Crushing Esano
Pubblicato: 2010/05/01 Archiviato in: Filiere, Io lo leggerei, La borsa della spesa 7 commentiIl solvente organico Esano nelle news degli ultimi giorni.
Prima notizia. Mi ha davvero sorpreso il suo rilevamento in alcuni marchi di burger di soia in vendita oltre oceano. Tutto è nato da questa pubblicazione del Cornucopia Institute Behind the Bean ” (pdf) di un anno fa e ripresa in un articolo che ha messo in allarme in parecchi: which-veggie-burgers-contain-neurotoxin .
Ok non è una pubblicazione scientifica peer reviewed, l’ esano rilevato è circa 14-21 ppm nei burger ma non immaginavo davvero che restasse traccia del solvente nei prodotti alimentari in cui si usano ingredienti ottenuti mediante estrazione con solventi organici. Mi sorprende ancora di piu’ comunque il fatto che tanti non sapessero che l’esano è impiegato durante la lavorazione della soia per ottenere la parte grassa (olio di soia) e separare quindi la parte proteica (proteine isolate dalla soia). Ricordate? ne avevamo parlato di quelle utilizzate per produrre burger e altri prodotti destinati ai vegetariani.
Per quanto riguarda la tossicologia del solvente, l’EPA dal 2001 lo ha identificato come uno dei principali inquinanti ambientali e nei luoghi di lavoro. Si è lavorato in questi ultimi anni per ridurre le emissioni nell’ambiente da parte delle raffinerie di cooking oils. Tuttavia fino ad oggi non era stato oggetto di attenzione il suo apporto con gli alimenti.
Seconda notizia che non fa che confermare l’utilità di indagini future negli oli vegetali estratti con il solvente. La Cina proprio negli ultimi giorni ha vietato l’importazione di olio di soia dall’Argentina perchè conterrebbe livelli di esano piu’ elevati del consentito.
Credo che non debba essere fatto dell’allarmismo su questo argomento come ho letto dai titoli apparsi su diversi blogs che hanno ripreso l’articolo pubblicato da Motherjones.com.
Neurotoxin in Veggie Burgers, Infant Formula? Yes and No.
Neurotoxin in veggie burgers
Hexane and soyburger
Di certo è un tema che merita di essere trattato ulteriormente non solo per il legame con i burger di soia, pensiamo anche agli oli raffinati. Infatti l’esano è un solvente organico che trova applicazione in diverse filiere alimentari per ottenere oli da materie prime vegetali (oltre alla soia, olio di palma, cotone, canola, colza).
Esistono anche altri metodi per separare i vari componenti (grassi e proteine) della soia o di altri semi, l’esano è comunque particolarmente diffuso perchè è piu’ economico. L’esano viene usato quindi anche nelle fasi che precedono la purificazione della lecitina di soia. Leggo che non si fa uso del solvente nelle filiere biologiche (organic.)
Molti degli impianti di raffinazione degli oli vegetali, chiamati crushing plants sono negli USA e in Argentina dove sono particolarmente diffuse le coltivazioni di piante che producono semi oleagineosi. Negli ultimi anni anche in Cina ne sono stati avviati diversi.
A proposito di filiere alimentari e uso dell’esano per raffinare gli oli, guardate cosa ho trovato. E’ una pubblicità della Shell che nel 1948 proponeva l’uso dell’esano per estrarre perfino l’olio d’oliva.
Fonti:
– Neurotoxin in Veggie Burgers, Infant Formula? Yes and No.
– Neurotoxin in veggie burgers
–Veggie-burgers-neurotoxin-hexane
– Occupational Safety and Health Guideline for n-Hexane
– US-oilseed-plants-working-to-meet-new-EPA-rules-on-hexane
64 Food rules
Pubblicato: 2010/01/09 Archiviato in: Io lo leggerei 5 commentiEravamo rimasti a “Eat food. Not too much. Mostly plants.” una delle esortazioni del libro precedente. Ora nel nuovo libro “Food rules” l’autore aggiunge numerose altre “regole” fino ad arrivare a 64. Per scriverlo Pollan ha consultato antropologi, dietologi, nutrizionisti e anche i lettori di Well blog , , da cui ha raccolto circa 2.500 suggerimenti. In rete ho trovato alcune:
-Avoid foods you see advertised on television.
– If it came from a plant, eat it; if it was made in a plant, don’t.
– Eat your colors.
– Eat all the junk food you want as long as you cook it yourself.
– Do all your eating at a table.
– Don’t eat breakfast cereals that change the color of the milk.
Chi ha già letto il nuovo testo, trova che stavolta Pollan sia stato ripetitivo e non abbia aggiunto grosse novità rispetto al precedente. Qualcuno lo ha già letto?
Se sono questi i cereali a cui si riferisce, come si fa a non essere daccordo?
Edit: Ne ho trovate altre:
-It’s not food if it’s served through the window of your car.
-It’s not food if it’s called by the same name in every language.
Mi piacerebbe curiosare nella cucina di Pollan 🙂
Fonte immagine
La frutta a scuola, le novità del nuovo anno scolastico
Pubblicato: 2009/08/20 Archiviato in: Educazione e informazione alimentare, Io lo leggerei, Prodotti ortofrutticoli 4 commentiNe avevo parlato un anno fa. Ora che si avvicina l’inizio del nuovo anno scolastico, è arrivato il momento di riparlarne. Infatti le varie regioni italiane si stanno organizzando per la ripresa delle lezioni e delle attività da svolgere nell’ambito del progetto comunitario:Frutta nelle scuole.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dell’Economia e delle Finanze per l’annualità 2009/2010, hanno messo a disposizione un cofinanziamento nazionale pubblico pari a 11.011.509 euro. Queste risorse si andranno ad aggiungere all’aiuto comunitario deciso dalla Commissione UE il 22 luglio scorso e che per l’Italia ammonta a 15.206.370 euro. Quindi 26 Mln di euro complessivi permetteranno di raggiungere 800.000 alunni delle scuole primarie in tutte le Regioni e nelle Province Autonome.
I bandi di gara per la fornitura dei prodotti ortofrutticoli agli Istituti scolastici verranno emanati dall’AGEA a partire dal prossimo ottobre e le relative le azioni verranno realizzate nelle scuole tra gennaio e maggio 2010, in base a quanto già stabilito nella Strategia Nazionale del programma.
Quali sono i prodotti, frutta e ortaggi che rientrano nel progetto?
Solo prodotti DOP,IGP e biologici?
In che percentuale sarà presenta la frutta fresca rispetto a quella trasformata?
Quanti saranno gli alunni coinvolti nelle varie regioni?
Quali iniziative potranno essere finanziate?
Le risposte a queste e ad altre domande nel documento pdf Frutta a scuola, in cui sono riportati vari dettagli.
Nel documento si legge:
“Nella scelta dei prodotti frutticoli si terrà conto del carattere di stagionalità, che influisce sia sotto il profilo salutistico (è proprio nella loro stagione, al momento della loro naturale maturità, che gli alimenti vegetali garantiscono il più appropriato ed equilibrato contenuto in acqua, in fibra alimentare, in micronutrienti e composti bioattivi), sia sotto il profilo della attrattività (i prodotti frutticoli esprimono al massimo i loro colori, rendendoli particolarmente invitanti, nonché i loro sapori e gusti proprio nel momento della naturale maturazione).
Correlata alla naturale maturazione è la provenienza: le ricerche hanno evidenziato, infatti, che il tenore delle sostanze sopra indicate è inversamente proporzionale al tempo trascorso tra il momento del raccolto ed il momento del consumo( più tempo passa, più tale contenuto diminuisce).
Poter contare su prodotti provenienti dalle stesse aree o da aree prossimali ha anche una ricaduta positiva sull’ambiente, in conseguenza delle riduzioni di CO2, obiettivo strategico delle politiche ambientali di tutti i Governi sensibili allo sviluppo sostenibile del pianeta.
La frutta fresca dovrà essere presente per l’80%, poichè gli interventi nelle scuole sono collocati tra il mese di gennaio e maggio 2010, mi chiedo come sarà possibile coniugare la stagionalità e la distribuzione di frutta fresca. Solo gli agrumi (arance, mandarini, clementine) maturano nel periodo invernale.
I prodotti biologici e convenzionali, alimentazione, salute e la ricerca scientifica
Pubblicato: 2009/08/01 Archiviato in: Filiere, Io lo leggerei 12 commentiPrima domanda: Quanti di coloro che ne hanno scritto sui quotidiani, hanno letto per intero i due report sui prodotti biologici pubblicati sul sito della Food Standard Agency? Il tema non mi è completamente nuovo, infatti alcuni mesi fa parte della letteratura esaminata dal team a cui l’FSA ha commissionato lo studio, mi era già passata tra le mani nella preparazione di materiale didattico per le mie lezioni.
Ebbene sì, mi sono letta in questo caldo pomeriggio, le prime 30 pagine del dossier sugli aspetti nutrizionali “Comparison of composition (nutrients and other substances) of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review of the available literature” e le 50 pagine del secondo report sugli effetti sulla salute: “Comparison of putative health effects of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review”
Un dato che mi ha colpito e una riflessione subito su un aspetto di cui nessuno nei quotidiani ha parlato, è la scarsa qualità delle ricerca scientifica su questo tema, almeno per quanto riguarda i parametri usati dal team coordinato da Alan Dangour della London School of Hygiene and Tropical Medicine (LSHTM).
-Perché dico questo? Nel primo dossier, quello sugli aspetti nutrizionali (137 su prodotti vegetali e 25 su prodotti da allevamenti animali); sono stati presi in considerazione solo 162 lavori su una mole dichiarata di piu’ di cinquantamila articoli. Dei 162 solo 55 –sono stati giudicati soddisfacenti per metodi, strumenti di analisi e altri criteri di validità.
-Per il secondo dossier riguardante gli effetti sulla salute ( studi condotti in vitro o in vivo su soggetti umani o su modelli animali), ne sono stati analizzati solo 11, e di questi solo 3 sono stati considerati soddisfacenti.
-Tornando ai dati dei due dossier. Come ammettono gli stessi ricercatori, non sono stati inclusi i lavori in cui si confrontavano dati sui livelli di contaminanti, pesticidi o fungicidi, o l’impatto sull’ambiente delle pratiche diverse di coltivazione organica o convenzionale. Esclusi anche i lavori in cui si parlava di salute occupazionale, come mai? Eppure sono tutti aspetti importanti, forse era il caso di partire proprio da questi, non siete d’accordo?
Nel frattempo è arrivato alla fase finale il concorso per un nuovo logo per i prodotti ottenuti da agricoltura biologica e di cui avevo scritto tempo fa, sono giunte alla commissione 3400 proposte, come racconta la commissaria europea Marianne Fischer Boel.
Da leggere:
–Comparison of composition (nutrients and other substances) of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review of the available literature (pdf)
–Comparison of putative health effects of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review (pdf)
Agricoltura biologica. Il sito UE
Altri blogs che ne hanno scritto:
Sai cosa mangi? La scienza dei marshmallow e della sparkler spice.
Pubblicato: 2009/07/26 Archiviato in: Food design, Io lo leggerei, Senza categoria 15 commentiHo iniziato a leggere il libro Sai cosa mangi? la scienza del cibo traduzione del libro Food Bites.The Science of the Foods We Eat . Gli autori sono il Prof. Richard W. Hartel, Food engineering e la studentessa AnnaKate Hartel.
Cosa mangia l’America nell’era moderna? Probabilmente molte delle cose che mangeremo anche noi nel prossimo futuro.Inizia così la prefazione del Prof.Donegani,tecnologo alimentare. Hamburger e Coca Cola sono solo due simboli di un modello di consumo che, con diverse sfaccettature, ha definitivamente contaminato la nostra cultura del cibo. Non solo le giovani generazioni sentono irresistibile il richiamo del cibo made in USA. Del resto il Parmigiano Reggiano e lo Speck dell’Alto Adige negli hamburger di McDonald’s sono già una realtà ed è un dato di fatto che i banchi del supermercato si arricchiscano ogni giorno di nuove proposte alimentari sempre più tecnologiche. Snacks ed estrusi che hanno l’aspetto e il sapore del bacon o del formaggio, sapore impartito da aromi, sono dei must dell’happy hour. Sono già un successo gli energy drink dal gusto dubbio.
I piu’ piccoli -aggiungo io- adorano le “ice cream beads” che in edizione limitata sono già in vendita da noi.
Cosa dobbiamo attenderci? -continua Donegoni- sempre di più a fare i conti con prodotti come i Marshmallow,le famose caramelle spugnose a forma di cilindretto, magari in versioni addomesticate per sposarsi meglio con il gusto mediterraneo? .
Perchè alcune caramelle come le Jell-O hanno una consistenza gommosa? merito della gelatina e degli addensanti e dei loro passaggi di stato.
E’ meglio il burro o la margarina? occasione per parlare dei grassi trans e dei grassi idrogenati.
Perchè la crosta dei pretzel è marrone?
Sapevate che c’è chi soffre di arachibutirofobia? Ecco alcuni temi trattati nel libro che mi ha avvicinato a prodotti inconsueti.
Conoscevate i marbit? Il nome è una abbreviazione di “marshmallow bits” componenti colorati aggiunti ai cereali per la colazione.
E i Pixy Stix?
Che sapore hanno i Circus Peanuts?
Questi sono solo alcuni esempi di come oltre il piacere, oltre il nutrimento, il cibo possa diventare per alcuni un gioco, ricerca tecnologica, sfida scientifica, desiderio di stupire e di distinguersi premiando economicamente i suoi creatori.
Il prodotto che mi ha sorpreso di piu? La sparkler spice polverina da spargere sulle verdure in cui la base della gomma da masticare effervescente viene unita a dei sapori da condimento. Disponibile in gisti diversi, barbecue, formaggio o burro, sono un condimento per insalata che frizza in bocca e solletica il palato.
In conclusione, nelle 236 pagine, 60 paragrafi, appendice e glossario finali che compongono il libro si affrontano alcuni aspetti legati alla produzione di alimenti-simbolo negli USA, casi di successo di marketing, ci si interroga sulle tecnologie alla base di alcuni prodotti, sugli ingredienti e sulle loro funzioni. Il linguaggio è semplice, comprensibile, in alcuni paragrafi mi sarei aspettata qualche approffondimento in piu’ e meno entusiasmo nel commentare il ritorno dei Fizzies, pastiglie effervescenti che sciolte nell’acqua le impartiscono colori e aromi diversi, ce n’è per tutti i gusti.
Questione di bolle. La scienza del cioccolato aerato
Pubblicato: 2009/06/21 Archiviato in: Food design, Io lo leggerei 7 commentiIl mio archivio di etichette si arricchisce di un nuovo esemplare. L’etichetta di una barretta di cioccolato aerato, Luflée della Milka (Kraft). Di cosa si tratta? Di un cioccolato che si presenta con delle bolle incorporate.
Come si ottiene la cioccolata aerata? Mediante un processo fisico che prevede l’uso (anche) di alcuni gas e all’università di Readind (UK) hanno anche voluto confrontare l’effetto di diversi gas sulla struttura del cioccolato, sulle dimensioni delle bolle e sulle proprietà sensoriali. A confronto ossido d’azoto, azoto, anidride carbonica e argon. L’ossido d’azoto è quello che ha dato i risultato piu’ graditi ai membri del panel test voluto dalla Nestlè per studiare le performance dei suoi snacks (1). Il processo è piuttosto articolato, qui ne potete leggere un esempio.
-Le tecnologie con cui si ottiene l’aerazione sono vantaggiose per l’industria poiché essa permette di tagliare i costi e i tempi di lavorazione. Infatti si risparmia sulla quantità di cioccolato, ma il gusto non ne è compromesso. Meno materie prime, meno grassi. Una barretta come quella della foto (60g) costa 0.97 euro. Perché ha un costo maggiore a parità di peso se confrontata con altre tavolette non aerate?
-Tra le aziende che hanno già immesso in vendita il cioccolato aerato, ho trovato la Nestlè con Aero. Negli USA è nato perfino un marchio Bubblechocolate.
-L’aerazione è una tecnica decisamente accattivante. E’ indispensabile? No, assolutamente. Ma viene eseguita poichè porta alla produzione di nuove “texture” e forme che si differenziano dal resto dei prodotti. Danno anche sensazioni nuove al palato dei consumatori.
-Non c’è in pratica prodotto che non possa essere sottoposto a questo trattamento, soufflé, crema spray, il cappuccino, la birra,il gelato,il popcorn.
-Ho scoperto dei libri dedicati alle “Bubble in Food” e convegni internazionali dedicati al tema, per i piu’ curiosi, per esempio propongo la lettura di : Bubbles in food 2. Novelty, health and luxury.
lo prendo?
Per saperne di piu’:
– Determination of bubbles in foods by X-ray microtomography and image analysis
– Laughing gas makes better chocolate
Tag: Cioccolato aerato Milka Nestlè Aero Bubble in Food aeration
Starbucks. Il buono e il cattivo del caffè
Pubblicato: 2009/06/08 Archiviato in: Food blogs, Io lo leggerei 12 commentiUn libro su Starbucks? Esatto. L’autore è Taylor Clark, un giornalista d’inchiesta che per anni ha lavorato al Willamette Week, settimanale di Portland, città che insieme a Seattle è stata fra le prime investite dall’espansione di Starbucks. Clark ripercorre quindi la storia del brand, l’idea percorsa dal fondatore Howard Schultz, indaga in dettaglio la cultura aziendale, le cause della sua espansione e le ragioni per cui è amata e avversata in egual misura. Nel libro si trovano interviste ai protagonisti di Starbucks e ai suoi concorrenti, fra cui Illycaffè. Quali sono le ragioni del successo dei suoi prodotti, il latte e i frappuccinos?
Altri dettagli li trovate nel blog dedicato alla pubblicazione.
Il colmo per la metilcellulosa
Pubblicato: 2009/04/26 Archiviato in: Additivi, Fibre alimentari, Io lo leggerei 3 commentiDopo le strampalate interviste di Striscia la notizia, la metilcellulosa è arrivata all’attenzione dei telespettatori. Chissà quante volte hanno acquistato senza pensarci troppo, gelati, dessert e altri prodotti che contengono questo addensante o altri derivati della cellulosa come la carbossimetilcellulosa (CMC) come questo esempio:
C’è chi guarda la metilcellulosa con sospetto perchè si usa nella cucina molecolare. Dove trovate la metilcellulosa? E’ un additivo con funzione addensante e ho trovato un elenco del Codex Alimentarius che ci informa su tutti i tipi di prodotti in cui può essere impiegata in percentuali diversi (circa 0.5%). Inoltre la metilcellulosa è il principio attivo di un lassativo (Citrucell) e di un prodotto dimagrante (Celevac).
Stamattina mentre stavo ragionando sulle sue caratteristiche strutturali mi sono detta che sarebbe potuta rientrare senza troppi problemi nella famiglia delle “dietary fiber”. Che cosa penso di questa nuova definizione delle fibre l’ho già detto, per me è fuorviante. Una alimentazione ricca di fibre significa privilegiare piatti con legumi, ortaggi, frutta e non prodotti a cui sono aggiunti intenzionalmente carboidrati non digeribili anche di sintesi. Vogliamo usare gli idrocolloidi come addensanti? OK, riabilitarli a ruolo di fibre, mi sembra troppo.
Un giro veloce e ho conferma delle mie intuizioni. Nel documento “Statement of the Scientific Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies on a request from the Commission related to dietary fibre” trovo un elenco esaustivo delle molecole che sulla base della nuova definizione, rientrano tra le fibre. Lo lascio in inglese, poi appena ho un pò di tempo, lo traduco.
Definitions of dietary fibre in dietary recommendations of fibre intake
Carbohydrates, compounds analogous to carbohydrates, and lignin and related substances that are not digested or absorbed in the human small intestine. These include:
• Polysaccharides other than starch, and non-digestible oligosaccharides: e.g. cellulose, hemicelluloses such as arabinoxylans, arabinogalactans and xyloglucans, pectin, fructans and some oligosaccharides (inulin, fructooligosaccharides, oligofructose), galacto-oligosaccharides and xylooligosaccharides, gums and mucilages (for some population groups: lactose)
• Compounds analogous to carbohydrates: indigestible dextrins (mainly from potatoes and maize), synthetic carbohydrates and their derivatives, polydextrose, methylcellulose, hydroxypropyl methylcellulose, etc. indigestible starch.
—————————————
Conclusione? un prodotto contenente la Metilcellulosa come addensante, potrebbe sulla base della nuova definizione, essere etichettato con la dicitura “Con fibre” proprio perchè c’è il derivato della cellulosa come ingrediente. Non ho trovato conferme ma ho letto che negli USA uno yogurth della Dannon la contiene per aumentare appunto il livello di fibre.
Da leggere:
–Definitions of dietary fibre in dietary recommendations of fibre intake
– La cellulosa e i suoi derivati.
Tag: Metilcellosa Fibre Dietary fiber Striscia la notizia Addensanti
Questa settimana su Trashfood
Pubblicato: 2009/04/19 Archiviato in: Additivi, Aromi, Io lo leggerei, Senza categoria Lascia un commento– Pot noodles doner kebab. Pot Noodles della Unilever, “the slag of all snacks’ che non è un complimento. Quale misteriosa combinazione di molecole impartisce il nuovo gusto: Doner Kebab.
– Scanwiches Prendete un panino farcito, tagliatelo a metà, lo passate allo scanner. Bravi, adesso lo potete spedire a Scanwiches, un fotoblog che raccoglie decine di immagini di panini e indirizzi in cui sono stati acquistati.
– Conserviamo i conservanti?
I conservanti sintetici BHA (Butil-idrossi-anisolo) e BHT (butil-idrossi-toluene), dal bancone del laboratorio al piatto.
Pet-food-politics: The Chihuahua in the Coal Mine“, il nuovo libro di Marion Nestle ripercorrere i piu’ recenti scandali e recall che hanno interessato il settore dei mangimi per animali domestici.
Pet Food Politics: The Chihuahua in the Coal Mine
Pubblicato: 2009/04/14 Archiviato in: Io lo leggerei 4 commenti“Pet Food Politics: The Chihuahua in the Coal Mine“ è il nuovo libro di Marion Nestle.
Dopo “Food politics:how the food industry influences Nutrition and health e What to eat, l’autrice esplora le filiere produttive dei mangimi destinati agli animali domestici, è l’occasione per ripercorrere i piu’ recenti scandali e recall che hanno interessato il settore e per trattare gli scambi commerciali degli ingredienti contaminati che sono stati impiegati nella produzione dei mangimi. Non abbiamo dimenticato la vicenda della melamina vero?
A proposito di animali domestici, avete visto Bo, il nuovo cane della famiglia Obama? E “The Obama Dog Blog” che gli è stato dedicato?
Tag: Marion Nestle pet food Food politics
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