Cartoline da TriesteNEXT -3. Dagli sprechi alimentari all’entomofagia

Non perdetevi il terzo report di Paolo Cocco da TriesteNEXT

29 settembre 2012

Cara Gianna,

Spero di cuore che i baristi triestini siano pagati molto, molto bene, perché rischiano la follia.
In questa città esistono decine di tipi diversi di caffè.

caffè a Trieste

Superato un lungo momento di smarrimento, ho ceduto alla tentazione di provare qualcosa di tipicamente triestino, così invece che un “nero” (il nome locale per l’espresso in tazzina senza aggiunte), ho ordinato un “gocciato”: un espresso con una spruzzatina quasi simbolica di schiuma di latte. Talmente piccola che l’ho potuto bere nonostante la mia (parziale) intolleranza al lattosio.

Il primo incontro per così dire non calorico della giornata s’intitolava “Benvenuti nell’era della scarsità e dello spreco alimentare” e vedeva protagonisti Andrea Segrè e Massimo Cirri.

Dibattito Segrè e Cirri

Andrea Segrè è un professore di politica agraria a Bologna, ma anche tante altre belle cose. Il tema principale di questo incontro era il suo progetto Last Minute Market, una campagna di sensibilizzazione che si accompagna a un’iniziativa molto concreta per ridurre gli sprechi dal supermercato al frigorifero di casa. Da una parte, i supermercati coinvolti s’impegnano a ridurre al minimo la quantità di prodotto che va al macero, attraverso offerte speciali specifiche per prodotti in via di scadenza e attraverso la donazione dei beni invenduti ma non ancora scaduti a organizzazioni caritative; dall’altra, i cittadini imparano attraverso il portale internet e le campagne informative ad acquistare meno, usare fino in fondo, sprecare il minimo possibile. Ho imparato con sconcerto che solo il 12-16% del budget domestico degli italiani è destinato al cibo, ed è persino in calo, nonostante la crisi economica possa portare ad aspettarsi una riduzione dei beni di lusso e non della spesa in alimenti. Per di più, dal momento che i carrelli restano pieni e lo spreco non accenna a ridursi, questo si accompagna (necessariamente?) a un crollo della qualità dei prodotti acquistati.

Si possono seguire gli aggiornamenti di Last Minute Market sul sito ufficiale e sul loro blog; io lo farò senz’altro.

E visto che si parla di spreco… La tappa successiva è stata una piccola mostra dal titolo Insostenibili! Sedici cose di cui il mondo potrebbe fare a meno. Attraverso immagini, dati, e campioni o riproduzioni, gli organizzatori ci hanno invitato a riflettere sull’impatto ambientale di alcuni beni di lusso (diamanti, campi da golf, persino cocaina!), abitudini (gomma da masticare, computer perennemente collegati a internet), alimenti (come la carne bovina), tutte risorse che potremmo amministrare più attentamente o eliminare del tutto.

diamante, esempio degli insostenibili

L’ultimo appuntamento di questo sabato che vorrei raccontarti è il curioso laboratorio. A tavola con gli insetti, organizzato in collaborazione col ristorante EXPO Mittelschool di Trieste. Un incontro davvero interessante… a parte forse per la signora che è fuggita disgustata a metà incontro. Ahem.

L’entomologo padovano Maurizio Guido Paoletti ha aperto il laboratorio affrontando il tema dell’alimentazione con insetti, o entomofagia, da un punto di vista scientifico. Abbiamo scoperto che oltre 1400 specie di invertebrati sono commestibili e usate come cibo in qualche parte del mondo – incluso le larve di mosca che noi sardi mangiamo nel delizioso ‘formaggio coi vermi’ o casu marzu. Ho scoperto così che in alcune culture nativo-americane gli invertebrati arrivano a rappresentare il 70% della dieta. In particolare, le donne della comunità Ye’Kuana mangiano nelle settimane dopo il parto solo lombrichi; gli studi hanno rivelato che sono ricchi in acido arachidonico e altre sostanze fondamentali per la madre e il neonato.

Meeting on edible insects

Gli esperti presenti in sala hanno evidenziato il grande potenziale dell’entomofagia per un’alimentazione più sostenibile: molti invertebrati sono più proteici, più ecologici, più efficienti nella conversione di mangime in massa corporea.

A seguire, una “strana coppia” costituita da una fisica teorica e un ingegnere elettronico ha presentato il proprio brevetto per GoingBugs, la prima pasta (proprio nel senso di tagliatelle!) a base di farina di insetti. Purtroppo non ci sono stati concessi assaggi, ma il progetto è appena all’inizio e i ricercatori ci hanno invitato a seguirli su Facebook e assicurato che è veramente gustosa. (Ed è qui che la povera signora dallo stomaco delicato è corsa via dalla sala…)

tagliatelle con farina d'insetti
Infine, il momento tanto atteso: degustazione di larve di tarme della farina e grilli.

larve di tarme

Li ho provati entrambi; non li ho trovati particolarmente “strani” nel sapore, simili (nelle ricette proposte) a salatini ripieni con un misto di spezie e un retrogusto di noce moscata. Proverei volentieri le tagliatelle, ma ancora una volta, difficilmente dico no a un cibo che non ho mai assaggiato prima.

Sono arrivato alla fine della serata; a domani con gli aggiornamenti sull’ultima, intensa, molecolare giornata di TriesteNEXT!

Paolo

Paolo Cocco è un trentaqualcosenne sardo, naturalista ed etologo per formazione. Ha vissuto e lavorato a Sassari, Torino e New York, ma preferisce definirsi “apolide d’adozione”. Si occupa di divulgazione ed educazione scientifica e sogna di lavorare per riviste e musei di storia naturale.

Fonte immagini


Il grasso di cocco raffinato e idrogenato

Oggi parliamo di grasso di cocco raffinato, uno degli ingredienti del prodotto dell’ultimo Et.chettibus.

Il grasso di cocco raffinato è un ingrediente alimentare utilizzato in preparati in polvere nel settore gelateria, pasticceria e dolciario in genere. Il preparato per l’industria dolciaria è’ composto da Olio di cocco (80%), Sciroppo di glucosio, Caseinato di sodio, Stabilizzante E 451, Antiagglomerante E 341.

Il Grasso di cocco raffinato, disponibile anche in polvere, deriva dall’olio di cocco.

Come si arriva a questo prodotto incolore e inodore chiamato RBD coconut oil? Gli addetti ai lavori lo chiamano RBD coconut oil a ricordare i termini Refined, bleached, deodorized (RBD) e le tappe che portano alla produzione dell’olio di cocco raffinato.

Si parte dai frutti. Le noci di cocco vengono raccolte manualmente, la buccia esterna viene rimossa, e la polpa viene essiccata al sole o in impianti appositi. Si ottiene così la copra che confezionata in sacchi di tela è portata negli impienti dove avviene la fase di “cash crop.”

copra

Copra è appunto il nome che nelle zone del Sud Pacifico viene riservato alle parti essiccate derivate dal rivestimento interna del frutto della palma da cocco (Cocos nucifera). E ‘il principale prodotto commerciale derivato dalla palma da cocco, ed è utilizzato principalmente come fonte di olio di cocco. Negli ultimi anni sono state avviate anche filiere per ricavare biodisel.

La copra viene polverizzata e sottoposta successivamente a pressione per estrarre l’olio. Il residuo (copra meal) viene spesso utilizzato come mangime per alimentare il bestiame. L’olio di cocco grezzo viene successivamente raffinato utilizzando processi comuni alle filiere produttive di altri oli vegetali. Un utile schema per chi non conoscesse i dettagli.

Il prodotto viene quindi raffinato con solventi organici, decolorato e deodorato. Si conoscono vari tipi di olio di cocco, organic,vergine, raffinato,idrogenato in relazione alle materie prima di partenza e al processo produttivo.

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L’olio di cocco è stato introdotto come una fonte di grassi commestibili nel nord Europa nel 1860 a causa di una carenza di grassi lattiero-caseari. All’inizio del 20° secolo divenne noto negli Stati Uniti. L’Europa occidentale importa circa mezzo milione di tonnellate l’anno, principalmente dalle Filippine, Papua, Nuova Guinea, Mozambico, Malesia e le isole del Pacifico. L’economia di molte piccole isole è fortemente dipendente dalla produzione di copra.

L’olio di cocco è un grasso costituito per circa il 90% di grassi saturi. L’olio contiene prevalentemente trigliceridi a catena media, il 6% è rappresentato da acidi grassi monoinsaturi, e il 2% da acidi grassi polinsaturi. Degli acidi grassi saturi, principalmente abbiamo acido laurico (44,6%), acido miristico (16,8%), acido palmitico (8,2% ) e l’8% di acido caprilico. Quando è sottoposto a idrogenazione possiamo avere un ulteriore aumento di grassi saturi.

Ma perchè sottoporre a idrogenazione un olio già così ricco di saturi? Infatti per l’elevato contenuto in grassi saturi, l’olio di cocco è particolarmente stabile al trattamento termico, è resistente anche all’ irrancidimento. Il punto di fumo dell’olio di cocco grezzo è di circa 177°C, l’olio di cocco raffinato ha un punto di fumo maggiore di 232°C.

L’Olio di cocco costituisce circa il 20 per cento di tutti gli olii vegetali utilizzati in tutto il mondo. Si tratta di un ingrediente comune nelle margarine, in condimenti. L’Olio di cocco viene anche utilizzato nella fabbricazione di saponi, detergenti e shampoo per gli elevati livelli di acido laurico.

Il punto di fusione dell’olio di cocco è di 24°C quindi a temperature superiori si presenta liquido, sotto questa temperatura si presenta solido. Ecco delle bottigle sottopoate a temperature decresecenti. A sinistra l’olio completamente liquido e a destra la bottigli in cui il grasso si è solidificato.

E nell’immagine una confezione di grasso di cocco solido. Lo avete mai impiegato? Esperienze da raccontare?

grasso di cocco solido

Fonti e immagini

coconutoil-online.com

foodrenegade.com

rabauldailyphoto-jules.blogspot.it

madehow.com


La foto del giorno

Cosa c’è dentro e cosa sta succedendo nel contenitore?

up date: si tratta di una fase della lavorazione delle olive da tavola. Olive verdi, anche difettate, vengono sottoposte ad un trattamento ossidante che provoca l’imbrunimento, la presenza del gluconato ferroso nel liquido contribuisce a stabilizzare il colore nero. Ecco perchè il gluconato ferroso lo troviamo indicato nelle confezioni di olive nere inscatolate.


Quali additivi sono ammessi nella produzione degli alimenti biologici?

Martedì 24 aprile sarò a Sirolo nella sede del Parco del Conero. Ho accettato infatti di supportare da un punto di vista scientifico le attività didattiche e divulgative nell’ambito del Corso di Formazione: “Le produzioni del Conero – la qualità che tutela l’ambiente”. Il tema che mi è stato affidato nel modulo formativo sulle produzioni Biologiche è: Alimentazione biologica: quali vantaggi per la salute? Indispensabile documentarsi sulla legislazione attinente. Quali additivi tecnologici e conservanti sono ammessi nei mangimi e prodotti impiegati nell’alimentazione degli animali? Quali antiossidanti? Quali sostanze sono impiegate nella produzione di alimenti biologici trasformati? I solfiti sono ammessi come conservanti? e i nitriti? E gli addensanti carragenina e gomma di guar?

Sapete tutte le risposte? Vi va di informarvi? ecco il REGOLAMENTO (CE) N. 889/2008 DELLA COMMISSIONE del 5 settembre 2008 recante le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l’etichettatura e i controlli.


MInced Pork Tom Yum flavour

Guardate cosa ha trovato mio figlio nel negozio di prodotti asiatici , instant noodles MInced Pork Tom Yum flavour.

Pasta: farina di grano 68.52%,olio di palma 9.87%

Bustina di aromi: aroma di carne artificiale 4.66%, zucchero 4%, sale 2.07%, erba cipollina secca 1.3%, aglio in polvere 1.06%,chili in polvere 1%,acido citrico 0.92%, glutammato monosodico 0.8%, aroma di lime 0.8%

Busta olio: olio di palma 4%,aglio 1%

Come sarà prodotto l’aroma di carne artificiale? sfruttando la reazione di Maillard, come già trattato in altre occasioni a proposito di “imitation meat flavours“. I precursori dell’aroma di carne possono essere suddivisi in due categorie: ci sono componenti solubili in acqua (amminoacidi, peptidi, carboidrati, nucleotidi, tiamina ecc) e componenti lipidici insolubili in acqua. La celebre Reazione di Maillard, in cui reagiscono aminoacidi e zuccheri è responsabile della formazione di numerosi composti tra cui come già ricordato, quelli che contribuiscono all’aroma della carne.
In particolare, la reazione tra l’aminoacido cisteina e lo zucchero porta alla sintesi di molecole che impartiscono il sapore che caratterizza la carne di pollo e di maiale.

Altri posts sul tema degli “imitation flavours” e sulla reazione di Maillard:

Da Maillard ai chicken flavours

Come si dice junk food in cinese

Pot noodles doner kebab

Dalla reazione di Maillard agli Advanced Glycation End-products (AGes)


Professione gastro-photoreporter. Zucchero di canna. A qualcuno piace grezzo

Granulare o in zollette? cristallino, raffinato, grezzo, integrale, panela e mascavo. Demerara, golden caster e raw cane, sono diversi i termini per descrivere lo zucchero di canna che in molti preferiscono allo zucchero di barbabietola attribuendogli proprietà nutrizionali particolari.Ma alzi la mano chi sapeva che certi produttori usano il colorante caramello per accentuare il colore bruno-dorato dello zucchero di canna grezzo o integrale?. Ecco l’etichetta.

Grazie a Michele per la foto.

In quali altri prodotti di cui ho scritto in precedenza, ho incontrato il caramello?


Il costo delle arance

Si chiama proprio così:Arance piccole, il nuovo sito web nato dall’esperienza dell’agronomo siciliano Corrado Vigo. Tutto quello che c’è da sapere sulle arance siciliane e sulle filiere produttive, perchè quest’anno sono di pezzatura medio-piccola? Quanto costa produrle? Quanto costa raccoglierle? e quanto incassa il produttore? Buona lettura e rinnovo i complimenti a Corrado Vigo per la sua passione e impegno.


Agitare prima dell’uso.

Agitare prima dell’uso.

Erogare.

Attendere qualche secondo.

A voi la mousse di uova in versione spray: Uovo intero liquido di gallina allevata a terra, pastorizzato, sotto pressione di gas alimentare CO2. Conservante E202.

Grazie a Dan per l’assist!.


Carbon label, dietrofront della Tesco

Nel 2007  avevo scritto della Tesco, la prima catena GDO ad annunciare  l’impegno di aggiungere la carbon label, l’etichetta sulle emissioni di CO2 legate alla produzione e al trasporto di  tutti i suoi prodotti, circa 70.000. Dopo quattro anni i costi eccessivi hanno portato alla decisione di abbandonare la carbon label.  Attualmente, l’etichetta è applicata su circa cinquecento prodotti.  Evidentemente la Tesco non ha ottenuto con l’operazione del comunicare la carbon footprint,  un miglioramento della propria  la brand reputation rispetto alle aziende concorrenti. Un duro colpo per il Carbon Trust, l’organismo precedentemente finanziata dal governo che aveva creato l’etichetta e che affiancava la Tesco nel progetto.

Fonte immagine


E’ nato Extrascape!

Gli amici molisani ne hanno pensata un’altra, è nato Extrascape, come coniugare l’attenzione ad un prodotto di qualità come l’olio extravergine e il paesaggio in cui l’olivo viene coltivato.

Come non condividere gli obiettivi? organizzare una associazione internazionale per difendere e valorizzare i paesaggi olivicoli. Supportano il progetto oltre a Molisextra anche la regione Molise, Agrycult, Università ed altre istituzioni pubbliche.

E c’è dell’altro, ecco il lancio del concorso Extrascape promosso per far conoscere il progetto. Cosa si vince? a voi scoprirlo seguendo il link!

Passaparola!!