psicologici), oppure ti trovavi in una zona degli USA migliore della mia (sai com’è, gli USA non sono grandi quanto Gabicce Mare: hanno 6 fusi orari…).
Il caffé era buono giusto per assumere la dose (standard USA) di 400-600mg/die di caffeina, per il resto direi che una risciacquatura tazzine di un qualsiasi bar napoletano era decisamente superiore, quanto a gusto. Costava 4$, ma erano quasi tutti “bottomless”, ossia li riempi continuamente a volontà (fino alla morte per overdose da caffeina, volendo – lo chiamerei ambiente “caffeinodipendenzagenico”).
Hai mai provato il cibo Hamish? Io si, in Pennsylvania, in un mio viaggio precedente. Mortacci, quelle sì che erano mele. Provare per credere.
E cmq, era il mio hobby andare a leggere le etichette dei cibi conservati, ed era roba da Grand Grimoire del conservante, penso che alcuni di questi cibi li potranno studiare i nostri discendenti, tanto rimarranno perfetti, freschi e colorati per i prossimi 400 anni almeno, sia sullo shelf che altrove.
Gianna ci avrebbe potuto scrivere un 5/6 blog…
Wyk: io ero in california, forse ero avvantaggiato in quanto a frutta e verdura 😉
sicuramente, perche’ nello stato di NY, Manhattan, e’ un mezzo disastro come qualita’ (sopratutto della frutta) a meno che non riesca ad andare ai mercatini … ma d’inverno neanche i farmers arrivano causa neve, quindi sei costretto a rifornirti ai supermercati e la situazione era per me come la descriveva Wyk. La California e’ sempre stata poi un po’ piu’ vicina culturalmente al discorso dell’agricoltura di qualita’/biologica etc Poi naturalmente a NY c’era la grande risorsa di Canal Street (Chinatown), dove trovavi l’introvabile fresco (perfino il sangue del maiale)… sopratutto per quanto riguardava il pesce e le verdure…
@Gianna. Nella dieta inglese l’apporto di isoflavoni è inferiore ad 1 mg/die, in quella indonesiana, che alla fine è la più ricca in assoluto, si superano i 100 mg/die. A livello europeo le diete più ricche di fitoestrogeni sono quelle nordiche, non tanto per gli isoflavoni quanto per i lignani, che interagiscono con il recettore del 17-beta-estradiolo in maniera ancora più debole ma vengono introdotti in abbondanza col pane nero ed i piccoli frutti (lamponi, more, mirtilli, ribes).
@wyk. Ci sono anche differenze genetiche, o meglio di dieta e di flora batterica. Ad essere attivo è l’equolo, un biotrasformato intestinale degli isoflavoni. Chi ha la flora ok si “autoproduce” il farmaco, chi manca di determinati ceppi non trasforma e non risponde positivamente al trattamento. Per questo motivo i prodotti di ultima generazione icludono anche spore di alcuni Lactobacilli. Dato che la microflora intestinale è anche modulata dalla dieta non è detto che cambiando continente il risultato sia il medesimo. Altra variabile, la cinetica. Senza farla lunga pare che piccole assunzioni ripetute siano più efficaci dell’assunzione one shot. Almeno nel trattamento della menopausa. Per il problema a cui fai riferimento, le stesse indicazioni valgono al contrario: quello che non succede in Asia potrebbe succedere in Europa.
@Bacillus. Immagino -non sono competente in materia- che esistano limiti rigidi e precisi e che vengano effettuati controlli rigorosi circa la presenza di ormoni nelle carni. Soprattutto dopo i ripetuti casi di ginecomastia nei bambini riscontrati durante gli anni ’80. Certo che la diversa normativa tra USA ed UE non aiuta: le interferenze al sistema endocrino sono abbastanza fastidiose, specie per gli effetti a lungo termine.
@Gianna e Meristemi
Grazie per riferimenti e considerazioni. Mi servivano (evidentemente)
@Wyk72
Vorrei risponderti, mi dai ancora qualche giorno? 😉
Per il problema a cui fai riferimento, le stesse indicazioni valgono al contrario: quello che non succede in Asia potrebbe succedere in Europa.
Interessante. Io a titolo cautelativo ho eliminato la soia dalla dieta. Invece del tofu, compro solo seitan (proteine del grano). La microflora intestinale la “curo” facendomi lo yogurt con dei probiotici, presi da un prodotto che si chiama Enterolactis plus (trattasi di L.Casei di origine “umana”).
Vorrei risponderti, mi dai ancora qualche giorno?
Stamo sempre qua…facci pure con comodo.